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Le vite che, nel corso della nostra vita, con essa si intersecano direttamente non sono numerose, pertanto molto del mondo e dell'umanità rimane, se non sconosciuto, almeno lontano e sfocato al nostro sguardo, quello del cuore e della mente, necessariamente miope. È questa la suggestione che ha indotto il drammaturgo francese Pascal Rambert a cercare di ritrovare attraverso il teatro qualcuna di queste vite perdute, cercando in esse ciò che le rende comuni e possibilmente condivise, icastiche ombre platoniche del mondo che ci circonda come l'oscura caverna. Ma non solo, volendo anche metterle a disposizione, sempre attraverso il teatro, quasi piccoli segnali, sassolini incerti dei nostri molti (dentro e fuori) Pollicino, per un percorso che almeno tentasse di portarci fuori, un po' oltre i rigidi confini che la casualità/causalità del mondo assegna ad ogni singola e singolare esistenza. Così scrive Pascal Rambert: “in realtà, ho pensato: ci sono molte storie che non sento, molte vite, molti corpi che mi mancano, molte storie che non posso raccontare perché non vado nei luoghi dove queste storie hanno luogo.” Il teatro può essere questo luogo comune, e proprio dentro questa idea nasce

8Ensemble spettacolo/progetto che ha raccolto tantissime testimonianze, ne ha selezionate otto e le ha trasformate destinandole al palcoscenico.
È infatti, quello di Rambert, un teatro in cui la parola è performativa, nel senso che nasce innanzitutto da un corpo in scena con cui si confronta e a questo corpo si predispone e adatta come una coreografia fatta di suoni e di significati che in esso corpo hanno radice di senso e nella parola l'orizzonte dell'espressione.
Otto giovani protagonisti si alternano così ed esprimono (con il corpo e i suoi gesti concreti) raccontandola (con le parole drammaturgiche) una storia, la loro storia.
Alla fine abbandonano quella ribalta abbracciando a lungo e con forza chi è destinato a seguirli, ad indicare, io credo, che quelle vite, come tutte le vite, sono gli anelli di una catena che conforma di sé il nostro mondo, in quel tempo che ci è dato, e dalla quale tutti attingiamo un significato collettivo e condiviso. La Storia e le nostre storie.
Uno spettacolo interessante, in lingua con soprattitoli in italiano, la cui traduzione è anch'essa il frutto di un lavoro condiviso, quello degli studenti del Dipartimento di Forlì della Università di Bologna coordinati e supervisionati da Chiara Elefante.
Al Teatro Rasi di Ravenna, nell'ambito di “Polis teatro Festival”, l'interessante rassegna curata con notevole tenacia, visto i tempi non semplici, dalla Compagnia ErosAntEros, il 6 maggio.
Testo e regia Pascal Rambert, con Souad Arsane, Sekhou Drame, Felipe Fonseca Nobre, Yuming Hey, Liora Jaccottet, Jisca Kalvanda, Mouradi M’Chinda e Marie Rochand. Produzione structure production in coproduzione con Adami, Festival d’Automne à Paris e in collaborazione con Atelier de Paris / CDCN.
Spettacolo in francese con soprattitoli, realizzati da Margherita Barbieri, Federica Bugnoli, Martina Buresta, Alessia D’Urso, Irene De Angelis, Alexandra Dunckova, Elisa Fagnani, Giulia Falsanisi, Chiara Filippeschi, Matilde Liverani, Beatrice Marra, Alessandra Pierantoni, Elena Pratesi, Sara Ronconi, Federica Salvadè con la supervisione della Prof.ssa Chiara Elefante, Università di Bologna – Dipartimento di Interpretazione e Traduzione.

Foto Antoine Legond
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