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Un sogno impossibile che con cazzimma – furbizia, scaltrezza – e arraggia – ostinazione, impeto – si tramuta in realtà, proiettando una squadra – e la sua città – nell’Olimpo del calcio internazionale. Una sorta di orgogliosa e impertinente rivincita da parte di una squadra ognora in procinto di vincere e sistematicamente frustrata nelle proprie aspettative dalla maggiore disponibilità – finanziaria e strategica – dei grandi club del nord, in primo luogo l’”onnipotente” Juventus… Napoleone Zavatto e Fulvio Sacco – quest’ultimo anche in scena con Errico Liguori – ricostruiscono con solida e verosimile immaginazione le sofferte trattative che, nel 1984, portarono un attaccante che era già una leggenda, Diego Armando Maradona, a Napoli, inaugurando così quella che probabilmente fu l’era più eroica non solo del club partenopeo ma del capoluogo campano tutto.  Gli autori, troppo giovani (1988 Zavatto, 1987 Sacco) per avere memoria di quelle vicende, hanno a lungo intervistato l’allora presidente del Napoli Corrado Ferlaino, protagonista di quell’incredibile “affare”, traendone il materiale per la loro commedia, tutta concentrata nella stanza di un albergo di Barcellona dove Totonno, ex capitano della

squadra partenopea, e il collega Dino sono giunti al cinquantanovesimo giorno di una trattativa sfinente.  Fra sangria e immancabile macchinetta per il caffè, accomodati in mutande sulla poltrona in attesa della telefonata decisiva, i due riaggiustano e ricalibrano la propria strategia, incrociano telefonate con il Barcellona, club in cui allora militava Maradona, con il succitato Ferlaino ma pure con il concierge, nella duplice veste di “informatore” – nel loro stesso hotel alloggia anche la delegazione dell’acerrima rivale Juventus - e di dispensatore di servizi “speciali”.  
Totonno e Dino formano dunque una stralunata ma arguta coppia di “faccendieri” calcistici, cui gli autori attribuiscono carnale e poliedrica tridimensionalità, non accontentandosi del facile macchiettismo ma costruendo due personaggi sfaccettati, in cui l’intelligenza affaristica e la scaltrezza convivono con un’istintuale passione e con un quasi atavico desiderio di rivincita. Due uomini fragili – la timidezza nascosta dietro gli occhiali da sole, anche al telefono – e non immuni da meschine piccinerie ma che, proprio per questa posizione di svantaggio, conquistano un luminoso alone di eroicità nel momento in cui mettono a segno l’insperato colpo dell’acquisto di Maradona. Un riscatto personale, certo, e tuttavia correlativo individuale dell’analoga volontà di smentire e, appunto, di riscattare l’immagine di un’intera città, fino ad allora schiacciata dalle proprie stesse problematicità e ansiosa di mostrare all’esterno il proprio volto migliore.
Lo spettacolo di Zavatto e Sacco, interpretato con generosa e convinta adesione, trascorre così incalzante e percorso da intelligente leggerezza, regalando un’ora di sicuro divertimento ma ribadendo ancora una volta quanto serio sia il gioco del calcio, specchio e metafora dell’incessante sforzo richiesto al singolo così come a una comunità per realizzare pienamente sé stessi e affermare la propria identità più genuina.
 
Uno spettacolo di Fulvio Sacco, Napoleone Zavatto; con il coaching di Armando Pirozzi. Con Errico Liguori, Fulvio Sacco. Elementi scenici e costumi di Anna Verde. Assistente Umberto Salvato. Produzione esecutiva Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini; con il contributo di Mestieri del Palco e il sostegno di Teatro Nostos, Putéca Celidònia, cantiere sartoria del Teatro Sannazaro, pigrecoemme – Scuola di Cinema e Fotografia; una produzione improbabile di assemedianosocialclub

Visto allo Spazio Kairòs di Torino, il 21 maggio 2022, nell’ambito del Torino Fringe Festival

Foto Federico Passaro