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L'enorme palco troneggia alla vista, appena all'ingresso del cortile del Palazzo dell'Arsenale: una bocca aperta spalancata, pronta a raccontare una storia e a fagocitarci nel suo mondo.

Non ci sono gli usuali allestimenti pantagruelici dell'opera, ma non ne sentiremo la mancanza durante lo spettacolo. Forse per eccesso di sentimentalismo, apprezziamo sorridendo gli uccellini del cortile che rispondono con il proprio canto alla musica dell'orchestra. E la luce del tramonto e della notte che si modulano sostenendo l'evolversi della trama.
L'orchestra è sullo stesso livello del pubblico, siamo a pochi metri di distanza, vediamo bene le mani e gli occhi dei musicisti, è un privilegio. Quando la musica inizia, sembra che un gigante si sia sollevato dalla terra accanto a noi pubblico, per raccoglierci nel palmo della sua mano e portarci attraverso il vento, con il cuore che palpita. Ma è una falsa partenza. Puccini in persona (l'attore Yuri D'Agostino) entra in scena e si fa narratore, mediatore e commentatore di questa versione dell'opera, ridotta alle parti essenziali del dramma centrale: una donna innamorata, sfruttata per piacere e abbandonata per cinismo.
Pinkerton è l'uomo americano, che persegue solo il proprio piacere, superficiale, irresponsabile, e che vuole solo divertirsi in Giappone prima di sposare una vera Americana. Madama Butterfly è la geisha, che lo ama, crede alle sue parole, spera nel suo amore. Per lei Puccini compone il tema delicato dai toni soprano più alti, per elevarla al biancore lunare che lei invoca, alla speranza bianca, di quella nave bianca che ella attende per essere portata in America.
Amore guida e scendono drappi rossi sulla scena, vele che si gonfiano di passione e che si riversano sulle teste come struggenti, dolcissime, spade di Damocle.
Al richiamo d'amore Butterfly non può dire di no, obbedisce, qualunque cosa costi, perché Butterfly non sa bluffare, come fa invece lui, Pinkerton. "Quale uomo non vorrebbe essere amato dalle mie donne?" dice Puccini in scena. Eppure qualcuno c'è. Pinkerton dice "Vieni", nel duetto, e pensa solo a portarla a letto e lei gli risponde, tutta l'orchestra è con lei, ma risponde: vogliatemi bene, un bene piccolino, quale a me si conviene. In fondo al suo cuore lei lo sa che cosa meriterebbe e sa che invece dall'altra parte dell'oceano le farfalle vengono inchiodate in collezioni, per puro piacere, ma fa finta di non saperlo, non ci vuole pensare, ubriacata dalle parole di lui. La storia entra nel vivo, e il vento, in armonioso accordo, sbuffa un alito più forte. I drappi pendenti si agitano colpiti dalle luci di scena blu e rosse, spiriti, anime vibranti, stendardi d'amore.
Peccato per gli inciampi nel vestito della soprano che interpreta la Butterfly: sembra ostacolata nelle innumerevoli risalite dalla posizione in ginocchio e purtroppo per delle frazioni di secondo ci preoccupiamo più per la cantante che per la geisha.
Per la seconda ora di spettacolo, sul palco sorgono quattro grandi pannelli pittorici con immagini di geishe: giallo, blu, rosso, bianco, sono elementi minimalistici ma il Giappone è lì, sotto i nostri occhi.
Pinkerton, ottenuto il divertimento che voleva, ha abbandonato Madama Butterfly, che invece ancora ci crede alle bugie che le sono state sussurrate all'orecchio. È buio denso ora, scendiamo nei toni più cupi, le tele penzolano come brandelli di vele di navi fantasma. Come è fantasma quella nave bianca di Pinkerton che non torna mai.
Il momento più sublime di tutta l'opera è il famoso coro a bocca chiusa, l'ultima speranza di un'anima tormentata che vuole ancora credere alla luce. Ma come Puccini aveva una soprano in ogni teatro, Pinkerton una moglie americana c'è l ha già adesso, non c'è spazio per Butterfly e lei dovrà eroicamente, dignitosamente, dolorosamente, prenderne atto.
Lo spettacolo, con alternanza di parti recitate e cantate, ha anche un intento divulgativo, esplicativo, un po' populistico ma ben congegnato e fruibile, per niente scolastico. Anzi, Puccini in scena non è pedante né didascalico, è viscerale, parteggia, offende, sostiene i personaggi che lui stesso ha inventato. Si parla alla pancia del pubblico, alle vibrazioni emotive più che intellettuali e il risultato è efficace. Tutto sommato non è una lezione di musica ma uno spettacolo per il pubblico. Forse risulta un po' troppo svelato l'ammiccamento finale, diretto, al pubblico: "bisogna avere cura dell'amore delle donne perché è la cosa più importante che abbiamo".
Petali di fiori e luce rossa calano sul finale, che si chiude d'un colpo, con la fine di Butterfly: quando si smette di amare, finisce tutto.