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Lettera aperta alla città in risposta agli articoli "Rinascimento Teatro…”  Christian Raimo del 26 marzo 2022 e “Limbo, esilio o macerie...”  Paolo Di Paolo del 3 aprile 2022

 
In una fredda ma assolata domenica mattina di inizio aprile, sfogliando le pagine del quotidiano nazionale La Repubblica, faccio una scoperta sorprendente: grazie ad un articolo del giornalista e scrittore Paolo Di Paolo, scopro che l’Argot, spazio teatrale multidisciplinare che rappresento pubblicamente dal 2008, insieme al mio collega Francesco Frangipane, in qualità di direttore artistico «non fa programmazione».
 
Eppure…

Eppure, proprio la sera prima, insieme ad altre 50 persone, ho assistito a un evento unico e irripetibile ovvero la messa a nudo di un attore unico e carismatico qual è Filippo Timi, che ha scelto il nostro piccolo teatro per aprire una serie esperimenti di dialogo con pubblico.
 
Devo ringraziare sia Paolo Di Paolo sia Christian Raimo per questa scoperta. Li devo ringraziare per aver destato in me molte riflessioni e pensieri, ma soprattutto una rabbia sopita che pensavo appartenesse ormai al passato. Spesso la maggior parte degli operatori culturali e direttori artistici che lavorano a Roma preferisce sopportare in silenzio lo stato di abbandono e di decadenza di cui questa città soffre eternamente. Nei recenti articoli, pubblicati sul quotidiano La Repubblica, si tenta di restituire due ritratti del teatro romano, luci e ombre, in modo del tutto parziale e inesatto.
 
Il primo articolo vorrebbe celebrare un presunto Rinascimento romano, che attraversa una serie di esperienze in cui colleghe e colleghi combattono ogni giorno per riuscire a portare avanti il loro lavoro in una comunità teatrale già da molti anni frammentata e polverizzata. E qui Raimo cade in errore perché tenta di tracciare il ritratto di un rinascimento stentato e parziale che riguarda solo una piccola parte della moltitudine di artisti ed artiste della scena romana. Gli esempi citati sono come sempre quelli a lui più cari e conosciuti, che si tengono stretti, da anni, sempre nello stesso abbraccio e nel riflesso dei loro stessi occhi, riconoscendosi tra pochi intimi. Per carità, niente di sbagliato nel voler difendere gli amici e le amiche, ma in questo modo, come sempre, nel voler far risplendere pochi esempi positivi si finisce per lasciare nel buio e nell’oscurità molte altre realtà valide. Il suo tentativo suona particolarmente stonato e incompleto proprio perché esce alla vigilia della giornata mondiale che celebra proprio il Teatro, una festa mai decollata di cui — mi pare — la maggior parte degli italiani nemmeno si accorge.
 
Nel secondo articolo replica di Paolo Di Paolo, il quale si lancia in un'invettiva per ribadire che c’è ben poco da festeggiare: in questo secondo ritratto, che più che a un quadro rinascimentale della primavera botticelliana cerca di assomigliare ad una guernica di Picasso, il giornalista e scrittore produce la cronaca di una capitale romana smembrata dei suoi spazi di eccellenza, disabitata da artisti di merito e destinata ad un crepuscolo senza rimedio se la politica locale, ancora una volta, dimostrerà il suo ormai palese disinteresse per la difesa delle arti sceniche.
 
Fino a qui difficile controbattere alla parole di Di Paolo, non fosse per alcune piccole ed esagerate incongruenze che come al solito vengono spiattellate in un poco decoroso elenco di nomi, di cui ormai quasi nessuno si cura.
 
Capita però a volte che qualcuno degli interessati trovi il proprio nome in una di queste liste, ed ecco che quel piccolo e quasi insignificante spazio di cinque battute assume tutta un’altra dimensione per il lettore: il pezzo infatti cita tra i vari luoghi delle “macerie” anche il teatro Argot Studio, Ecco allora che i rari lettori di questa lettera / comunicato potranno capire come mi sono sentito in quel momento, quando ho letto che Argot “non fa programmazione”.
 
Eppure…
 
Eppure il teatro Argot fa programmazione…eppure io non sono ancora morto! Ho 36 anni e sono qui a scrivere queste parole e a raccontare al sig. Di Paolo e a tutti gli amici benpensanti e male informati che se ancora oggi vogliono definirsi “giornalisti” dovrebbero prima documentarsi in modo corretto, per non rischiare di dare false informazioni e destare la rabbia e il disprezzo di quelle stesse persone, di quegli stessi artisti con “il culo a terra” che vorrebbero aiutare.
 
Per dovere di cronaca ricordo a Di Paolo (che almeno non ha omesso l’Argot nel suo lungo elenco) e a Raimo che il nostro piccolo minuto spazio trasteverino è rimasto aperto e attivo da oltre 35 anni. Siamo riusciti a sopravvivere anche a due anni di pandemia e ciò è potuto accadere solo grazie al contributo di ogni persona, spettatore o artista o operatore, che ogni giorno lo abita con la propria necessità. Scrivo queste parole quando dall’inizio dell’anno 2022 sono stati programmati eventi che hanno registrato la sala piena di pubblico tutte le sere, portando in scena nomi di artisti e artiste non proprio sconosciuti: Linda Caridi - Giampiero Iudica, Lucrezia Lante della Rovere, Francesco Zecca. Per quasi un mese abbiamo tenuto in programmazione l’evento VR di Elio Germano in esclusiva, anche quello pieno tutte le sere di persone. L’unica sala a Roma ad essere dotata di un sistema digitale all’avanguardia e innovativo per la fruizione dello spettacolo, che ha investito di tasca sua per dotarsi della tecnologia necessaria, proprio nel periodo più nero della pandemia.  Ogni giorno il nostro staff, tutto under 35, lavora per ospitare laboratori e workshop e residenze artistiche.
 
Come compagnia di produzione, Argot nei due anni di Covid insieme a Frangipane e a Pier Francesco Pisani ha prodotto, ospitato e distribuito una decina di nuovi spettacoli che sono attualmente in distribuzione nei teatri nazionali e che portano sui cartelloni i nomi di Isabella Ragonese, Lucia Calamaro, Chiara Francini, Chiara Lagani / Fanny Alexander, Luigi Diberti, Vanessa Scalera, Anna Bonaiuto, Adriano Pantaleo, Lodo Guenzi, Nicola Borghesi, Margherita Vicario, l’Orchestra Multietnica di Arezzo, Ottavia Piccolo, insieme ad artisti meno noti perché ancora molto giovani come Alessandro Sesti, Marco Valerio e Michele Enrico Montesano. E insieme a loro decine e decine di maestranze, professionisti che ogni giorno si alzano come qualsiasi altro lavoratore o lavoratrice in Italia per fare questo mestiere. Perché questo lo abbiamo imparato dalle precedenti generazioni: che anche un atto artistico o creativo richiede impegno e sacrificio e che va coltivato e organizzato. Che il teatro è un mestiere come un altro, che richiede dedizione e dignità.
 
La nostra scelta, forse poco ortodossa, è stata quella di non lanciare un "cartellone" teatrale, una stagione convenzionale, perché l’estrema incertezza dettata dal Covid non consentiva a nessuno spazio di poter programmare con sicurezza. Per questo, essendo Argot un luogo di sperimentazione e di innovazione, abbiamo scelto di comunicare gli eventi mese per mese, fronteggiando la scarsezza di mezzi e di risorse che ha colpito la quasi totalità del settore. Per questo abbiamo intitolato questo progetto Cortocircuito - prove di collaudo al Teatro Argot Studio e il nostro comunicato stampa di ottobre 2021 recitava “questa non è una stagione teatrale”. Un'evidente provocazione per lettori e giornalisti poco attenti, poco flessibili e poco adatti al cambiamento.

Roma, 4 aprile 2022
Tiziano Panici
direttore artistico di Argot Studio
regista, interprete e operatore culturale

































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