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Si prova quasi una benevola rabbia nel vedere quanto bene funzioni il meccanismo scenico, di sconcertate e meta-teatrale semplicità, tramite il quale Emiliano Pelisari nello spettacolo Fellini Dream riesce quasi ad “annullare la gravità” e a far “volare” i suoi attori: uno specchio largo quanto il palcoscenico e posto sopra di esso con una giusta inclinazione e, a parte l’impegno di attori e danzatori, poco altro. Gli attori non “volano” affatto, ma agiscono e interagiscono, recitano, dialogano, appaiono e scompaiono da terra e per terra, rispecchiandosi su quello specchio in modo da dar l’impressione al pubblico d’essere sospesi e volteggiare sulla scena senza essere legati ad alcuna forza di gravità: anime inquiete, figure impalpabili e misteriose, colori e suoni che si inseguono, tutto imbevuto della poesia dell’immaginario (visivo, sonoro, linguistico, concettuale) felliniano. Il soggetto di questo spettacolo Pelisari lo ricava, con una buona dose di libertà, dal “Viaggio di G. Mastorna, detto Fernet" di

Federico Fellini: una sceneggiatura che il grande maestro del cinema italiano non riuscì, o forse non volle (per superstizione), mai tradurre in film. In scena ci sono Graziano Piazza e Viola Graziosi i quali, semmai ce ne fosse bisogno, confermano ancora una volta il loro talento solido, versatile, curioso, divertito, Martina Consolo e i danzatori acrobati della compagnia romana NoGravity: Mariana Porceddu (che firma le coreografie), Giada Inserra, Lara Di Nallo, Lea Giamattei, Lorenzo Covello. Si tratta di uno spettacolo di poetica leggerezza e di raffinata icasticità. Pelisari traduce al femminile e colloca in un contesto clownesco, circense e a suo modo metafisico la vicenda di Giuseppe Mastorna: una metafora, a sfondo filosofico, volta a interpretare e rendere poeticamente il mistero della morte nella vita. Ed è proprio nella resa scenica di tale metafora che si trovano, in rapporto dialettico, la qualità maggiore e il limite più visibile di questo spettacolo, ovvero l’ostinazione a esplorare e comprendere il mistero della morte, intesa come viaggio e soglia, e il limite dell’eccedere nell’uso del tempo per illuminare un contenuto filosofico che, una volta svelato ed enunciato, immediatamente colloca in un territorio d’inutilità sostanziale ciò che non è funzionale a esprimerlo o che, semplicemente, lo ribadisce. La morte è il viaggio estremo che dà senso al viaggio della vita, che lo illumina, preservandone tuttavia il mistero: un viaggio che certo necessita di spazio narrativo e drammaturgico per essere espresso, ma che nello spettacolo a un certo punto sembra girare a vuoto. Con più semplicità si può dire che, complessivamente, si tratta di uno spettacolo gradevole, capace di catturare l’attenzione, la fantasia del pubblico e di suscitarne l’intelligenza interpretante ma, allo stesso tempo di durata eccessiva, specialmente se rapportata alla sua evidente dimensione di apologo filosofico. Visto a Palermo, nella sala Grande del Teatro Biondo l’11 dicembre 2021.

Palermo, Teatro Biondo Sala Grande, dal 7 al 12 dicembre.  Spettacolo scritto e diretto da Emiliano Pellisari, con Graziano Piazza, Viola Graziosi e Martina Consolo. Danzatori acrobati Mariana Porceddu, Giada Inserra, Lara Di Nallo, Lea Giamattei, Lorenzo Covello. Scene, luci e costumi di Emiliano Pellisari, coreografie e music design di Mariana Porceddu, scenografie di Marco Visone, concept art Bato. Produzione Teatro Biondo Palermo in collaborazione con la Compagnia NoGravity. Crediti fotografici: NoGravity.