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Nell’ambito del progetto Lingua Madre del LAC di Lugano è possibile vedere il percorso tracciato da Angela Demattè (come autrice e regista) sui riti di passaggio. Tre video in cui il tema viene trattato attraverso gli appunti della drammaturga, le conversazioni con antropologi, etnomusicologi, psicologi ma anche con chi ha conosciuto la sofferenza della perdita legate alla pandemia. La definizione: “rito di passaggio”, deriva da un classico della lettura antropologica; all’inizio dello scorso secolo lo studioso francese Arnold Van Gennep elenca, fra le cerimonie dei vari gruppi umani, una serie di passaggi, di rituali pubblici che avevano lo scopo di facilitare il cambio di situazione individuale o sociale. Van Gennep, inoltre, riconosce una struttura tripartita nei rituali. La fase preliminare, quella della separazione, del passaggio simbolico

ed infine quella in cui il rituale si completa. Anche il percorso filmico compiuto dalla drammaturga è scandito da questi tre momenti. Tre momenti in cui è anche possibile vedere come una generazione di donne: madre, figlia, nipote, affrontano il tabù della morte. Raccontano con sguardi e gesti intensi il significato dei rituali e la loro perdita. Secondo l’antropologo Marco Aime, la scomparsa dei riti di passaggio va di pari passo con la scomparsa del passaggio da giovani ad adulti. Rimaniamo eterni ragazzi e non riusciamo più a cogliere il senso dei rituali. Cosa accade se all’essere umano vengono a mancare i rituali fondamentali, quelli che hanno segnato la sua cultura e storia personale? Questa domanda sottende il lavoro di Angela Dematté. Un viaggio intimo e universale al contempo, in cui l’autrice riflette su di sé e sull’altro da sé e lo fa grazie al lavoro di due attrici che la rappresentano, Beatrice Vecchione e Betty Colombo. Un documentario in tre puntate, separazione, margine, ritorno alla comunità, che traduce in forma artistica, una riflessione sul rito funebre nell’attimo della sua negazione. Una riflessione significativa dal momento che oggi assistiamo ad una rimozione della morte, l’uomo contemporaneo cerca l’immortalità e rifiuta l’idea della caducità, in preda alla frenesia del lavoro e impegnato nella ricerca smodata del benessere materiale, non ha tempo per pensare alla morte. A tal proposito è interessante riportare una considerazione di Jean Baudrillard: «Al giorno d’oggi non è normale essere morti… Essere morti è un’anomalia impensabile, rispetto alla quale tutte le altre sono inoffensive. La morte è una delinquenza, una devianza incurabile» (J. Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte, tr. it., Milano 1979, p. 139.) Angela Dematté non ha paura di affrontare questo tabù, non ha paura di entrare nel bosco, di perdersi e cercare la via del ritorno. Con la sensibilità e l’umiltà che sempre contraddistingue i suoi lavori, svela le sue ansie di autrice, i suoi timori legati anche al processo creativo nella scrittura. Qualcuno diceva che la scrittura è il funerale dell’oralità...In questo viaggio si dà anche parola ai bambini: c’è chi suona al piano, chi racconta i propri fantasmi interiori, chi danza con la madre e la nonna. Ci svelano con leggerezza e semplicità, la possibilità di un recupero di rituali, ci restituiscono un altro sguardo, allora ci sembra che sia possibile guardare in faccia la “grande nemica” e chiamarla: “sorella morte”.

LAC LUGANO. 9 maggio 2021