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Dopo un anno di sospensione, ma comunque di proficuo attraversamento dei nuovi media in una piazza virtuale arricchitasi di rinnovate suggestioni, tornare in presenza è per questo Festival d'autunno, che da dodici anni Teatro Akropolis costruisce con passione, un ritrovare le fonti vive della propria ispirazione, i segni vitali di una propria legittimazione conquistata grazie ad uno sguardo talora eterodosso sul teatro e sulle sue diverse forme. Come abbiamo avuto modo di apprezzare nel tempo, Akropolis, con i suoi direttori artistici Clemente Tafuri e David Beronio, nasce e trova la sua ragione d'essere profonda nella indagine sulla scaturigine arcaica della rappresentazione, anche quando questa non è ancora teatro, prima cioè che niccianamente il ribollire dionisiaco si ribalti nelle

sue forme espressive e comunicative, la ragione apollinea dunque, a partire dalla tragedia antica. Una tale estetica e poetica informa anche questa edizione del festival che, nella sua, ormai, tradizione, ricerca nelle diverse espressività e creatività legate al palcoscenico, oltre ai generi e alle ripartizioni correnti, i segni di quella nascita e i germi della sua trasformazione in un movimento che ha attraversato i secoli fino a noi.
Non a caso Tafuri e Beronio dichiarano che quest'anno “più esplicitamente degli altri anni abbiamo scelto di dichiarare la riflessione che attraversa sempre le nostre proposte, ovvero quella sulla morte  intesa come componente vitale, non più come tabù ma come risorsa: la questione in un clima post pandemico ci è sembrata più urgente che mai”.
Dunque, in attesa che torni disponibile il loro spazio, il teatro Akropolis in ristrutturazione, per implementare ulteriormente questa ricerca in corso, dal 4 al 14 Novembre nei diversi spazi che la città, e in particolare il Teatro Nazionale di Genova, ha messo a disposizione, si alterneranno in  questo festival, che si avvale come nel passato della direzione organizzativa di Veronica Righetti, drammaturgia e danza, circo e performances, teatro di figura e proiezioni video, dibattiti e seminari, riportando tra l'altro a Genova la danza buto con alcuni dei suoi principali esponenti.
Ecco il diario dei primi tre giorni.

CALIGOLA-ASSOLO 1
Spettacolo intenso, artaudiano nella gestione e nell'utilizzo del corpo, come generatore di crudeltà che partorisce con grande fatica una parola contorta che rincorre sentimenti 'ineffabili' ma taglienti come un pugnale. È un attraversamento del “Caligola” di Camus accompagnato, quasi guide virgiliane, dalle suggestioni di Jan Fabre e di Pier Paolo Pasolini. Una tragedia della libertà che si trasforma in solitudine, una ricognizione della perdita e dell'assenza in cui si disperdono e bruciano i sentimenti e l'affettività, uniche ancore di salvezza cui potersi aggrappare ma che ci vengono sottratte. Bernardo Casertano costruisce dunque la sua drammaturgia a partire dal corpo, quasi a lacerarlo dolorosamente alla ricerca di un anima che le parole faticano a definire, deformandosi in sonorità contorte che assecondano i movimenti, anomali e innaturali, di un corpo ripiegato su sé stesso fino ad una inattesa e inattuale (quasi) liberazione finale. Un procedere contrapposto, tra un dialogo a due voci intinto in un dialetto aspro e il monologo che quasi ne scaturisce in una lingua  più classica nella sua apertura significante. Un lavoro che conferma le qualità non solo attoriali di Casertano che nel teatro trovano il campo giusto per esprimersi al meglio.
Di e con Bernardo Casertano. Luci e suono Chiara Saiella.
Alla Sala Mercato del Teatro Nazionale di Genova, sabato 6 novembre. Notevole la risposta del pubblico presente.

JUMP
Danza coreograficamente ripensata e posta al servizio di una dinamica scenica che si ispira al cinema muto e al circo. Danza come cadere e rialzarsi, scontro inavvertito di corpi che si definiscono l'uno rispetto all'altro creando un dialogo che in fondo è drammaturgia senza le parole, o meglio che le parole non dice ma incorpora come suggerimento e suggestione. Più che una metafora della condizione umana una sua rappresentazione concreta che assume verità dal teatro, quasi dalle stesse assi del palcoscenico, come in un moderno mito di Anteo. Un cadere e un rialzarsi  ritmico che produce così una continua ricerca di equilibrio, un procedere verso quella universale eutimia che i greci consideravano segno di una esistenza piena. Allontanarsi da ciò che ti ha generato in fondo è il destino dell'umanità. Buona la prova dei danzatori e dei performer che ne sono stati protagonisti.
Concept, coreografia, regia: Marta Bichisao, Vincenzo Schino | Performer: Samuel Nicola Fuscà, C. L. Grugher, Luca Piomponi, Simone Scibilia | Suono: Dario Salvagnini | Produzione: PinDoc, OPERA BIANCO | Coproduzione: Fondazione Royaumont (Parigi) | Progetto promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale | Sostegni e residenze artistiche: Teatro Cantiere Florida, c.u.r.a. Centro umbro di residenze artistiche/indisciplinarte, URA Residenze Teatrali Umbre, Masque teatro, Teatro La Cartiera / KO MM TA NZ 2019, L’arboreto Teatro Dimora e La Corte Ospitale – Centro di Residenza Emilia-Romagna, Teatro Petrella di Longiano, progetto CURA: Teatro Akropolis e Residenza I.DRA., Officine TSU.
Sempre alla Sala Mercato, Giovedì 4 novembre. Apprezzato.

PRAGMA. STUDIO SUL MITO DI DEMETRA
Il modo di fare teatro di Teatro Akropolis, che ha creato questa ulteriore tappa della sua ricerca espressiva, ricorda in un certo qual modo quella dello scultore che nella materia informe, nella pietra, immagina la forma della sua creatura e per progressiva sottrazione la fa man mano e faticosamente emergere. Così, io credo, i due drammaturghi si pongono di fronte all'informe coagulo che dionisicamente sta prima e alle soglie della espressione drammatica, non per elaborarla ma bensì per farne emergere un senso, per ricercare e mostrare quell'energia che alimenta il teatro prima che questa diventi teatro in senso classico e compiuto. Pertanto su una scena in cui domina l'oscurità ecco che appaiono improvvisamente contorni che ricordano grandi gruppi marmorei, dall'antico Laocoonte, alle creazioni michelangiolesche. Una ricerca la loro che si alimenta da anni delle elaborazioni nicciane approfondite da Colli e Kerènyi e che nel suo peregrinare ha incontrato il teatro, purtroppo dimenticato dai più, di Alessandro Fersen. Venuto dopo la “Trilogia su Friedrich Nietzche” e “Morte di Zarathustra”, questo spettacolo mostra i segni di una maggiore spontaneità, quasi che nel suo procedere l'approccio talora eccesivamente 'pensato' cominciasse a trovare una sua più efficace fluidità.
Regia: Clemente Tafuri, David Beronio | Con: Roberta Campi, Domenico Carnovale, Luca Donatiello, Giulia Franzone, Alessandro Romi | Produzione: Teatro Akropolis.
Alla Sala Mercato, venerdì 5 novembre. Una sala piena e molti applausi.