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Personalità schiva, pacata, elegante, gentile, Fabio Pisano è un giovane autore napoletano classe 1986 dalla formazione scientifica – laurea in scienze biotecnologiche -, e dalla penna prolifica che gli permette di ottenere alcuni premi. Dal “Premio Hystrio per le scritture di scena” al “Premio Fersen” “Salvatore Quasimodo”, Pisano è un drammaturgo che osserviamo da tempo per comprendere quale sia la strada che intraprenderà. Il titolo del suo volume, “Prossimità”, edito da Editoria & Spettacolo nel 2022, sembra descrivere la caratterizzazione della sua drammaturgia. Ottenere la pubblicazione di un volume che raccolga i propri testi, in questo caso quattro, è un obiettivo perseguito da molti autori e raggiunto dopo molto tempo; è bene quindi sottolineare che Pisano abbia avuto la fortuna di un’importante pubblicazione ottenuta attraverso una delle poche e più attive case editrici che oggi si occupano di editoria teatrale in Italia. Inoltre, dobbiamo sottolineare che i testi contenuti nel volume hanno debuttato da poco tempo e oggi appaiono frequentemente in scena. Nel caso de  “La macchia” ricordiamo, appunto, che ha debuttato il 30 giugno 2022 durante il Campania Teatro Festival ed è attualmente in tournée. Negli ultimi anni, dunque, la firma di Pisano ha vissuto un’accelerazione che gli ha permesso di essere conosciuto e riconosciuto, affermandosi all’interno della cerchia dei drammaturghi contemporanei. Ritorniamo sul titolo che nella quarta di copertina svela la sua natura, ossia l’approssimarsi a sensazioni ed emozioni che sembrano labili ed effimere, ma che in realtà lasciano il segno nello spettatore e soprattutto nel lettore. Questa drammaturgia, infatti, è caratterizzata da una testualità forte, ricchissima di elementi e molto curata, pensata da uno scrittore che scrive da autore e solo successivamente opera anche come regista. Pisano è un drammaturgo a tutti gli effetti che, come molti altri autori contemporanei, si veste di natura ibrida per lavorare dietro le quinte. In questo caso, però, non parliamo di un autore/attore, figura che dalla fine del Novecento in poi ha caratterizzato la nostra drammaturgia, soprattutto al Sud Italia, ma di un autore a tutto tondo che elabora e scrive per la scrittura e la lettura, pur tenendo conto inevitabilmente della messinscena. A dimostrazione di quanto detto è necessario sottolineare che alcuni testi contenuti all’interno di questo volume riportano sulla carta delle scelte importanti, adeguate ai tempi e alla nuova natura e alle molteplici funzioni assunte dalle didascalie nella drammaturgia contemporanea: le didascalie di due testi in particolare, “Hospes,-ĭtis” e “La macchia”, riportano riflessioni dell’autore, forme poetiche, costruzioni ossimoriche e chiasmiche, sembrano, cioè inserti di natura differente, che sulla scena sono percepiti solo in parte dallo spettatore e in forme innovative. Ciò dimostra che questo tipo di scrittura nasce da un autore che lavora principalmente sulla parola e per essa. Il volume comprende anche altri due testi, “Celeste” e “A.D.E. -A.lcesti D.i E.uripide”, e, in effetti, si presenta nella sua forma sintetica poiché non è corredato né di prefazione o di postfazione affidate alla firma di studiosi o di critici teatrali. L’autore, infatti, introduce il volume con le sue parole, descrivendo il percorso e il lavoro rivolto ai quattro testi, intitolando le pagine di apertura con la parola “Divertissement”, «un modo per raccontare questi scritti da cosa sono nati, da dove, e proverò persino a motivarne la loro esistenza», come afferma lo stesso Pisano.
La sua scrittura, così come il suo approccio al dialogo reale, sembrano caratterizzati da un binomio ossimorico, da un lato manifestano un certo timore e una certa umiltà, dall’altro una certa malizia che provoca il lettore e l’interlocutore alla reazione, affinché lo stesso autore possa capire quale strada intraprendere e perseguire. La stessa sensazione contrastante e binomiale emerge attraverso la lettura di questi testi e nel corso della visione degli spettacoli: ogni testo ha un filo conduttore che è la morte, elemento raccontato con una certa eleganza poetica, mai plateale ma con rispettosa delicatezza. Alcuni testi sono collocati in un periodo storico specifico, altri non hanno tempo, ma emerge costantemente un’attenzione “religiosa” nei confronti del sentimento, sia esso manifestato dai personaggi, sia quello custodito dall’autore, sia quello che si attiva nella mente dello spettatore e del lettore.
È evidente che il viaggio drammaturgico intrapreso da Pisano sia partito da una fortissima esigenza di manifestare, attraverso scrittura, un’urgenza intima che poi esplode spesso in forma d’arte; questo potrebbe far pensare ad una scrittura fortemente intimistica e, pertanto, ripetitiva e caratterizzata da contenuti personali e, pertanto, a volte, di difficile percezione da parte del pubblico.
Parliamo, invece, di una scrittura sintetica, figlia dei tempi, sintatticamente fluida, a volte frammentaria come la prosa e il romanzo contemporanei, ma pesata e pensata, priva di orpelli, di barocchismi o di coloriture retoriche, mirata alla riflessione in simbiosi con l’osservazione. Una drammaturgia, dunque, inevitabilmente legata alla lettura: chi osserva lo spettacolo potrà rileggere il testo estrapolandone innumerevoli spunti; chi legge prima di osservare lo spettacolo attiva, invece, una riflessione ante quem che si protrae e si arricchisce durante la visione dello spettacolo.
Bisognerà attendere ed osservare affinché emerga uno stile specifico e una direzione di percorso più precisa. Le premesse sembrano solide, ma spetta all’autore decidere e comunicare il suo viaggio attraverso scrittura e scena.

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Prossimità
Celeste. Hospes. Itis. A.D.E. A.lcest D.i E.uripide
di Fabio Pisani
Editoria&Spettacolo 2022
pagg. 278 € 18,00