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Speriamo non manchi molto, ma comunque è giusto che anche il Teatro Nazionale di Genova, come altri e in maniera encomiabile, abbia deciso di riprendere, anzi di mantenere ugualmente i livelli di attività più alti possibile, non solo per essere pronto alla riapertura ma anche e soprattutto per non disperdere un grande patrimonio fatto di lavoro, di competenze accumulate negli anni e, in particolare, di persone, artisti, tecnici e amministrativi che sono, di un grande teatro, il sistema circolatorio e il sangue che vi circola. Fare questo vuol dire una cosa sola, continuare a produrre spettacoli, a scritturare attori e compagnie altrimenti abbandonate alla semplice sussistenza, continuare ad oliare i meccanismi teatrali della creatività anche se, forzatamente, lontano dal pubblico e dalla comunità che deve continuare ad attendere ma

può già assaporare la ripresa. Con una iniziativa fortemente voluta dal suo Direttore Davide Livermore, il Teatro Nazionale di Genova ha voluto mostrare dunque che non si è fermato, nonostante tutto.
Così venerdì 9 aprile ha deciso, nella più attenta adesione ad ogni protocollo di sicurezza, tale da trasformare quasi le platee in sale chirurgiche asettiche, di mostrare ad un ristretto numero di operatori e giornalisti i momenti conclusivi delle prove generali di due dei tre spettacoli pronti per l'esordio non appena l'allentamento delle restrizioni lo consentirà.
Al teatro Gustavo Modena è stato così rappresentato “Solaris”, trascrizione drammaturgica di un romanzo centrale della cosiddetta fantascienza psicologica, già oggetto di memorabili trasposizioni cinematografiche, una produzione del Teatro di Genova e del Teatro Nazionale di Napoli per la regia di Andrea De Rosa, mentre al teatro Ivo Chiesa è stato mostrato “Grounded”, prima regia interamente di prosa di Davide Livermore su un testo di grande e recente successo sui palcoscenici americani e inglesi, una produzione questa tutta del Teatro di Genova.
Un cartellone interessante che mostra spettacoli di qualità di cui contiamo, e speriamo, di dare pieno conto quanto prima.
Ma non sono state solo queste le attività portate avanti, da una parte infatti è proseguita l'attività della Scuola di Recitazione, diretta da Massimo Mesciulam dopo la triste e improvvisa perdita di Marco Sciaccaluga, cui è collegata la contestuale produzione del nuovo spettacolo “Il Mercato della Carne”, diretto da Simone Toni, in preparazione alla Sala Mercato di Sampierdarena e pronto all'esordio, nonché l'avvio del programma di “Teatro Ragazzi” coordinato da Giorgio Scaramuzzino che in un contesto difficile come l'attuale ha avuto interessanti risposte dalla città e dalla sua comunità.
Inoltre è in corso, in coproduzione con Rai Radio Tre, il programma “Cento Giorni con Dante” che in occasione delle celebrazioni dell'Alighieri recupera, dall'immenso, e forse ancora insufficientemente sfruttato, archivio del Teatro Nazionale di Genova , la storica Lectura Dantis prodotta dallo Stabile stesso negli anni 80 da una idea di Carlo Repetti, allora uno dei principali collaboratori di Ivo Chiesa poi divenuto lui stesso Direttore del Teatro.
Interessante, in questo strano frangente, la quasi totale prevalenza, nel programma di riapertura, di drammaturgia dei nostri tempi che indica a mio avviso una profonda sensibilità, unita alla volontà di facilitare l'immediatezza di percezione e l'immersione profonda in quei contrasti e in quelle contraddizioni psicologiche, ma anche estetiche, che la pandemia ha in un certo senso solo enfatizzato.
Un intento programmatico che certo non accantona i classici ma che risponde ad una esigenza di condivisione con il pubblico, molto importante in questo momento difficile, e che mi ricorda le parole della Dramaturg Mira Rafalowicz che è utile citare:
“Io non sono una drammaturga che scrive; io parlo. Parlo e faccio sempre le stesse domande: di cosa si tratta, perché?, perché adesso, perché qui? Perché volere in questo momento in questa lingua, in questo paese, fare una pièce, sulla violenza, per esempio? Che cosa vogliamo dire e come vogliamo che il pubblico lasci la sala? Scosso, con intenti suicidi, pronto alla battaglia? Perché di fatto quello che vogliamo è cambiare il mondo, preparare il nostro pubblico alla rivoluzione.
Molto presto, quando nasce un'idea, parlo col regista, i musicisti, alcuni attori e più tardi in un cerchio che si allarga sempre di più, con tutti quanti sono implicati nella produzione, perché tutte le persone che vi partecipano devono far proprio il perché, che peraltro resta un segreto di famiglia ben custodito.”