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Suggerisce, senza in alcun modo volerlo nascondere, l'idea di una “riserva indiana” il titolo scelto da Kronoteatro e dal suo Direttore Artistico Maurizio Sguotti per la tredicesima edizione di questo Festival, ad Albenga nel ponente ligure. Una scelta condivisibile laddove indica la capacità di questa Compagnia, che ha sempre subito ma anche combattuto con successo il rischio dell'isolamento in provincia, di preservare una coerenza creativa specifica nelle sue caratteristiche espressive e narrative, ed una onestà intellettuale singolare nella sua specificità, anche rispetto all'alternarsi delle tendenze e delle mode. Sarebbe meno sottoscrivibile, a mio avviso, se indicasse invece la sterile separatezza di un luogo, fisico e mentale, in cui essere quasi folcloristicamente confinati ed eventualmente osservati. Questo perchè “Terreni Creativi” è un festival lontano e assai alieno da ogni separatezza, ma al contrario è stato capace sin dall'inizio ad acconciarsi in una fusione, reciprocamente profittevole, all'interno della comunità in cui nasce e vive. Anzi mi sento di aggiungere, da osservatrice critica sin dalle sue prime edizioni, che questo Festival ha saputo anticipare, realizzando prima di altri, e prima che questa diventasse appunto tendenza ora prevalente, l'idea di un evento festival immerso nella sua comunità, fino a fare di questa comunità, non soltanto dei suoi luoghi identitari ma anche e soprattutto dei suo modi specifici, l'ossatura produttiva, il terreno appunto di una

creatività con caratteristiche proprie, in parte non altrove riconoscibili.
Ora, infatti, non solo sono molti gli eventi estivi che hanno fatto dell'idea di immersione nella comunità di appartenenza una sorta di loro karma, ma soprattutto un tale atteggiamento è entrato a far parte dei, spesso variabili, metri di giudizio ministeriali nella erogazione dei fondi FUS.
Desta dunque una certa meraviglia il fatto che, se Kronoteatro ha avuto il concreto e massimo riconoscimento come “Impresa di Produzione Teatrale”, nessun riconoscimento abbia invece ricevuto il suo Festival, la cui efficacia produttiva e la cui storia creativa sono difficilmente distinguibili da quelli della Compagnia che lo ha ideato.
Comunque, facendo come sempre di necessità virtù, anche quest'anno il Festival è stato organizzato in maniera encomiabile e con esito rimarchevole, ricorrendo con grande fatica a finanziamenti alternativi in prevalenza locali e soprattutto riutilizzando il potenziale di energia che quello stesso evento negli anni ha innescato nella sua comunità.
Così, come e forse ancor più del consueto, i luoghi della rappresentazione sono stati i luoghi della convivenza e i luoghi del lavoro di questa comunità, luoghi che, facendo da sfondo alla creatività teatrale, hanno in un certo senso recuperato e messo in vita quella inventiva che in sé sempre nascondono.
Ne è stata ulteriore e non smentibile testimonianza la presenza, insieme a quella per così dire istituzionale di critici, studiosi e di artisti di teatro, di un pubblico numeroso e variegato, fatto di famiglie intere, pronte alla reciproca condivisione.
Teatri fatti di pallets di legno, usati per immagazzinare e trasportare le merci di quella terra, ne sono stati la cornice a testimoniare ancora una volta di quella fecondità che sta nel loro essere “terreni creativi”.
Dall'1 al 7 agosto, dunque, tanti spettacoli e tanti eventi tra Albenga e le aziende della sua famosa piana.

ERACLE, L'INVISIBILE / TEATRO DEI BORGIA (foto in apertura)
Come noto Euripide con la sua tragedia ribalta il mito di Ercole, proponendo un racconto crepuscolare di sconfitta in cui, sotto il peso inesauribile dell'invidia (quella che oggi definiremo sociale) è trascinato nella follia e nell'omicidio del proprio stesso sangue, della sua stessa famiglia. Così, insinuandosi quasi in questa interpretazione eterodossa di un mito antico come l'uomo, in questa interessante drammaturgia, che nel tempo pare sempre più metamorfizzarsi, Eracle “l'invincibile” diventa, appunto, Eracle “l'invisibile”. Non serve quasi riproporre in metafora contestualizzata quella specifica narrazione tragica, bastano i nomi che custodisce in sé per riconoscerne i tratti nella storia (fatta di concreto oggi) di un insegnante di successo e con un famiglia felice trascinato nel nulla da un evento casuale trasformato nel tritatutto “social” in occasione di invidiosa, seppur paradossalmente quasi inconsapevole, vendetta. Neanche la scelta della morte gli è riconosciuta e dunque anche il suo gesto finale di follia lo priva di ogni residuo legame con il possibile di una esistenza ormai perduta. Le tragiche vicende nel mito ne sono la luce che ne illumina il senso e che riporta alla realtà quell'odierno mondo virtuale, tra facebook, twitter e tick tock che ormai ci assedia ma in cui si è persa, con l'invidia e la nemica inimicizia di una ormai dimenticata Hera, il filo di un significare che dia spessore alle esistenze. Uno spettacolo che è più di un monologo, ben scritto, ben recitato e con una messa in scena di qualità, e che recupera lo sguardo sociologico che lo informa ad una visione universale e irriducibile dell'Essere Umano e dell'essere umani che non possiamo smettere di coltivare come unica via di uscita comune. Tra l'altro ha l'ulteriore merito di segnalarci come a ciascuno di noi può capitare ciò che è capitato al nostro moderno Eracle.
Alla mensa di Via degli Orti di Albenga, il 4 agosto.
ERACLE, l’invisibile. 1^ regionale. Da Euripide con Christian Di Domenico, parole di Fabrizio Sinisi e Christian Di Domenico, consulenza sociologica Domenico Bizzarro, ideazione e regia Gianpiero Alighiero Borgia, prodotto da Teatro dei Borgia in coproduzione con CTB – Centro Teatrale Bresciano e Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia

RAGAZZO DI VITA / FRANCESCA FOSCARINI
Una coreografia che mette in movimento l'idea stessa custodita in quella citazione pasoliniana, diventata nel tempo molto di più di una semplice definizione culturale per farsi bandiera di una identità esistenziale, prima ancora che sociale, vista come contrapposta e irriducibile alla modernità borghese e corrotta che trionfava nell'italico boom econonomico. Una identità che è innanzitutto un volto, uno sguardo di occhi ribaldi e ribelli, strafottenti ed insieme ingenui, dell'ingenuità in cui si intravvede la sconfitta. Lacerti di una comunità in estinzione anche linguistica, verso la quale la nostalgia è sentimento quasi inutile ma insieme, nella poetica di Pasolini sospesa tra lirica e cinema che fa della parola immagine necessaria alla sopravvivenza, come un manuale in via di dissoluzione. Gesti quotidiani che diventano in scena passaggi inattesi verso l'umanità che la danza recupera, gesti trasfigurati nel dinamismo del movimento complessivo.
A l'Ortofrutticola di Via Massarenti, il 4 agosto.
RAGAZZO DI VITA. 1^ regionale. Ideazione e creazione Francesca Foscarini, Cosimo Lopalco, interpretazione Giovanfrancesco Giannini, cura della tecnica, Maria Virzì, amministrazione e logistica, Federica Giuliano, Eleonora Cavallo con il sostegno di Tanzhaus Zurich, Associazione Culturale VAN sviluppato all’interno di Italia-Museo dell’Altrove, coproduzione Associazione LIS LAB performing Arts | CROSS Festival City Contemporary Dance Company – Hong Kong,  vincitore Bando Maeci Vivere all’Italiana sul Palcoscenico.

SOMETHING STUPID / DANIELE NATALI E FAUSTO PARAVIDINO
Un esperimento di cui è spettatore e giudice il teatro stesso, sfidato a farsi contenitore di strappi di vita sottratti al loro ordinario depauperarsi nel tempo. In fondo sembra esprimere la volontà di sottrarre il presente a sé stesso, insufflandovi quel significato inatteso, ovvero casuale e inattuale che potrebbe manifestarsi nell'occasionalità del transito scenico. Ovviamente è uno spettacolo che non può essere raccontato perchè ogni sua occasione è mutevole ed ogni sua manifestazione è essenziale in quanto contingente. Forse, infine, il tentativo di ricominciare, dopo due anni di mutismo pandemico, prima a parlare, sondando ciò che è rimasto del teatro attraverso i pubblici che si riaffacciano ai palcoscenici, e poi, chissà, a scrivere storie se ancora quegli spettatori lo desiderassero. Comunque interessante anche se a volte potrebbe apparire pieno della banalità dei tempi correnti.
All'Ortofrutticola di Via Massarenti, il 4 Agosto.
SOMETHING STUPID. 1^ regionale. Una cosa di e con Daniele Natali e Fausto Paravidino, produzione NIM - Neuroni In Movimento

TOTO' E VICE' / GUSEPPE CUTINO
Spesso l'omaggio a colui che si considera un maestro è sfida vincente se da quell'omaggio emerge un lascito trasfigurato, quasi una metempsicosi che vede l'anima rigenerarsi e mutarsi nel suo passare tra uomo e uomo, tra artista e artista. Un scommessa che qui è affrontata con profondità e delicatezza di pensiero, con una onestà rara nel voler cercare in sé 'quel che sempre si rinnova'  custodito nelle parole di Franco Scaldati, drammaturgo siciliano scomparso nel 2013. Così questa sua drammaturgia riesce nell'impresa di essere sé stessa e insieme qualcos'altro, una rete tra parole cantate e parole recitate che intercetta il presente nel suo significato in farsi continuo. Un messa in scena che si ripropone ma che muta nel portare in sé il peso della perdita che le tragedie del Covid hanno spesso rinnovato in molti di noi. Un peso, quello della perdita, che può essere sostenuto solo dal contrappeso di sentimenti veri e profondi, da una affettività che trasforma il lutto nella continuità di relazioni che ne illuminano l'oscurità. Una drammaturgia di grande qualità affettiva, prima che estetica, che commuove mantenendo una forte coerenza espressiva, con la musica dal vivo, la voce delle brave cantanti in scena e il gioco di ombre della bella scenografia che ne sostengono l'efficacia comunicativa. In scena strani personaggi (molto belli i costumi) tra “Uccellacci e uccellini” e  “Aspettando Godot”.
All'Ortofrutticola di Regione Massarenti il 4 agosto.
TOTO’ e VICE’ operina musicata per ombre e voci. 1^ regionale. Di Franco Scaldati, adattamento testo, scena e regia Giuseppe Cutino, con Rosario Palazzolo, Anton Giulio Pandolfo, Egle Mazzamuto, Sabrina Petyx, Maurizio Curcio, Pierpaolo Petta, voci registrate Viola Palazzolo e Alberto Pandolfo, musiche originali Maurizio Curcio, costumi Mario Dell’Oglio per DELL’OGLIO PALERMO 1890, movimenti di scena Totò Galati, disegno luci Gabriele Gugliara, datore luci Michele Ambrose, aiutoregia Peppe Macauda, progetto Anton Giulio Pandolfo - Ass. Cult Energie Alter-native, Palermo, produzione esecutiva AMA Factory, Torino, con il sostegno di Babel/ Spazio Franco, Palermo - Compagnia dell’Arpa.

ATTENZIONE ALLA RAGAZZA CHE CORRE / BARTOLINI-BARONIO
Esistere è come attraversare un tunnel 'esperenziale' che ci circonda di suoni e di parole, imput da un passato che vorremmo conoscere verso un futuro che forse cerchiamo ancora di evitare. Al termine un lascito testamentario per chi ancora non sappiamo. La Josefine di Kafka, cui è ispirata, è in fondo ciò che non riusciamo a fermare, ciò che abbiamo paura di fermare, ciò che decanta nel racconto per poi perdersi per sempre, ovvero, paradossalmente, affinché non si perda per sempre. Si definisce (da solo?) “un atto installativo di immersione”, chissà improvvisa trasformazione estetica dell'esserci metafisico. Ha scritto, infatti, il compianto Pietro Citati dello scrittore boemo: <<Tutte le persone che incontrarono Franz Kafka nella giovinezza o nella maturità, ebbero l'impressione che lo circondasse una parete di vetro>>. Il luogo che attraversiamo è questo, o magari è solo una suggestione. Manca forse un po' di amalgama tra il suo continuo cercare di alimentarsi dalla vita (racconti, suoni, interviste) e l'esito scenico in cui si fatica a trovare un sempre efficace filo narrativo.
Negli spazi dell'Azienda Bio Vio in Regione Massarenti, il 5 agosto.
ATTENTI ALLA RAGAZZA CHE CORRE. 1^ regionale. Di e con Tamara Bartolini e Michele Baronio, opera video Raffaele Fiorella, suono Michele Boreggi, produzione 369gradi e Bartolini/Baronio in collaborazione con Teatri di Vetro.

NA CREATURE LONG PLAY TRACK / TEATRINGESTAZIONE
Una sorta di viaggio a ritroso dalla virtualità di un videogioco nel quale sembra ormai essersi trasformata ogni esistenza, alla fisicità del nostro essere topos fisicamente concreto dentro un tempo che fugge e ci divora, come una danza che ci trasfigura, fino alla profondità del corpo mitico di Dioniso fanciullo davanti al suo specchio, dio confuso nel mondo e come il mondo lacerato dalla storia che ci determina e ci fa diversi e in competizione, ciascuno con sé stesso e gli uni con gli altri. Un viaggio costruito in drammaturgia di parola che si alimenta delle innumerevoli suggestioni della modernità, suggestioni che però ci sfuggono o almeno sembrano non riguardarci, abbandonati come siamo ad una povertà culturale, in quanto già educativa, ad un deficit di filosofia, io credo, che ci impedisce di capire e di avere consapevolezza di ciò che veramente accade. La virtualità trasforma l'immaginazione e l'inquina, mentre la vita nella sua storica concretezza, nella materialità odierna fatta di diseguaglianze tragiche e di pesante sfruttamento, continua senza che ce ne accorgiamo se non quando è troppo tardi. Prigionieri di una prigione senza sbarre, prigionieri di un noi stessi eterodiretto e sfuggente. Ancora una volta è il mito, l'irriducibilità dell'umano e del divino fuso in quel bambino davanti ad uno specchio, che può venirci in aiuto. Suggerito, più che ispirato da un episodio di vita reale (la storia del quindicenne Ugo Russo), si affaccia verso il pubblico e dal pubblico sceglie alcuni protagonisti occasionali, spesso di grande bravura come il bambino che conclude le sue letture con un <<e tu guardami le spalle>> (dai Titani in agguato).
Negli spazi de “L'Otofrutticola” in regione Massarenti il 5 agosto.
NA CREATURE Long Play Track. 1^ nazionale. Iideazione e cura Teatringestazione, regia Gesualdi, Trono, dramaturg Loretta Mesiti, musiche dal vivo Alessandro Pezzella, regia video Antonio Arte, una co-produzione TeatrInGestAzione e Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, nell’ambito del progetto Atlante degli Immaginari.

GIACOMO /  TEATRO DEI BORGIA
Un vero e proprio punto di caduta nella storia contrastata e contraddittoria del nostro paese, quello che la studiosa Anna Foa ha recentemente definito l'evento <<che segnò la fascistizzazione dell'Italia>>. Giacomo Matteotti è il protagonista di questa intelligente drammaturgia, un protagonista colto non nel momento della sua uccisione, ma, assai più efficacemente, nel momento della sua storica denuncia della dittatura, in un parlamento ormai in dissoluzione, che si apprestava ad diventare l'aula sorda e muta per i manipoli del nuovo dittatore. Un atto di coraggio civile quello del Teatro dei Borgia perché denuncia il momento, non ancora elaborato, in cui il paese accettò in profondità il senso del fascismo al potere, anche a prezzo della morte di chi non poteva accettarlo, ancora una volta in ossequio al quieto vivere e alla ideologia del cosiddetto 'male minore'. Un coraggio che si fonda sulla consapevolezza, che vorremmo più diffusa, che quell'adattarsi di allora in fondo continua ancora oggi e si affaccia, con volti forse diversi ma tutti riconoscibili, periodicamente incombente sul nostro destino, nonostante tanti anni di 'democrazia'. È brava Elena Cotugno a rappresentare con il proprio corpo che cade e si rialza, i colpi violenti inferti alla collettività, mentre la scelta, opportuna a mio avviso, di far recitare ad una attrice i due ultimi discorsi di Matteotti ne accentua l'efficacia e la valenza universale. La bella scenografia di un'aula parlamentare 'sghemba', come una immagine surrealista e futurista, la circonda e quasi ne sorregge le espressioni. L'immagine di una diffrazione del pensiero, non solo politico, sotto i colpi del ripetuto conflitto tra violenza e libertà. Un bello spettacolo ed anche uno spettacolo necessario.
Negli spazi de “L'Ortofrutticola” in Regione Massarenti il 5 agosto.
GIACOMO. 1^ regionale. Progetto Elena Cotugno, Gianpiero Borgia, parole Giacomo Matteotti e Interruzioni d’Aula, con Elena Cotugno, costumi Giuseppe Avallone, artigiano dello spazio scenico Filippo Sarcinelli, ideazione, regia e luci Gianpiero Borgia, coproduzione TB e Artisti Associati Gorizia, con il patrocinio di Comune di Fratta Polesine, Fondazione Giacomo Matteotti e Fondazione Filippo Turati

PUNK, KILL ME PLEASE
Musica in danza o danza alla ricerca della sua musica, è sempre una relazione capace di creare drammaturgia senza parole che si articola nello spazio e nel tempo. Il Punk Rock è stato ed è tuttora un sinonimo di rivolta, di irriducibile contrapposizione all'esistente, proprio per cercare la sincerità dell'esistente. In un scarna scenografia (due coperte ovviamente scozzesi, un giradischi e qualche nastro di carta adesiva) due fisiche identità femminili si fanno carico di recuperarne essenza e finalità. Ne è messa in opportuna evidenza la spinta alla autenticità individuale, singolare e insostituibile, che si contrappone alle omologazioni dell'oggi, ove le identità sono costruite e si strutturano in base a quei pochi paradigmi che sembrano veri in quanto all'apparenza auto-prodotti. Una modernità che coarta dunque, nel prevalere di denaro ed economia, la bellezza della “confusione che dovrebbe regnare sotto il cielo” nella clonazione di tanti sé somiglianti e vuoti. Una finestra per arieggiare le nostre stanze e una opportunità di riflessione. Belle le coreografie ed efficaci le protagoniste.
Sempre a “L'Ortofrutticola” di Regione Massarenti il 5 agosto.
PUNK. KILL ME PLEASE. 1^ regionale. Iideazione e creazione Francesca Foscarini, Cosimo Lopalco, interpretazione Francesca Foscarini Beatrice D’Amelio, disegno luci e cura della tecnica Maria Virzì, amministrazione e logistica Federica Giuliano, Eleonora Cavallo, coproduzione Associazione Culturale VAN / FESTIVAL DANZA IN RETE-Teatro Comunale Città di Vicenza con il sostegno di Centrale Fies_art work space, Teatro delle Rane, con il contributo di ResiDance XL - luoghi e progetti di residenza per creazioni coreografiche azione della Rete Anticorpi XL - Network Giovane Danza D’autore coordinata da L’arboreto - Teatro Dimora di Mondaino: Arteven/Festival Prospettiva Danza e Teatro, Centro di Residenza della Toscana (Armunia - CapoTrave/Kilowatt), CSC Centro per la Scena Contemporanea Bassano del Grappa, Santarcangelo dei Teatri.