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Quando Genova torna, per un po' e in piccolo, ad essere quello che in fondo è sempre stata nel profondo, un emporio di merci e soprattutto di vite raminghe per il Mediterraneo e, qualche volta, anche oltre il 'nostro' mare. Questo è per la nostra città Suq, l'associazione fondata da Carla Peirolero e da Valentina Arcuri, ed il suo Festival che giunto alla 23^ edizione si è anche quest'anno installato nel cuore del suo Porto Antico, rinato tra le mani di Renzo Piano, dal 27 Agosto al 5 Settembre, con i suoi colori, i suoi sapori e soprattutto i suoi aromi speziati che sanno di Africa e di Asia e che per secoli hanno riempito le banchine delle merci varie per poi partire verso le loro finali destinazioni. Un micromondo ora, ora che tante cose sono cambiate e che chi si affaccia ai vicoli della città antica, così orientale e chiusa nella sua

bellezza, non sono più mercanti ma persone alla ricerca di un futuro altrove negato. Quando Genova era ancora 'superba' le moschee accoglievano i fedeli d'oltremare, adesso la diffidenza e la paura sembrano alla fine sempre prevalere.
Una piccola crepa nell'indifferenza dunque, la possibilità donata alla città di un dialogo con le sue viscere ed i suoi spesso sconosciuti abitatori, e poi il recupero di una cultura che nel sincretismo nutriva la sua forza e anche la sua lingua, così piena di influssi arabi e orientali da diventare quasi lingua franca di un mare sempre più piccolo.
Un simbolo che può ancora crescere, una piazza ed il suo mercato con quaranta botteghe artigianali, ristoranti etnici e punti di incontro curati dalle associazioni umanitarie che in particolare si occupano di migranti.
Una decina di giorni di eventi ne caratterizzeranno l'edizione di quest'anno, tra questi, sette spettacoli teatrali che si inquadrano nelle tematiche più care al festival ma sanno, anche questa volta, andare oltre. Il “teatro del Dialogo” è infatti l'esergo della rassegna del 2021. Si è cominciato con:

IL MIO CANTO LIBERO
Un progetto teatrale, così si definsce, di Paola Bigatto che non poteva mancare nell'ambito delle celebrazioni dantesche, tutto giocato sul doppio significato di canto, tra Divina Comedia e fantasie musicali. Un Dante Alighieri dissociato e fatto a pezzi, ma con il rispetto che merita per avere saputo fare del suo essere pellegrino la metafora di una riconquista, della vita e dell'amore, e di aver fatto sì che ciascuno di noi ne possa, ora come allora, esserne partecipe. Un Dante sperimentato in altre lingue e dialetti che paradossalmente invece di perderlo sono sembrate conquistarlo e anche renderlo più forte nella nostra percezione, mentre si perdeva in sonorità attraenti e ricche di suggestioni. È questo in fondo ciò che continua a “muover il sol con le altre stelle”. Saper navigare con ironia tra le rime e le parole che ancor oggi costituiscono gran parte del nostro patrimonio linguistico, espressivo e simbolico, è il merito di uno spettacolo arricchito dalla chitarra di Marco Cravero e dalla bella e inusuale voce di Esmeralda Sciascia e che si libera alla sua conclusione, con il “Mio Canto Libero” di Lucio Battisti, dal rischio di ogni retorica.
Con Paola Bigatto, Enrico Campanati, Carla Peirolero e con la partecipazione di Abderrahim El Hadiri, Alberto Lasso, Bianca Podestà. Regia Enrico Campanati, assistente alla regia Alberto Lasso, allestimento scenico Arianna Sortino. Produzione Compagnia del Suq con il patrocinio della Società Dante Alighieri.