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A volte viene da pensare, senza scomodare Gustav Jung, che le coincidenze, in fondo, non esistono. Così mentre, per altre finalità, rileggevo Antonin Artaud mi è stata offerta l'occasione di partecipare ad un festival di Teatro di Figura, a questo Festival di Teatro di Figura che da 29 anni si svolge a Gorizia e dintorni. Mi si dirà: cosa c'entra Antonin Artaud? Centra perché questo grande del teatro moderno rappresenta il punto forse più avanzato della rivolta novecentesca contro un certo teatro della parola e del dialogo, il moderno teatro borghese cioè, un teatro intellettualmente talmente antropizzato, con parola contemporanea, da essere diventato sottile come un passatempo, ed è ancora Artaud a dirlo, “digestivo”. Dietro e prima di tutto ciò, ma ora aggiungerei insieme, ci sono il gesto, il segno, la maschera che creano e disegnano significati come geroglifici sulla scena. Questa in fondo è l'essenza del “teatro di figura”, che naviga tra danza e ombre, tra burattini e pupi, tra

cartapesta e umanità, e che solo un equivoco, tanto diffuso quanto inefficace, ancora vuole limitare al mondo dell'infanzia.
Il teatro di figura è teatro, essenziale e immaginifico ma in questo talora anche più efficace, e continua a portare con sé e su di sé tradizioni antiche e lontane di cui, dall'oriente e dall'occidente, il teatro si nutre e forse con più vivacità sopravvive.
Un teatro che attraversando mente e spirito bypassa linguaggi e dunque divisioni umane e rigidità filologiche e antropologiche. Non a caso ha trovato così duratura e condivisa ospitalità in questa città da sempre, e oggi anche visivamente, di confine e sul confine, attraversata da guerre e eserciti e ora aperta e ospitale.
In questa città così particolare è nato e cresciuto il CTA – Centro Teatro Animazione e Figure di cui la brava drammaturga Antonella Caruzzi è Presidente. Ogni anno, dal 1991, il C.T,.A. organizza questo interessante festival, diretto con mano ferma e sensibile da Roberto Piaggio, un festival, non solo nelle intenzioni ma anche nei fatti, transfrontaliero avvalendosi della collaborazione e del sostegno di Istituzioni della comunità slovena, di qua e di là dal confine, appunto.
Insieme, Piaggio e la Caruzzi, con il tempo hanno saputo creare un forte legame di comunità, una vera e propria polis teatrale che si alimenta anno per anno della loro creatività e della capacità di raccogliere i segnali che in essa stessa nascono.
Un legame, tra l'altro, rafforzato da una intensa attività per così dire pedagogica, che ha visto, in particolare, l'attività di formazione al teatro di figura, curato da Antonella Caruzzi, di molte insegnanti, maestre narranti, che hanno poi potuto così contribuire alla diffusione, andando di posto in posto sul territorio, di questa arte antica.
Insieme CTA, sotto lo stimolo di Roberto Piaggio, ha sviluppato una intensa attività di ricerca teatrale, promuovendo il recupero ed il rinnovamento dei linguaggi scenici.
Il centro della 'visione' di questa edizione è stata la “Maratona di teatro di oggetti da tavolo”, che a Grado il 25 e 26 agosto, e tra Gorizia e Nova Gorica il 28, 29 e 30 agosto, ha occupato luoghi, i più diversi, della città, creando man mano, nel suo andare itinerante, micro-comunità di adulti e di bambini.
Una scelta figlia anche delle restrizioni e delle difficoltà conseguenti alla pandemia, che ha indotto a privilegiare questo tipo di percorso e di contatto ma che ha consentito di giungere ad un approdo fortemente voluto, nonostante le molte difficoltà.
Si e trattato dunque di un ricco florilegio di spettacoli brevi, tra i 10 e i 20 minuti in media, che appunto portano sul proscenio dei loro piccoli palcoscenici oggetti e maschere, ma soprattutto il gesto e il segno tracciato nell'aria e nella nostra mente che inevitabilmente li accompagna, trasfigurandoli e umanizzandoli, per antica alchimia, davanti ai nostri occhi.
Tra questi, fiabe tradizionali, visioni contemporanee ma anche rivisitazioni del mito e del mondo classico come “Piramo e Tisbe” di Marta Riservato, tutte riportate con gradevole immaginazione alla realtà degli oggetti che si animano nelle mani dei giovani artisti.Attori di buona formazione, peraltro, così che lo sviluppo narrativo era sostenuto da un doppio piano significativo, quello della mimica e della recitazione e quello segnico dell'oggetto trasfigurato.
Tutti meriterebbero una citazione, impossibile per ovvi motivi di spazio, ma, senza voler far torto a nessuno, mi piace ricordare “L'usignolo e l'imperatore” con Elena di Tullio, e “Piccolo piccolo” con Luca Ronga (nella foto), bravo anche nell'antica tecnica napoletana detta delle “guarratelle”, attraverso la quale da vita al suo Pulcinella.
È paradossale, comunque, la serietà dei bambini, soprattutto se confrontata alla  'meraviglia' degli adulti, di fronte a queste drammaturgie, i bambini capaci di dare concretezza di realtà, per loro e anche per noi, alle immaginazioni che transitano dentro i loro occhi, in un dialogo continuo, scevro di inibizioni e talvolta illuminante del discrimine tra vero e falso, tra sincerità e menzogna.
Così, di fronte alla patata/principe la cui testa era passata al patibolo, ci veniva ricordato, proprio da una bambina di quattro anni, che non è cosa bella tagliare teste.
Ma il Festival, che mi ha ospitato nei giorni dal 28 al 30 a Gorizia, non è stato solo questo, anche se credo sia più che abbastanza, e così la sera hanno trovato altrettanta ospitalità tre spettacoli più strutturati, di cui posso dare più compiutamente conto.

PLAY WITH ME.
Nella bella piazza Transalpina di Nova Gorica, uno spettacolo di danza, a ricordarci che anche questo è teatro di figura. Transito tra le diverse forme del giocare, dal concreto costruire infantile al decadere nella virtualità delle macchine, talora vere e proprie prigioni, la coreografia, abbastanza  semplice nel suo sviluppo, è comunque un segnale che ci viene lanciato e forse dovremmo deciderci a raccogliere. Di Marta Bevilacqua, con i bravi Alessandro Maione e Valentina Saggin. Il pupazzo Bobby è a cura di Belinda De Vito. Una produzione del gruppo Arearea di Udine.

IL BACIO DI UNA MORTA
Decisamente più complesso ed interessante il raffinato discorso scenico di questa drammaturgia, ideata oltre vent'anni fa  da Antonella Caruzzi, e qui efficacemente rivisitata nella bella regia di Alfonso Cipolla, animatore di quell'altro importante centro di studio e difesa del teatro di figura che è l'Istituto per i Beni Marionettistici e il Teatro Popolare di Grugliasco. È la trasposizione scenica, per attore e figure di uno dei più noti melò di fine ottocento della popolarissima e prolifica Carolina Invernizio, ingiustamente confinata, forse anche perché donna ha sottolineato il regista, alla letteratura d'occasione ovvero d'appendice. Storia truce e lacrimevole che vede contrapporsi le due visioni del femminile che tormentavano quell'epoca, ma forse non solo. Da una parte la donna madre e moglie, che sembra soccombere man mano al proprio ruolo ma solo fino al riscatto finale, dall'altra la “femme fatale”, portatrice di sessualità libera ma anti-sociale. La prima versione vedeva in scena le sagome dei personaggi disegnati dal bravo Tullio Altan. Questa seconda versione si avvale sempre delle figure disegnate  da Altan, che sedeva tra gli spettatori, e che, proiettate a grandezza ultra-naturale su un grande schermo alle spalle dell'attrice recitante, meglio organizzano quell'effetto di grottesco straniamento e di ironia che consente, come nelle intenzioni di regia, di portare all'oggi, al senso contemporaneo, nel qui e ora della contingenza scenica, una narrazione solo all'apparenza desueta. Un bello spettacolo, in grado di mescolare con sagacia linguaggi diversi per tempo e spazio. Tra questi la musica al pianoforte ed il canto in scena di Oliviero Pari, capace di bravamente riproporci le arie di Verdi, Ponchielli e Puccini. La voce e il corpo recitante sono quelli di Paola Roman, attrice torinese da tempo sapiente nella condivisione della propria presenza con quella di maschere e pupazzi. Una coproduzione CTA Gorizia e appunto l'Istituto diretto da Alfonso Cipolla. Al Kulturni Center Bratuz di Gorizia il 29 agosto.

PUNTINODELFAROBELLAVISTASULMAR
Tra bimbi reali in carne ed ossa e bambini altrettanto reali ma dentro oggetti in movimento, un paese di fantasia ma anch'esso molto più reale di quanto sembri. In questo piccolo paese la scuola è frequentata da soli tre bambini e allora il Ministero, burocratico fattore, decide di chiuderla se non raggiungerà almeno i 10 alunni. Così i giocattoli diventano compagni di banco e di studio e la scuola sopravvive. Una favola ideata prima, e che la pandemia e il lockdown hanno cambiato, facendola diventare metafora del desiderio di ricominciare dei più piccoli, un desiderio che ci trascina. Sintatticamente stratificata è capace di parlare su due piani diversi ma concomitanti, da una parte i bambini e dall'altra le famiglie che li accompagnano. Una bella prova di teatro degli oggetti che, su testo di Gigio Brunello e per la regia di Gulya Molnar, vede in scena la brava Silvia De Bastiani della compagnia familiare Alberto De Bastiani, che lo spettacolo ha coprodotto insieme a CTA. Al Kulturni Center Bratuz il 30.

Tra gli altri eventi, la conferenza “Dialogo sul teatro di figura tra generazioni e rigenerazioni” alla Casa Ascoli, che ha visto l'intervento di Alfonso Cipolla, qui nel ruolo di critico teatrale, e di Angela Forti, nonché la partecipazioni di molti giovani che portano avanti oggi un Teatro di Figura che appare, grazie anche a loro, in buona salute.
Per l'inverno CTA prevede altre commendevoli iniziative di cui ci sarà modo di dare notizia, per ora ci pare importante segnalare il lavoro denso di contenuti e le capacità organizzative.