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Credo che sia difficile incontrare e conoscere una famiglia, i De Meis, composta da persone tutte prese dal dèmone dell’arte, e non solo quella teatrale, quando lo è, ma anche quella del canto, della musica, delle arti figurative, della scrittura. Tutti i componenti di questo “pazzo” nucleo familiare sono convinti, poi, che il teatro assomma in sé tutti i linguaggi artistici, vale a dire: la drammaturgia scritta è una tecnica del teatro che “sfrutta” i materiali letterari; canti e musiche di scena sono tecniche provenienti dalla musica lirica, e da altri generi; scene e costumi sono anch’essi tecniche teatrali che dall’arte figurativa e dall’architettura rielaborano le loro espressioni,  e così via; raramente, poi, data la diversità di età, di esperienze, di ambienti frequentati, i De Meis riescono a unire le forze costituendo magari una compagnia regolare di produzioni teatrali: da ciò il loro scontrarsi frequente sul piano delle idee artistiche condotto del tutto, o quasi, teoricamente.
Pietro è il capofamiglia, marito di Elena, con la quale ha avuto un figlio, Diego, e due figlie, Eleonora, detta Nora, ed Elisabetta detta Betta. Pietro , sessantenne, riesce da regista, a volte anche da attore, a sbarcare il lunario, e così pure Elena, un poco più giovane, tra un concerto e l’altro, tra un coro e l’altro, riesce a guadagnare non pochissimo. Maggiori difficoltà ce l’hanno ovviamente i tre figli, di età compresa tra i venticinque e i trent’anni: Nora tenta di consolidare professionalmente le sue buone attitudini di costumista e scenografa, Betta scrive copioni teatrali e testi letterari, sicura di ottenere trionfi da imperatrice, e Diego, da parte sua, si dedica alla composizione musicale: partiture per le scene, esecuzione dal vivo col pianoforte, e varie attività legate strettamente al mondo musicale, sicuro, dice lui, di arrivare sui palcoscenici europei. Insomma una famiglia davvero eccentrica, un po’ stravagante, insomma “strana” quella dei De Meis!
Attorno a questo nucleo, si muovono altre figure, costituenti una larga gamma di varia umanità, di caratteri a volte quasi folli, di personalità spiccatamente originali, se non maniacali: familiari, amici, colleghi, per lo più “sperduti” nei vari quartieri della capitale d’Italia, che il lettore via via conoscerà con i miei successivi racconti. Come ogni famiglia che si rispetti ci sono i cari zii, con alcune intrusioni a volte seccanti; non mancano un paio di nonni, genitori sia di Pietro che di Elena. E poi qualche cugino memore dei bei tempi passati tutti assieme, negli anni felici e spensierati della prima giovinezza.
Direi che tutta la famiglia, con i suoi derivati, gli annessi e connessi, i “famili” più o meno stretti, eccetera eccetera, faccia parte dell’atavico modello familiare italiano, naturalmente caratterizzato da alcuni tratti tipici della postmodernità, ma soprattutto, molto più che nella stragrande maggioranza delle famiglie dell’italico Paese, contrassegnata dal pervicace, irrinunciabile, destinante desiderio di amare l’arte, di viverla in tutte le sue articolazioni di genere e di settore, costi quel che costi, fregandosene dei social, del web, delle comunicazioni di massa, ma anche, ob torto collo di trarne, se possibile, sostentamento materiale.
Potrei raccontare al lettore tempi e luoghi nei quali man mano ho fatto conoscenza dei De Meis, dei loro congiunti,  dei vari friends, dei parenti vicini e lontani, ma devo confessare di aver fatto saltare man mano fin quasi al tempo presente, ogni ponte che poteva collegarmi a loro: troppe stranezze, manìe, fissazioni, esasperazioni, per cui mi limito rapsodicamente a raccontare alcuni momenti, certi accadimenti particolari, un po’ assurdi, un poco anche a loro modo provocanti un minimo di empatia, altre volte imbarazzanti, scegliendo quindi una sostanziale rimozione di un passato rivisto nella sua interezza di eventi, relazioni, azioni e reazioni. Mi potreste chiedere: e allora perché ne vuoi scrivere, ne vuoi rammemorare alcuni fatti, eventi? Risponderei: perché vorrei fare un po’, spero almeno un po’, quello che fece l’antico filosofo scrittore Teofrasto: indicare nei “caratteri” delle persone dei punti di riferimento per orientarsi nella sterminata, ipotetica, immaginaria mappa dell’universale umanità! Solo qualche esemplare riferimento!
Naturalmente, trattandosi di persone che molti lettori possono aver conosciuto, nei miei flashes memoriali userò sempre degli pseudonimi, o nomi accorciati, o soprannomi molto comuni. Non per timore di qualsivoglia lamentela, minaccia o peggio denuncia penale, ma per il semplice fatto di evitare giudizi ironici, critiche urticanti, atteggiamenti di superiorità. Chi più chi meno, a   partire da chi scrive, nella vita sbaglia, è condizionato da fattori esterni incoercibili, o è molto sfortunato negli accadimenti individuali,, e spesso non si rende pienamente conto dei perché fa o non fa determinati errori, sia a danno suo, sia, ancor peggio, danneggiando gli altri.
Un’ultima cosa: chiedo ai miei cari, affezionati lettori, nel caso riconoscessero dietro qualche personaggio una persona conosciuta pubblicamente, specie del mondo dello spettacolo teatrale, delle arti, della letteratura, della musica, del cinema,  di non divulgare l’agnizione, teniamoci le notizie, le annotazioni curiose, tutte per noi. Grazie, e al prossimo incontro.