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Interessante l’operazione compiuta dalla regista Livia Gionfrida e dal Teatro Stabile di Catania che, nell’ambito della rassegna “Evasioni 2021”, hanno proposto, al Palazzo della Cultura della città etnea, “Pinocchio” di Franco Scaldati, (testo rimasto incompiuto), nel libero adattamento, regia e costumi di Livia Gionfrida, siciliana che vive in Toscana e  nel 2018 ha ricevuto il Premio della Critica - A.N.C.T. per “la straordinaria densità culturale ed emotiva delle opere” e per “il coraggio, nell’estrema fedeltà alla propria poetica, di mettersi alla prova ogni volta in nuovi campi della ricerca”. La pièce, prodotta in collaborazione con il Teatro Metropopolare, in circa 75 minuti, vede in scena sei scatenati, camaleontici e surreali interpreti, tra luminarie, carri funebri e siciliani, capriole, marionette, personaggi ambigui e stralunati, feroci e teneri ed è un collage di emozioni, di sogni, di buio e luce, di interrogativi, di ironia, di lotta per sopravvivere, di brutalità e miserie umane e si allinea a quanto raccontava nella sua interessante produzione lo scomparso drammaturgo palermitano Franco Scaldati. Tra variopinti costumi circensi, una luminaria in alto, un carretto siciliano e uno funebre, tra gli umori comici e tragici di Franco

Scaldati, la violenza degli emarginati, l'incanto della natura e la sessualità, il delirio del sogno, la poesia del teatro, il mistero della morte, gli interrogativi su tutto, sfila sulla scena una sgangherata umanità, in una Sicilia dai mille volti, in un mondo fiabesco dove uomini, fate, pupi e animali cercano la loro dimensione. Il “Pinocchio” di Scaldati e della Gionfrida, interpretato dal dinamico e vivacissimo Domenico Ciaramitaro, è un ragazzo siciliano, sfrontato e curioso, nato e cresciuto in un ambiente violento, in cui prevale sempre il più forte e il più furbo. Con lui altre figure che, come dei fantasmi, dei sogni, popolano la surreale storia, interrogandosi sull’oggi, sul futuro, sulla luna, sulla notte e sulla morte.
La regista Livia Gionfrida ha lavorato d’impegno sul “Pinocchio” incompiuto di Franco Scaldati, introducendo, però, nella realizzazione dello spettacolo troppi elementi, troppe suggestioni e sogni per rispettare e per più avvicinarsi alla filosofia, alla scrittura, alle atmosfere di Scaldati, finendo in alcuni tratti per appesantire, ingolfare lo svolgimento della pièce. Il lavoro, che ricalca la mitica storia del burattino collodiano, interseca nel testo incompiuto del visionario drammaturgo palermitano frammenti delle sue opere ("Il pozzo dei pazzi", "Totò e Vicè", "Lucio", "Assassina", "La notte di Agostino il topo"), incantando, affascinando, ma anche disorientando, a volte il pubblico, alle prese con sogni, interrogativi, immagini surreali.
Da brividi, ad inizio spettacolo, il richiamo al maestro palermitano dell’attrice Aurora Quattrocchi - nei panni di una Fata Turchina ammiccante e fascinosa, madre, strega ed angelo custode autoironico - che lo evoca dicendo: “Francuzzu hai fatto bene ad andartene, questo non è più tempo di poesia, di poeti. Oggi c’è solo immondizia”.
Nel finale poi - sullo sfondo la scena del pescecane predatore che soffre di solitudine - la voce dello stesso Scaldati evoca l'apparizione di irridenti fantasmi, spiriti e commedianti capaci di giocare e perdersi e con la sua forte e raffinata poesia congeda il pubblico.
Accanto alla Fata Turchina e a Pinocchio, di cui abbiamo già detto, in scena fanno parte della strampalata compagnia di guitti di Mangiafuoco, crudele affarista (un risoluto Cosimo Coltraro), il Geppetto fuori dagli schemi, con tanto di gobba e sopraffatto dalle cattiverie altrui (reso con delicatezza e tormento da Manuela Ventura) e poi la duttile primattrice, ora gentile ora nervosa, della convincente Alessandra Fazzino e l’atra scatenata e misteriosa ragazza, una Serena Barone, capace anche di incantare con il suo numero di burattino. Tutti questi “spirdi cummirianti”, in una Sicilia arcaica, cruda e tragicomica, ad ogni replica scompaiono nell’aria e raccontano la stessa storia del Pinocchio di Collodi, incarnando molteplici ruoli, in un continuo susseguirsi di registri e tipi, portandosi dietro la fame, i sogni, la morte, la richiesta di aiuto alla Natura.
Spettacolo surreale, poetico che, grazie alle convincenti interpretazioni degli attori, in un dialetto scaldatiano ricco di accenti soprattutto palermitani e catanesi ed al grande impegno della regista che cerca di accostare il suo allestimento alla produzione del maestro Franco Scaldati, nonostante qualche pausa e lungaggine nel percorso drammaturgico, regala una serata ricca di suggestioni, di mistero e di interrogativi ed alla fine l’intera operazione raccoglie gli applausi del pubblico.

"Pinocchio" di Franco Scaldati.
Adattamento, regia, scene e costumi di Livia Gionfrida.
Con Aurora Quattrocchi, Alessandra Fazzino, Manuela Ventura, Cosimo Coltraro, Serena Barone, Domenico Ciaramitaro
Assistente alla regia Giulia Aiazzi
Assistente scenografo e costumista Vincenzo la Mendola.
Luci di Gaetano La Mela.
Audio di Giuseppe Alì.
Produzione Teatro Stabile Catania in collaborazione con Teatro Metropopolare
Palazzo Platamone Catania - Rassegna Evasioni 2021- 8-18 luglio 2021

Foto di Antonio Parrinello