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Prendi “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, lasciati affascinare dalla versione cinematografica di Luchino Visconti, dai in pasto tutto ciò alla più brava compagnia di drag queen in circolazione e ne viene fuori “Le Gattoparde”, in scena al Teatro Carcano di Milano (corso di Porta Romana , 63) fino al 24 ottobre. Se scatta ogni sorta di pregiudizio artistico, è bene fare una premessa fondamentale. I drag show sono sempre stati un capolavoro di spettacolo tra il folkloristico e l’attivismo, più per propugnare le sacrosante libertà di essere e amare che per fare vera arte. E nessuno se l’attendeva d’altra parte. Trucco e parrucco, playback di Mina e della Carrà e naturalmente abiti femminili esuberanti en travesti sono sempre stati gli ingredienti irrinunciabili. Poi sono arrivate le Nina’s Drag Queen. La

questione è cambiata radicalmente perché si tratta di attori veri dal grande talento comico, ma con spiccate doti nelle parti riflessive se non tragiche oltre a un innegabile senso dell’atmosfera e della scenografia.
Non sono certo nuove dei palcoscenici nazionali né tantomeno del milanese Carcano, ma con “Le Gattoparde” riescono a costruire un affresco sfaccettato e unico. C’è Tomasina (l’alias di Tomasi di Lampedusa) che non si decide a pubblicare il suo romanzo storico e si imbuca a una festa per parlarne insieme alla sua agente letteraria improbabile proprio con le editrici. C’è la storia d’amore del mondo che fu con il nuovo che avanza, c’è il gruppo delle Giubbe Rosse capitanate da Raffaella (Carrà, ça va sans dire)  per portare a libertà dai vecchi costumi, c’è l’evoluzione di un’anima semplice che accompagna l’amica a un provino e che scala la vetta senza remore morali.
Si canta, si balla, si ancheggia sui tacchi e si ride moltissimo grazie a un testo salace e strutturato, che fa del calembour il piede di porco per aprire mondi comici inattesi. La riflessione seria, anzi serissima, è il sottotesto più evidente e riesce a conquistarsi spazio in modo naturale e fluido, riannodando i vari piani narrativi.
Difficile riconoscere chi spicchi maggiormente. Alessio Calciolari, Gianluca Di Lauro, Sax Nicosia, Lorenzo Piccolo, Ulisse Romanò (che ne è anche il regista) funzionano di alchemica magia, costruendo un intarsio di ruoli e stili in cui ognuno ha il suo spazio. Perché il talento è niente senza la lacca (cit.).

Foto Matteo Colombo