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“Pupo di zucchero. La festa dei morti” lo spettacolo di Emma Dante che ha debuttato questa estate a Pompei e ha aperto la stagione 21/22 del Teatro Biondo di Palermo (in sala grande dal 7 al 17 ottobre) è uno spettacolo che, pur senza afferrare le viscere, riesce a emozionare e sedurre. Si tratta di un lavoro le cui qualità maggiori sono equilibrio e leggerezza. Per il testo, in un comprensibile e piano dialetto napoletano, la regista s’è lasciata ispirare ancora una volta dal “Cunto de li cunti” di Gianbattista Basile (1636), ed è un’occorrenza su cui si dovrebbe meglio riflettere criticamente: vero è che quel “pozzo delle meraviglie” di letteratura e cultura popolare che il “Pentamerone” di Basile può corrispondere perfettamente alle esigenze teatrali e al mondo poetico di questa artista, ma è anche vero che questa cosa non può che nascere in un dialogo profondo e che certo non si tratta di un semplice utilizzo. Sulla scena ci sono Carmine Maringola, Tiebeu Marc-Henry Brissy Ghadout, Sandro

Maria Campagna, Martina Caracappa, Federica Greco, Giuseppe Lino, Valter Sarzi Sartori, Maria Sgro, Stephanie Taillandier, Nancy Trabona. Le luci sono realizzate da Cristian Zucaro e sono importanti perché ciò che accade sembra stagliarsi alla vista del pubblico in un gioco sapiente - e ovviamente metaforico - di luce/colori e oscurità. Della stessa regista sono anche i costumi. d’impronta mediterranea ma non particolarmente elaborati. e la scelta delle musiche (bellissime) di Ezio Bosso. Notevoli sono infine, nell’economia complessiva dello spettacolo, le sculture/mummie di Cesare Inzerillo: è lo scandalo della morte che si fa presenza concreta e spudorata e sembrano alludere ad un elemento quasi iconografico, e comunque molto comune, dell’immaginario palermitano. Equilibrio, si diceva, e leggerezza. Un uomo, anziano, decrepito, solo, “nzenziglio e spetacchiato”, vive l’estrema età della sua vita in compagnia dei tanti morti della famiglia. La notte della festa dei morti, tra l’1 e il 2 di novembre, le finestre sono aperte e questa compagnia eterea e concretissima si fa presente e viva: voci e danze, salti e pugni, urla di rabbia, violenza e impotenza e grida di dolore e bisbigli amorosi e giochi di bambine e risate di ragazze. Tutto vivo e tutto trapassato, ma insieme, contemporaneamente, tutto da celebrare con la preparazione di un tradizionale e colorato “pupo di zucchero”. Una compagnia straordinaria, festiva, che si anima nei ricordi, spesso dolorosi: la durezza della povertà, la concreta fatica del lavoro, la violenza domestica e quella sulle donne, i sogni traditi, gli amori che non si rompono mai e quelli avvelenati. Una presenza magica e un’offerta votiva che non sono impastate di tristezza, di angoscia e lutto, ma di amore tenero, allegro a tratti, di affettuosa leggerezza, di saggia consapevolezza che ad ogni passo morte e vita sono agganciate insieme e insieme si dispiegano. In questo contesto, quella cosa che abbiamo chiamato “equilibrio” non significa tanto, o soltanto, capacità di mettere in armonia gli elementi formali (danza, testo, recitazione, movimento singolare e d’insieme nello spazio scenico) e quelli contenutistici dello spettacolo, ma al contrario capacità di utilizzarli tutti, senza riserve e senza pudori, e di conservarne persino durezza e violenza, avendoli assunti però – ecco il cuore dell’operazione - in uno sguardo adulto, colto, risolto, ironicamente affettuoso, sul senso della vita, dei rapporti umani e financo della storia. La vita che esplode insomma, la vita e la morte insieme nel dipanarsi delle esistenze, la morte infine che si svela in un salto o in un passo di danza appena più deciso, in un lenzuolo che volteggia inquieto, in una risata appena più forte, in un impercettibile fermarsi dei corpi che trapassano in statue funebri. Equilibrio e leggerezza, il linguaggio e la cifra stilistica restano quelli consueti e conosciuti, ma si modificano ed evolvono dall’interno. Soltanto l’eccessiva sicurezza della mano della regista/artefice potrebbe infrangere questo incanto. Non accade, ma il rischio c’è e talvolta si avverte.

"Pupo di zucchero - La festa dei morti". Con Carmine Maringola, Tiebeu Marc-Henry Brissy Ghadout, Sandro Maria Campagna, Martina Caracappa, Federica Greco, Giuseppe Lino, Valter Sarzi Sartori, Maria Sgro, Stephanie Taillandier, Nancy Trabona. Coprodotto da Teatro Biondo, Teatro di Napoli, Scène National Châteauvallon-Liberté, ExtraPôle Provence-Alpes-Côte d’Azur, La Criée Théâtre National de Marseille, Festival d’Avignon, Anthéa Antipolis Théâtre d’Antibes e Carnezzeria. Liberamente ispirato a “Lo cunto de li cunti” di Gianbattista Basile.

Foto Ivan Nocera.