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Primo capitolo, ciascuno dei quali è uno spettacolo pienamente conchiuso e autonomo, de “La trilogia degli occhiali” con cui Emma Dante e la sua compagnia “Sud Costa Occidentale” si è riproposta alla scena genovese, dal 13 al 15 aprile, ospite del Teatro dell'Archivolto alla sala Modena di Genova Sampiedarena. Come è nelle sue corde più intime e più sincere

il teatro di Emma Dante è uno sguardo rivolto verso i luoghi dell'abbandono che si ritagliano, dimenticati e da dimenticare, negli anfratti di una società solipsista ed egocentrica che copre con l'illusione di felicità e ricchezza le proprie, sempre più ampie peraltro, zone oscure. D'altra parte il suo è anche un teatro del paradosso perchè sembra dirci che è proprio in quei luoghi che pare si sia rifugiata la nostra umanità, e che è in quei luoghi che la nostra sincerità, quella che è rivolta agli altri ma soprattutto a noi stessi, continua ad alimentarsi di occasioni narrative e continua a scoprire nuove occasioni di senso e di poesia. In scena, in questo primo capitolo, il mozzo-marinaio Carmine Maringola, 'o spicchiato, che con la Dante, regista, drammaturga e costumista, cura anche la scenografia dell'intera trilogia. Il nostro marinaio, dunque, vive praticamente da sempre sulla sua nave ed è tanto legato al mare da considerare la terraferma 'n'illusione'. Improvvisamente e senza motivo viene abbandonato e dimenticato su un molo sconosciuto, su quella terraferma che per lui è ormai un paese straniero. Per sopravvivere all'attesa e nell'attesa del ritorno della sua nave, 'o spicchiato ne rievoca furiosamente ed in continuazione i suoni, le voci e le storie per non perdere e recuperare il suo rapporto ineludibile ed amoroso con il 'suo' mare. Sorta di pupo eterodiretto dai suoi stessi ricordi e dalle sue stesse illusioni, il bravissimo Maringola riscrive in scena dinamiche e movimenti del teatro popolare napoletano, da Pulcinella a Totò, con ironia amara e disillusa, continuamente alimentata e sorretta da una trama testuale che è, da Emma Dante, incentrata e articolata più sul suono di un dialetto musicale e arcaico che sul senso di una narrazione letteraria. Ma l'attesa diventa infinita è il marinaio perde ogni sua umana vitalità per trasformarsi in un oggetto inanimato, una polena di legno simbolo dei relitti che navigano la nostra storia, sia singolare che collettiva. Metafora forte e angosciosa non solo, credo, dell'abbandono della vita da parte nostra, ma anche del nostro abbandono da parte della vita, intesa appunto come umanità pulsante, vita che si allontana e scompare oltre l'orizzonte di un mare che più non ci appartiene, la drammaturgia si articola in ironia, talora al confine della comicità più popolare, così da renderci tollerabile e comprensibile il dramma dei tempi presenti. Una trama drammaturgica che scioglie la sua complessità in ironia significativa e critica, con una Emma Dante che conferma le sue indubbie, e ormai certamente di respiro e peso europeo, capacità di scrittura, ed una arte recitativa che traduce in contemporaneità i migliori elementi della tradizione, hanno profondamente coinvolto il pubblico che ha a lungo applaudito.