In un pomeriggio di caldo torrido a Torino, ho cercato sollievo andando al Teatro Gobetti ad ascoltare Domenico Castaldo e Fernando Mastropasqua, che hanno chiacchierato
con delicatezza e arguzia sul "potere risanante dell'arte", con la coordinazione di Gian Luca Favetto.
Castaldo, attore regista cantautore, pulsante e nervino, porta l'innovazione, le filosofie orientali, il corpo della voce e la voce del corpo, innervato di domande che trovano nel fallimento il necessario motore immobile per continuare a cercare. Mastropasqua, professore di Storia del teatro presso le Università di Pisa, Trento e Torino, saggio, placido, porta la storia del teatro, la conoscenza dell'antica filosofia occidentale, l'uso sapiente delle parole che illuminano i concetti, la solidità delle risposte. Che meraviglioso duetto!
Domenico Castaldo è ideatore e interprete de “L’arte del vivere e del morire”, spettacolo in scena dal 20 al 22 luglio al Gobetti, in cui si interroga su questo potere dell’arte e sull’esistenza umana, ma, dice, sono argomenti talmente complessi che è difficile parlarne, perciò: si canta.
È difficile tracciare i confini sottili di cosa sia propriamente teatro e cosa non lo sia, posso solo dire che all'ascolto del canto portato in scena da Domenico Castaldo, la mia anima ha trovato pace. Qualcosa nel corpo si è riallineato, onde increspate si sono armonizzate. Ho lasciato andare qualcosa e ho trovato qualcos'altro.
Domenico Castaldo mette in scena, in definitiva, un coro. E nell'antica Grecia il coro aveva il compito di porre la domanda. Nella mia esperienza, per restare nella pratica che propone Castaldo, quell'atto stesso, necessario, di porre la domanda (a cui si fallirà sempre nel trovare la risposta) è sanatorio.
"Il teatro aiuta ad affrontare il problema che noi esistiamo nonostante non abbia senso esistere.
Arte è il primo sguardo con cui guardiamo il mondo. La ricerca è avvicinarsi a quel primo sguardo che per noi è nebbia indistinta e che invece emana presenze. Il teatro le fa rivivere in scena."
