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Rosario Palazzolo, fra i più spericolati drammaturghi del panorama contemporaneo, regista, attore, scrittore, inventore di una lingua particolarissima è l'ospite della quarta puntata di CONFINI E SCONFINAMENTI. Ospiti dell’incontro Gerardo Guccini (Università di Bologna) e Martina Vullo (Dottoressa in discipline delle arti, musica e spettacolo), protagonisti della conversazione 𝑆𝐶𝐸𝑁𝐴 𝑀𝑈𝐿𝑇𝐼𝑃𝐿𝐴 𝐸 𝐴𝐿𝑇𝑅𝐸 𝑀𝐸𝑇𝐴𝐹𝐼𝑆𝐼𝐶𝐻𝐸. Filippa Ilardo coordina l'incontro. In tempi di pandemia e zone rosse questi incontri sono per me una vera luce. Una possibilità per incontrare autori paradossalmente più da  “vicino” che raccontano il loro mondo. In questo quarto incontro un regalo magnifico: la presenza del “super prof Guccini” con le sue intuizioni illumina la mia finestra pc. Guccini riesce sempre a mostrare un aspetto nascosto di un autore al di fuori di schemi o catalogazioni. Martina Vullo introduce la conferenza illustrando le caratteristiche della poetica di Palazzolo. La drammaturgia di Palazzolo sfugge ad ogni classificazione, ma è possibile riscontrare temi che tracciano un unicum della sua poetica: la lingua rotta, destrutturata, carica di errori, che diventa un ritmo e un flusso di coscienza; l’alterità che incombe sui personaggi: qualcosa di misterioso e inspiegabile traccia il loro cammino; la deriva spazio temporale: siamo sempre in un non luogo non ben identificabile nonostante la connotazione linguistica; l’evaporazione

dei personaggi, si conosce poco di loro, non abbiamo notizie precise.  In questo mondo così indefinito unico elemento che spesso va a connotare una situazione drammaturgica è la musica.  In “Letizia Forever” c’è una sorta di dialogo con la musica. Solo la musica ci permette di capire qualcosa in più anche se come  dice Letizia: “...la gente non è mai troppo intelligente, per me, intelligente di capire veramente le cose”. La musica in questo testo, quella dei “fabulosi anni ‘80” entra in collisione con la storia, la sollecita, la sorprende, crea conflitti e dissonanze, tiene insieme gli elementi di una realtà complessa.
Solo la consapevolezza della complessità permette di interpretare il reale non esiste una sola risposta ma più risposte che regalano un pezzo di comprensione, questo sembra dire l’autore.
Gerardo Guccini si sofferma ad analizzare un aspetto importante della drammaturgia di Palazzolo: la capacità di annullarsi scrivendo, si scrive per diventare altro, chi scrive deve dimenticare sé stesso e deve saper entrare in un altro mondo.  Questa modalità crea un ego sano, non un autocompiacimento della scrittura, un allontanamento da sé stessi, da una posizione confortevole in cui abitare. Quante volte assistiamo ad opere teatrali che sono solo forme narcisistiche di autocompiacimento? Il teatro non abita in questi luoghi.
L’autore precisa quanto sia importante non esaurirsi in sé ma andare oltre, esplodere in altri mondi essere spietati con sé stessi e con il pubblico cioè non pensare mai al proprio pubblico mentre si scrive, in questo modo ci si dona di più, perché si crea qualcosa che non è stato ancora detto e si induce il pubblico a pensare.
In chiusura un’analisi sulla lingua e sull’utilizzo del dialetto nei testi di Rosario Palazzolo. Questo particolare stile linguistico fatto di ritmi, parole storpiate, detti antichi e termini nuovi, permette di introdurre “persone nella figura” che cosa vuol dire? Vuol dire che si esce da un determinato confine geografico, per entrare in paesaggi più ampi che disegnano un’umanità dolente, ombre dell’animo in cui ognuno, se sa vedere, potrà specchiarsi. La serata termina ed io “resto a casa” e con un pizzico di gioia in più immaginando di aver fatto una vera passeggiata in buona compagnia.

Confini e sconfinamenti, 20 Marzo 2021