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Nuovo Teatro San Paolo di Roma è fisicamente chiuso come tutti gli altri teatri ma creativamente attivo e vigile, per dare visibilità agli autori teatrali e alla drammaturgia italiana contemporanea. Un obiettivo alto e necessario, considerando i tempi, c’è molto da dire. Il gruppo di lavoro del Teatro e dell’Accademia, ha ideato un bando che ha avuto molto seguito sui social con dirette Streaming su You Tube: la domenica sera (dal 3 maggio al 7 giugno) era possibile assistere alle rappresentazioni dei corti selezionati, le registrazioni erano a cura del gruppo di attori e registi del teatro. Un modo di sopravvivenza civile al virus e alla quarantena, un bando che è in fase conclusiva e che ha creato relazioni fra autori, attori e registi, un flusso di pensieri che ha prodotto realtà teatrali. Questo progetto si

regge su un gruppo affiatato di persone, registi, attori, coreografi e musicisti che lavorano insieme da diverso tempo e che sanno rendere semplice ciò che può apparire complesso. Cosa occorre per realizzare ciò? Un po’ di follia e tanto desiderio di mantenere in vita i sogni
Il bando nasce da una lunga tradizione di iniziative e attività laboratoriali. Belli Chiusi era rivolto ad autori di qualsiasi nazionalità che hanno presentato un testo teatrale (monologo o dialogo massimo 4 personaggi) scritto o adattato nel periodo della quarantena forzata. Il tema era libero come pure le tecniche e i linguaggi espressivi utilizzati. Lo strumento utilizzato la videochat. Molto originali le sigle realizzate dalla compagnia e dai musicisti del teatro, come pure le interviste agli autori, alcuni di questi hanno saputo raccontare con ironia il punto di vista di chi scrive per il teatro.
I testi selezionati sono stati assegnati ad attori e registi e proposti al pubblico attraverso la rete, ciò al fine di produrre delle vere e proprie serate di teatro da casa. Molto originali anche le pillole di criticità: “Fermata critica”, l'appuntamento di apertura delle semifinali, Andrea Monti e Ferruccio Ferrante (direttori artistici del teatro e dell’Accademia) proponevano, di volta in volta, piccole riflessioni e consigli di sopravvivenza urbana che si potrebbero tradurre in un’unica fondamentale domanda. Che cosa vorremmo? Mantenere in piedi i nostri sogni e alimentare, insieme, il Teatro come respiro collettivo.