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Questo  Festival, giunto alla sua XVII edizione, è in un certo senso la registrazione di un paradosso. Infatti in un mondo che utilizza ormai massivamente la tecnica e le sempre più virtuali sue geografie per ottenere quella realtà aumentata (e quindi distanziata) che sembra essere il suo unico obiettivo, etico ed estetico, “Il giardino delle Esperidi” sceglie invece la natura come luogo di espansione della percezione anche drammaturgica, recuperando nel rapporto con questa una quasi inattuale e ormai rara intimità e prossimità, fonte di consapevolezza e dunque di sincerità, anche questa etica ed estetica insieme. Una fusione/espansione che ha il suo centro, quasi un gorgo di sensazioni e suggestioni, nel borgo antico di Campsirago, felice incontro con la natura sul boscoso Monte San Genesio, tra il manzoniano ramo di Lecco e la Brianza. Qui ha la sua permanente residenza il gruppo teatrale, appunto Campsirago Residenza, da cui nasce il festival. Direttore artistico di entrambe le realtà è Michele Losi. Si definisce festival

itinerante, ma più che itinerante lo definirei festival diffuso, suggestivamente espanso tra i boschi del Monte di Brianza ed i suoi borghi, in una sorta di respirazione condivisa tra la natura e l'arte, tra l'origine e la finalità che tenta, con il supporto dell'una e dell'altra, di sussumere nel teatro il destino non scritto dell'umano.
Ha scritto David Mamet, in un suo libro autobiografico, che “lo scopo di ogni lavoro teatrale è portare sulla scena l'anima vivente dell'uomo”, e appunto, nel contesto di questo festival al confine, la natura offre inaspettati spunti di riconoscibilità alla civiltà dell'uomo, che la circonda fino all'assedio.
A partire dal palcoscenico della Residenza, nell'antico Palazzo Gambassi, che offre, come da un Olimpo sereno e distante, il borgo tutto attorno e il bosco alle spalle, la visione immersiva e chiarificatrice della città lontana e convulsa, quasi l'inferno di una umanità che sembra voler perdere sé stessa.
Questo il contesto, innanzitutto percettivo e significante, e questi alcuni degli spettacoli visti in una due giorni intensa.

SABATO 26 GIUGNO

AMLETO – Una questione personale.
Si comincia dal palcoscenico della Residenza con questa drammaturgia, che è anche il frutto di un lungo laboratorio del suo gruppo. Un lavoro che è un esempio di quella che ho chiamato drammaturgia espansa ovvero di realtà aumentata. Il testo antico, che offre sicuri confini alla navigazione scenica, è come fatto esplodere, non solo in sé, aprendo squarci in cui si insinuano nuove scritture e nuove visioni, ma anche nella dimensione teatrale che apre tre vie rappresentative, diverse ma coerenti, in cui ciascuno può ritrovare e ricomporre piccole tessere di una più ampia identità e identificazione. All'interno di questa complessa, ma attraente struttura drammaturgica la sintassi cogente utilizza molti linguaggi e molte modalità recitative, alternando ad esempio microfonatura e voce naturale, a scovare le innumerevoli potenzialità del suono al modo di Carmelo Bene o di Leo De Berardinis, oppure proponendo al pubblico pezzi in cuffia. Tutto ciò a irrobustimento di quell'effetto dissociante che cerca di esplicitare in evento scenico momenti nascosti dentro il dramma shakespeariano. Si realizza insieme una fusione più forte del consueto tra  spettacolo e il suo pubblico che si trasforma, man mano prendendo confidenza, mentre lo percorre con e tra gli atttori, con quell'ambiente sospeso, da diffidente inurbato a parte dello spettacolo, un folletto che guarda gli eventi, come in “un sogno di una notte di mezza estate”. Un tentativo di superare forse, in sintesi successive, l'aporia della scena contemporanea, soprattutto italiana, sospesa tra teatro che fa della parola il suo esclusivo veicolo e teatro che quella parola svalorizza fino alla marginalità. Un buon lavoro per intento e per realizzazione.
Regia Anna Fascendini, Giulietta de Bernardi, Michele Losi. Con Anna Fascendini Barbara Mattavelli, Benedetta Brambilla, Giulietta de Bernardi, Liliana Benini, Marialice Tagliavini, Michele Losi, Sara Milani, Sebastiano Sicurezza, Sofia Bolognini, Stefania Ventura, Stefano Pirovano. Costumi Stefania Coretti. Musiche Diego Dioguardi, Luca Maria Baldini. Dramaturg Sofia Bolognini. Testi dei partecipanti al laboratorio di alta formazione di teatro nel paesaggio e dall'Amleto di William Shakespeare.

LADIES BODIES SHOW
Un percorso, quello della coreografa Silvia Gribaudi, che mi è già capitato di incontrare e che continua e si arrichisce di questa prima nazionale. Al centro, ancora una volta, il corpo femminile intercettato nella frizione tra la sua immagine, imposta e gestita come fosse una réclame, e una realtà inevitabilmente incoerente. Ma paradossalmente, attraverso l'ironia drammaturgica e l'accorto uso di un umorismo che non scivola mai nella farsa, è quest'ultima a prevalere e a rappresentare la bellezza quando è sincera rivoluzione, anche solo nel senso di ribaltamento di prospettiva. Una sorta di passerella di moda, o meglio di modi e luoghi comuni, in cui il peso di un giudizio precostituito, e talora alienante fino alla dissociazione irresolubile tra successo e fallimento (sociale), si dissolve man mano nella risata liberatoria che è una riflessione comunque profonda su quello che siamo. Significativamente ride più sinceramente il pubblico femminile, mentre la parte maschile appare un po' frastornata. Uno sguardo d'amore sul proprio corpo.
Ricerca materiali Francesca Albanese, Silvia Baldini, Silvia Gribaudi, Laura Valli. Con Francesca Albanese, Silvia Baldini, Laura Valli. Regia Silvia Gribaudi, Matteo Maffesanti. Collaborazione drammaturgica Marta Dalla Via. Produzione Qui e Ora Residenza Teatrale e Zebra, in collaborazione con Festival Teatri di Vetro, Teatro del Lido di Ostia Festival, Il giardino delle Esperidi – Cross Festival e con il sostegno del MIBAC. Spettacolo selezionato per NEXT2020 – Laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo.

NINA MADU’ E LE RELIQUIE COMMESTIBILI (SPECIAL GUEST NINA’S DRAG QUEENS).
Un concerto spettacolo che esibisce sé stesso come un racconto, il racconto grottesco dell'apparenza a cui tutti credono ma in cui nessuno crede. È la rivelazione ironica dei meccanismi dello show, il grande Show dei grandi teatri americani, nei suoi effetti distraenti, condotta sul filo di una comicità, talora anche trasgressiva ma sempre delicata e trascinante. Il noto diventa così misteriosamente nuovo, svelando ciò che in esso è incorporato. Musicisti in scena che seguono vari generi dall'elettronica al doo-wop.
Di Camilla Barbarito. Con Camilla Barbarito, Fabio Marconi, Guido Baldoni, Andrea Migliarini, Lorenzo Piccolo, Alessio Calciolari.

DOMENICA 27 GIUGNO

IL GATTO CON GLI STIVALI
Teatro ragazzi, come si definisce, o anche, con espressione a mio avviso più coerente, Teatro di Figura che usa gli oggetti come componente essenziale della sintassi scenica, in un quadro, peraltro, drammaturgicamente piuttosto robusto, ove la parola assolve con efficacia un compito figurativo e insieme comunicativo. Così si rivive, nella parziale ma fedele riscrittura che la adatta ad un contesto non narrativo, la favola nella versione di Basile, senza attenuarne le durezze tipiche delle fiabe, quando sono accesso al mondo adulto, ma offrendole con grande delicatezza. Metafora del tentativo di accedere alla vita da parte degli ultimi e dei dimenticati, offre l'immagine della “periferia” non solo come luogo ma anche come recesso dell'anima. In un piccolo chapiteau nel giardino di una villa nella fraz. Bestetto. Prima nazionale
Drammaturgia e regia Marco Ferro, con Soledad Nicolazzi. Disegno del suono e musiche originali Luca Maria Baldini. Costumi e oggetti di scena Stefani Coretti. Produzione Campsirago Residenza | con il sostegno di Next – Laboratorio di Idee per la Produzione e Distribuzione dello Spettacolo dal Vivo Lombardo Edizione 2020.

COSA BOLLE IN PENTOLA? Ricette per il futuro
Un breve gioco scenico capace di percorrere sentieri inaspettati. Performance per due spettatori ideata in tempi di quarantena, costruisce un rapporto drammaturgico a partire dagli oggetti esposti su una tavola, oggetti comuni ma trasfigurati e spaesanti (barattoli di semi con etichetta 'aliena') su cui accendere un dialogo senza precostituzioni. Una esperienza diretta più che un racconto.
Di e con Francesca Albanese, Silvia Baldini, Laura Valli. Produzione Qui e Ora Residenza Teatrale,  con il contributo di Fondazione Cariplo ricevuto sul bando LETS GO! misura di sostegno agli Enti di terzo settore.

ROBOT
Ancora una prima nazionale per questo spettacolo di Teatro di Figura. La vita e l'umanità trascritta negli oggetti che il burattinaio muove con sapienza sulla scena, con le sue intollerenze e le sue ingiustizie che sembrano soffocare, non riuscendovi però, ogni sentimento ed ogni condivisione affettiva fino a buttarti come in discarica, oggetto troppo usato e abusato. Eppure questi oggetti robot hanno la poesia irriducibile di un mondo che possiamo ancora recuperare. In fondo una storia d'amore, di sentimenti che permangono nonostante tutto.
Un’idea originale di David Zuazola. Regia Marek b. Chodaczyński. Musica Marek Żurawski. Puppet design David Zuazola. Con David Zuazola, adattamento Marek b. Chodaczyński. Una coproduzione Unia Teatrów Niezależnych, David Zuazola.

Infine, VIVARIUM, installazione artistica site-specific che accompagna il festival in tutta la sua durata e che, in un certo qual modo, ne riassume l'estetica e la poetica conseguente. Fusione tra civiltà tecnologica e natura viva, sembra recuperare in quest'ultima una creatività eterna, di cui spesso non ci accorgiamo. Un affascinante percorso laico a stazioni, accompagnati da una app sul nostro smartphone, in cui per ogni stazione sperimentiamo quella che è chiamata realtà aumentata, tra creature misteriose e colorate che, sullo schermo, emergono da alberi e cespugli, così che la virtualità è recuperata a quel suo fondo naturale, in cui ha irriducibili radici. Si va da Campsirago per giungere, dopo nove soste, all'eremo di San Genesio con vista aperta sui denti del più che famoso Resegone, “sorgente dalle acque”. Un approdo da secoli ricco di suggestioni. Un santuario costruito sulle rovine di un tempio dedicato a Giano Bifronte, capace come il teatro di guardare al futuro volgendosi al passato (e viceversa), e dedicato a San Genesio, attore martire del tempo di Diocleziano.
Un giusto riassunto di una esperienza variegata e rifratta come una lanterna magica.