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Una fantasia pompeiana, ovvero come e quando immaginazione e fantasia si sovrappongono alla realtà, non per annullarla ma bensì per svelarla, per rintracciarne il suo più profondo significare in noi e di noi, un significare che altrimenti mai intercetteremmo, ancor più ove parte di un coerente processo estetico e artistico. La realtà infatti talvolta distrae (da noi stessi) assai più della fantasia, e dei sogni che ne sono la notturna strutturazione interiore, e invece seguire il filo di questa o queste fantasie, anche quando appaiono casuali, anzi proprio quando appaiono casuali ovvero junghiane coincidenze, ci conduce spesso alla sincerità interiore ed, insieme, ad una più elaborata (in senso proprio) consapevolezza esistenziale. È questa una drammaturgia dalla doppia e intrecciata ispirazione, che si alimenta da una parte della famosa

novella di Wilhelm Jensen e dall'altra dell'ancora più famoso saggio di Sigmund Freud, a loro volta, come noto, innescati dalla fascinazione per quel bellissimo e omonimo bassorilievo (“colei che risplende nel camminare” ovvero “colei che avanza”) ora ai Musei Vaticani. Daniela Ardini ne ricava una bella messa in scena che quella stratificazione fedelmente rispetta, facendo delle parole di Freud, in controcampo sonoro, la cassa di risonanza della ricerca estetica di Jensen, per svelarne la realtà delle dinamiche fantastiche e oniriche, prima e allo scopo di consolidare le dinamiche narrative e dunque esistenziali.
Sono sogni inventati, infatti, dentro il racconto, ma proprio per questo sinceramente significanti, proprio come i sogni raccontati durante una seduta terapeutica, poichè la immaginazione, il più potente lubrificante di una mente che cerca la sua verità nella sua salute, li feconda, in entrambi i casi anche in ineludibile inconsapevolezza, con una analoga meccanica.
Così, custodita e assecondata da quelle parole che sembrano ironicamente precipitare da un altrove che paradossalmente gli appartiene, il nostro protagonista inseguendo la fantasia che quella fanciulla dall'incedere innaturale ma straordinariamente attraente gli sollecita, giunge a recuperare e consolidare la sua narrazione esistenziale, essendo la sua realtà ora correttamente giustificata in quella immaginata fascinazione.
La regia dunque riesce a sottolineare con efficacia le dinamiche delle due diverse fonti di ispirazione, riflesso esteriore di una coerente dinamica narrativa e drammaturgica, dando spazio ad una prossemica efficace che si irrobustisce delle già buone qualità dei due giovani interpreti.
Interessante per le riflessioni che promuove, nel bel chiostro di San Matteo a Genova, nell'ambito di Lunaria Festival in una notte d'estate – percorsi, l'8 e il 9 agosto.
GRADIVA, una drammaturgia di Daniela Ardini dal racconto di Wilhelm Jensen e dal saggio di Sigmund Freud. Con Francesco Patanè e Sara Mennella, voce Paolo Drago, costumi Maria Angela Cerruti, scene Giorgio Panni e Giacomo Rigalza, regia Daniela Ardini