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IONICA è arrivato all’improvviso, quasi per caso.
È arrivato, nella mia vita, come un camion lanciato a folle velocità, di notte, sotto un diluvio. Potevo scegliere di farmi prendere in pieno oppure defilarmi. Se sono qui a scriverne, la scelta che ho fatto è lapalissiana.
Sono sempre stato convinto che siano le storie a trovarci, sta a noi avere la prontezza e il cuore di tradurle in racconto. In realtà credo fermamente che, ogni giorno, avremmo l’occasione di vederne a decine. Siamo solo troppo assuefatti allo stress e alla superficialità che, ormai, non osserviamo più davvero.
Anche la storia di Andrea Dominijanni – senza andare a fondo – è solo la storia di un signore in là con gli anni, della sua famiglia e di un atto di coraggio, unico nelle sue zone, ma non unico nel suo genere.
Per capire la grandezza di ciò che mi sono trovato davanti, occorre scavare a fondo nella sua vita, nella sua storia. Servirebbe sedersi e guardare le ore di video realizzate mentre suo figlio, Giuseppe, mi accompagna per i paesi, le montagne, le spiagge, inanellando un racconto dopo l’altro. Sarebbe utile, sì, ma non abbastanza.
Storie del genere, siamo abituati a vederle in televisione, raccontate da fiction che, a mio avviso, fanno poco bene alla verità. In quei prodotti tutto è esasperato, i cattivi sono cattivi, i buoni sono eroi senza paura e spesso manca il contesto o, peggio ancora, anch’esso è sinonimo di sguardi truci, occhiali da malavitoso, minacce  alla luce del sole e pistole bene in vista.
La parte più difficile di riuscire a restituire ciò che ho vissuto in quei giorni, vivendo sotto scorta insieme ad Andrea, è senza dubbio quella sensazione che anche le pareti abbiano gli occhi. Il peso dell’aria, i silenzi assordanti delle campagne dove sai che puoi trovare uno “sconosciuto” sulla tua strada, a fianco alla tua macchina, in attesa di farti capire che “loro sanno”.
È altrettanto complesso poter raccontare l’amore di un uomo per la sua famiglia. Sia perché oggi è proprio mutato il senso di famiglia che abbiamo, sia perché quello che ho toccato in quei giorni è davvero unico.
Ma facciamo un passo indietro. Come sono arrivato lì?
A inizio 2019, Alfonso Russi, che ha contribuito alla stesura del testo di IONICA, mi contatta per farmi conoscere la storia di un testimone di giustizia.
Una storia, senza dubbio incredibile, che covava anche una richiesta: farla conoscere quanto più possibile per proteggere Andrea.
Sì, perché con una grande esposizione mediatica si crea troppa attenzione e dunque si protegge il testimone. La ’ndrangheta non fa martiri.
Chiesi allora di poter vivere per un po’ lì, così da conoscere tutto di quella vita massacrata dall’illegalità. Questo è il metodo che mi impongo. Se voglio scrivere una cosa, devo immergermi in essa; non basta aprire un giornale e raccontare un fatto, magari romanzandolo. Per quanto bravi possiamo essere, la nostra pelle non vibrerà al momento del racconto, perché non ci siamo contaminati con la vita altrui; rimane solo il nostro pensiero, il nostro punto di vista, senza dubbio, non così interessante.
In quei giorni mi sono sentito accolto come un figlio, spaventato, piccolo, inutile come un insetto. Mi sono chiesto più volte, di fronte a questo mostro, a cosa servisse questo mio atto artistico. Più volte mi sono risposto “a nulla”.
Poi però sono arrivate le parole della persona cui devo gran parte di ciò che ho scritto: “Quando si tratta di lotta alla ’ndrangheta, niente è poco”. Gigi, che scoprirete meglio durante la lettura della drammaturgia, è stato per me l’uomo dei mille racconti. Da quelli che ti fanno sgranare gli occhi a quelli che ti strappano anche le lacrime. Lacrime di mirto.
Quella di Andrea, non è la storia di un eroe, è la storia di un esempio. Di una persona normale educata all’onestà fin dall’infanzia. Di un lavoratore che nel tempo libero coltiva l’orto, alleva animali e prepara un mirto da favola.
L’unicità di Andrea?
Gli occhi.
Di fronte a uno sguardo del genere capisci che anche se ti senti piccolo, inutile, qualcosa devi fare.
Perché quegli occhi non meritano la paura, ma le cose belle della vita.
A Gennaio 2020 sono arrivate le condanne per gli ’ndranghetisti che Andrea “ha mandato” in carcere grazie alla sua testimonianza. Nessuna televisione ne ha parlato. Nessun giornale. Forse uno, se non ricordo male.
Questa è l’urgenza che muove il mio scrivere, il mio fare teatro. La rabbia che sento ogni volta che penso al bisogno che abbiamo di toccare il “sensazionale” e lo riconosciamo in un politico che per una volta fa il suo lavoro – o in un gossip del personaggio di turno e simili – ma non siamo in grado di riconoscerlo quando ce lo abbiamo davanti.
Le storie come quelle di Andrea, dovrebbero essere un aggiornamento settimanale nei telegiornali, più del calciomercato o del campionato. Perché metterle nel mainstream significherebbe invogliare altre persone a denunciare. Potrebbe far desistere quella stampa collusa che prova a far passare Andrea come un collaboratore di giustizia, così da sporcarne la storia.
Potrebbe fare la differenza, ma la sappiamo tutti questa storia: è più vecchia del tempo stesso ormai.
Alessandro Sesti

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La vicenda raccontata da Alessandro Sesti nella pièce IONICA nasce dalla storia vera di Andrea Dominijanni, testimone di giustizia calabrese contro la ’ndrangheta, sottoposto a una scorta di massimo livello. Sesti ha vissuto con lui per un periodo durante il 2019, previa apposita richiesta in seguito autorizzata dai Nuclei Operativi di Protezione e dal Servizio Centrale Operativo di Catanzaro. Lo spettacolo si è poi aggiudicato diversi riconoscimenti: dal premio della critica al festival Direction Under 30 del Teatro Sociale di Gualtieri (Reggio Emilia), nel 2020, alla vittoria della sezione “Luna Crescente” della rassegna L’ultima luna d’estate – organizzata da Teatro Invito di Lecco nel 2019 – sino alla conquista del bando “Teatro… Voce della società giovanile” promosso nel 2018 da Endas Emilia Romagna. Prodotta da Strabismi, Teatro Thesorieri e Infinito Srl, la messinscena diretta e interpretata da Sesti vanta le musiche dal vivo di Debora Contini al clarinetto, Federico Passaro al contrabbasso e Federico Pedini alla chitarra classica, oltre al disegno luci di Marco Andreoli. Per ogni altra informazione, si veda il website “strabismi.wixsite.com”.

Alessandro Sesti. Nato a Foligno – nella grande madre Umbria – il 10 giugno 1988, è un attore e drammaturgo di formazione indipendente. Insieme ad altri artisti umbri, nel 2013 fonda nella sua cittadina l’associazione culturale Strabismi, un collettivo che dal 2015 dà vita all'omonimo festival di cui è direttore artistico: ruolo che riveste anche per il Teatro Thesorieri di Cannara, in provincia di Perugia, dal 2017. Sempre il 2015 è l’anno in cui avvia un suo percorso artistico riguardante due fronti di lavoro in particolare: uno riguarda il teatro di narrazione con gli spettacoli FORTUNA del 2016, VELENO del 2018, il menzionato IONICA e LUCA 4,24 che, realizzato con Mattia Maiotti e Debora Renzi, si aggiudica inoltre il premio ex-aequo Tuttoteatro.com alle arti sceniche “Dante Cappelletti” 2019; l’altro concerne la riscrittura della fiaba attraverso performance sonore quali C’ERA UNA VOLTA UNA BAMBINA e BARBABLÙ, in cui si pone al centro della ricerca il ritorno al racconto senza l'ausilio d’immagini. Lo studio del suono prosegue insieme al musicista Nicola “Fumo” Frattegiani con BARRACUDA - RADIODRAMMA PER VOCE SOLA E WHISKEY e il progetto TRUE MAN SHOW che indaga lo scollamento dalla realtà portato dalle malattie degenerative. Il suo lavoro è sostenuto da Libera, la rete di «Associazioni, nomi e numeri contro le mafie» (www.libera.it).