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Il secondo atto dedicato alla famiglia smembrata e problematica è stato presentato attraverso lo spettacolo SUPERNOVA, in scena ad aprile 2022 al Piccolo Bellini di Napoli. Osserviamo oggi una nuova produzione della Compagnia I PESCI, vincitrice del premio Leo de Berardinis 2021, che riporta in scena, anche stavolta, una famiglia particolare. Le famiglie destrutturate, soprattutto in assenza di padri, caratterizzano una tematica che seguiamo da tempo con grande attenzione, perché costante all’interno della drammaturgia contemporanea, soprattutto quella meridionale. La compagnia I PESCI ha costruito una vera e propria trilogia dedicata alla famiglia: Pisci ‘e paranza (2015), Supernova (2018) e Caini (2021). I PESCI ritornano in scena, sempre al Piccolo Bellini di Napoli, dal 25 al 30 ottobre, più forti, più preparati, con una drammaturgia più solida ed un’interpretazione coerente e coinvolgente: parliamo di CAINI, nome biblico e appellativo dalle sfumature negative, che caratterizza la famiglia in questione. Il grottesco e il funereo alone mortuario, elementi che caratterizzano anche alcune famiglie della drammaturgia contemporanea siciliana e meridionale, ricompaiono anche all’interno della

drammaturgia firmata da Mario De Masi, che cura anche la regia.  L’appellativo riportato nel titolo viene svelato nel corso del racconto, quasi immediatamente: una caratterizzazione negativa affibbiata a due fratelli che vengono definiti dal vicinato “caini”, perché, banalmente, imparentati con uno zio finanziere, rivelando quel tipico rifiuto delle Forze dell’Ordine diffuso soprattutto in particolari contesti socioculturali di numerose città.  La rivelazione, invece, emergerà nel corso dell’avvincente racconto che è stato costruito rispettando il substrato culturale meridionale e partenopeo, almeno in alcuni momenti, utilizzando prevalentemente la lingua italiana che si colora continuamente di alcuni inserti dialettali o regionali; questa scelta permette una perfetta comprensione anche da parte di un pubblico eterogeneo. Scelta, dunque, vincente poiché oggi la fortissima caratterizzazione napoletana, soprattutto linguistica, che marchia numerose produzioni artistiche, teatrali, cinematografiche e televisive, comincia a stancare il pubblico. Emerge, dunque, la natura regionale del parlato e di alcuni usi e costumi, ma questo racconto è atemporale, universale, sebbene sia paradossalmente e angosciosamente attuale.
Il racconto biblico da cui deriva l’appellativo, e dunque anche il titolo, descrive uno scontro tra fratelli, Caino e Abele, affinché uno dei due sia più apprezzato da Dio rispetto all’altro. L’origine biblica viene qui, giustamente, trasfigurata nella descrizione di una famiglia composta da una madre manipolatrice e burattinaia e da tre figli, due maschi e una femmina, che mostrano evidenti problemi piscologici, comportamenti ambigui e una profonda, profondissima fragilità.
Gli ambienti serrati e oscuri, dalla discoteca, alla casa della famiglia, fino alla fantomatica “cava”, ossia il vuoto e il nulla nichilistico, sono scossi dall’elemento di disequilibrio: il fidanzato della ragazza, personaggio che arriva dall’esterno, che esercita la professione di artista di installazioni video e video mapping.
Da un lato la famiglia squilibrata e smembrata per l’assenza di un padre forse morto, forse seppellito vivo, forse sparito, seppur in presenza di una madre che impone la verità nascosta, sopravvive apparentemente agli occhi della società, dall’altro il fidanzato-artista che proviene dalla solitudine di una famiglia distrutta dalla morte di entrambi i genitori e dall’assenza totale di fratelli.
I Caini, dunque, assorbono nel proprio nucleo l’Abele martire che non deve conoscere la verità, l’artista che deve soccombere davanti alla durezza della vita, davanti alla morte.
Emergono nel cast soprattutto il fratello pazzo, nell’ottima interpretazione di Antonio Stoccuto, in perfetta simbiosi con Alessandro Gioia, il fratello maggiore che fagocita cibo, anche le briciole sul pavimento, riempimento grottesco di un vuoto profondissimo. Positiva anche l’interpretazione delle due figure femminili, la madre interpretata da Giulia Pica, e  Alice Conti, nei panni della figlia. Il fidanzato, interpretato da Fiorenzo Madonna, lavora su un rapporto molto complesso con tutti questi personaggi fortemente caratterizzati e spesso anche “liberi” e positivamente indisciplinati sulla scena. Ritorniamo ancora su Antonio Stoccuto, il “fool” shakespeariano che conosce la verità, l’unico che ha le idee chiare, che esprime i suoi sentimenti, che segue obbediente e terribile le scelte della madre, cioè oscurare la verità.
L’oscurità, in effetti, pervade l’intera scena, spesso scossa da luci neon intermittenti, da cambi di scena ben organizzati, con una colonna sonora entusiasmante: il tavolo diventa marmo di una tomba, ingresso di una cava, luogo di sacrifico, di incontro, di cibo insanguinato e divorato avidamente, come la “lingua” che la madre cucina in onore dell’ospite, simbolo di una verità terribile che deve essere taciuta e ingoiata.
Gli abiti dei personaggi che compongono la famiglia sono striati di sangue, così come gli incubi di questi ragazzi affondano costantemente in laghi di sangue e terribili terrori: spesso ripetono il gesto e l’idea di lavarsi le mani, ricordando i personaggi shakespeariani del “Macbeth” che non vogliono ricordare, che si tingono di rosso per la sete di potere e per interessi torbidi. Qui esiste una vertà che diventa personaggio costantemente presente, sebbene invisibile: un padre che non era tale e una famiglia che ha “risolto” un problema indicibile, affogandolo nel sangue.
In attesa di farvi scoprire quale sarà l’esito del fidanzamento tra la figlia e il giovane artista, è necessario sottolineare la numerosa presenza di pubblico che ha ripetutamente richiamato in scena la compagnia per dedicarle lunghi applausi.
Questo spettacolo appassiona e coinvolge, inquieta e commuove, nonostante ci siano ancora dei momenti eccessivamente dilatati che smorzano leggermente la tensione costante, necessario filo conduttore dell’intero racconto scenico.

Foto Marco GHIDELLI

CAINI
Piccolo Bellini – Napoli
25-30 ottobre 2022
drammaturgia e regia Mario De Masi
con Alice Conti, Alessandro Gioia, Fiorenzo Madonna, Giulia Pica, Antonio Stoccuto
elementi di scena Marino Amodio
costumi Anna Verde
disegno luci Desideria Angeloni
disegno sonoro Alessandro Francese
assistente alla regia Serena Lauro
un progetto della compagnia I Pesci
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
in collaborazione con Asilo – ex Asilo Filangieri di Napoli
Premio Leo Berardinis 2021 - Teatro di Napoli - Teatro Nazionale