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“A che punto è la notte?” La notte di Macbeth incombe in scena. Una notte che non vede più il sonno che vive solo di incubi, frutto di una coscienza che ha compiuto un salto nel buio. Nel Macbeth di Rifici la scena nera avvolge gli attori. Si accende di immenso rosso solo nel momento cruento del delitto. Cerca purificazione nell’acqua che scorre nel video e in scena ma è acqua che ristagna, che non dà speranza. Unica speranza: abbandonare la notte, recuperare la forza del passato attraverso la riflessione sulla propria storia personale, sulla propria autobiografia. Recuperare gli insegnamenti dei Miti e della Storia.  Lo spettacolo si apre con il regista seduto in scena: spalle al pubblico, legge una lettera, così come nel testo di Shakespeare, Lady Macbeth, legge la lettera del marito. Lo psicanalista e il regista, uno nel video, l’altro in scena colgono i significati della vita immaginata, sognata, rappresentata.  Tutto comincia come in una sorta di inganno: gli attori non sanno che saranno coinvolti in un lavoro interiore. Un lavoro di

riflessione sul senso del desiderio, sulle proprie debolezze, sulle proprie ombre interiori, sotto la guida di Giuseppe Lombardi, psicoanalista junghiano, e Luciana Vigato, psicoterapeuta. Nasceranno così tre coppie di Macbeth e Lady Macbeth che si alterneranno nelle scene secondo tre momenti diversi: innocenza, delitto, declino e in mezzo un giovane in camicia rossa che rappresenta il sacrificio. Alessandro Bandini, Alfonso De Vreese, Angelo Di Genio, Tindaro Granata, Leda Kreider, Maria Pilar Pérez Aspa, Elena Rivoltini, navigano abilmente in questo lavoro drammaturgico che scorre fra interiorità ed esteriorità, fra elementi mitici, antropologici e visioni individuali. L’ossessione dei personaggi è narrata asciugando ogni inutile gesto, ogni espressione eccessiva, misurando i toni vocali in modo evocativo. Macbeth è un’opera che tratta di desideri e negazione. Rifici mette bene in risalto questi aspetti attraverso una regia minimalista fatta di suoni e rumori di immagini ripetitive che incombono sullo spettatore. Carmelo Rifici e Angela Demattè, autori del testo coadiuvati dalla dramturg Simona Gonella, riprendono il loro percorso sul significato del mito oggi. Il regista sottolinea che il progetto è articolato in tre parti: «la prima consiste in un’analisi degli attori coinvolti nello spettacolo. Dai loro lati “nascosti” si passa alla seconda fase, quella del lavoro sui personaggi: Macbeth vuole scoprire che cosa c’è oltre le cose conosciute, vuole distruggere il senso delle cose. […] La terza sezione è invece legata al mondo infero delle streghe, di Ecate, il mare nero nel quale nuota inconsapevolmente la collettività, la comunità degli uomini». L’intento del progetto è offrire al pubblico la possibilità di riagganciarsi alla “strega interiore” lasciandosi guidare in un sogno collettivo, in un dialogo/confronto con la pulsione e il desiderio. Macbeth è la tragedia del desiderio. Il desiderio di essere quel che non si è. Si procede per continue negazioni: Macbeth non è re e non è padre e vorrebbe essere l’uno e l’altro; Lady Macbeth non vuole essere donna vuole il desiderio del marito. In questa continua negazione che si basa sulla mancata conoscenza di sé stessi, l’acqua è protagonista in scena, scorre senza temere di cadere e da acqua che ristagna si trasforma in vita grazie al sacrificio di un dio che gira la ruota dell’arcolaio, simbolo di libertà e pace, tesse la tela del presente, unendo le trame del passato. L’ossessione del tempo si scioglie e diventa passione per la verità. La psiche turbata recupera il senso. I tre Macbeth vestiti di nero con pantaloncini corti, come piccoli balilla, giocano con l’orrore: il sangue il pugnale. L’ossessione per il tempo che passa, per il desiderio negato, per il fare; la dittatura del presente, nella continua ricerca del piacere, li distruggerà lentamente, occorrerà un sacrificio per liberarsi. Il teatro è uno specchio che riflette e fa riflettere. E, come accada da tempo in ogni spettacolo di Rifici, si esce dalla sala pensando a come tenere a bada la nostra ombra, la nostra notte.

Milano Piccolo Teatro Strehler, 22 maggio 2021
produzione LAC Lugano Arte e Cultura, coproduzione con Teatro Metastasio di Prato, TPE – Teatro Piemonte Europa, ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, collaborazione con Centro Teatrale Santacristina

Foto LAC Studio Pagi