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Sono passati sedici anni ma questo evento appare necessario come al suo esordire, se non di più, di fronte ad una mondo e ad una società globale in cui la condizione femminile continua il suo andamento ad elastico, con conquiste che paiono consolidarsi e ritorni ad un passato che non vuole rinunciare ad essere il suo presente ed anche il suo eterno futuro. “Eppur si muove” diceva il grande Galileo, e così il “Festival della Eccellenza al femminile”, appunto, ritorna il 16 ottobre tra Genova e Sestri Levante a riproporre il suo sguardo disincantato ma insieme positivo e prospettico sulla condizione delle donne, ma non per piangerne le fatiche quanto per sottolineare ancora una volta ciò che le riscatta, perché è giusto, ma purtroppo raro, sottolineare quello che di bello e importante esiste e cresce. Saranno fino al 24 ottobre nove giorni intensi di eventi, tra proiezioni, discussioni e drammaturgie, al femminile certo ma anche capaci di coinvolgere quell'altra metà del cielo, stavolta

maschile, che può rinunciare per una volta alla tentazione di volgere altrove il suo sguardo.
Sono stati presentati, questi eventi, oggi dalla creatrice e tuttora direttrice del Festival Consuelo Barillari al Palazzo Ducale di Genova che, con il Museo Biblioteca dell'Attore, ospita molte di queste occasioni.
Si parte però, il prossimo sedici ottobre, dal Teatro della Corte che accoglie l'inaugurazione ufficiale e la consegna dei premi Ipazia, prima e antichissima madrina, a tre donne di valore, l'artista turco-curda Zehra Doran, per la sezione Internazionale, la nota virologa Ilaria Capua, per quella nazionale, e la giornalista Carmen Lasorella cui va il premio Lady Truck Raimondo Sirotti.
Centro della riflessione di quest'anno il mondo delle donne curde, capaci di organizzarsi e sacrificarsi nella guerra all'Isis e insieme ferocemente represse nella parte turca della loro patria, parte che si rifiuta di riconoscere i diritti dell'una e delle altre.
Un modo per riproporre l'attenzione nostra a quella parte del mondo in cui è molto più difficile, e talora tragicamente impossibile, rivendicare la propria libertà di donne e quella, conseguente, della società in cui vivono e che animano delle loro lotte.
Narrazioni che ben si collegano alle altre testimonianze non tanto di donne al confine, se non al margine, ma di donne che tale margine e tale confine hanno voluto e saputo superare