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Il teatro di Thomas Bernhard è piuttosto frequentato da compagnie e registi italiani – ricordiamo almeno la recente messinscena di Piazza degli eroi, con protagonista un superlativo Renato Carpentieri – ma chissà se quelle pièce amaramente e lucidamente desolate abbiano poi spinto gli spettatori ad avvicinarsi anche ai romanzi e ai racconti dell’autore austriaco… Auspichiamo che lo stimolo giunga naturalmente dopo la visione dell’adattamento che Federico Tiezzi e Fabrizio Sinisi hanno realizzato di uno dei romanzi  più caustici e nondimeno disperatamente malinconici di Bernhard, quegli Antichi maestri che il regista fiorentino dichiara essergli stato consigliato da Franco Quadri.  La particolare prosa bernhardiana, costruita su iterazioni quasi ossessive e periodi prolungati e ridondanti, ha convinto Tiezzi e Sinisi a realizzare una riscrittura «a 360°» del romanzo, pur preservandone tanto la struttura a tre personaggi quanto la sotterranea ma indubbia musicalità.  Il merito di questo adattamento per il

palcoscenico, operazione tutt’altro che agevole, consiste infatti nell’avere escogitato una struttura indubbiamente teatrale eppure apertamente debitrice della particolare prosa di Bernhard. Sinisi attribuisce certo “battute” successive e logicamente collegate ai due personaggi “parlanti” – il custode Irrsigler è presenza imprescindibile ma silente – ma, in verità, lo scrittore Atzbacher – il narratore del romanzo – e il protagonista, il critico musicale Reger, non dialogano mai realmente – o, meglio, convenzionalmente.
Non si tratta, però, di monologhi alternati, bensì di riflessioni, rievocazioni, racconti armoniosamente spezzati fra i due personaggi – superbamente interpretati da Sandro Lombardi (Reger) e Martino D’Amico (Atzbacher) – in un liscio scorrere di periodi frammentati fra i due interlocutori ovvero risposte a quesiti indiretti che danno l’abbrivio ad amare considerazioni sulla situazione attuale della società austriaca o sullo stato delle arti. Reger, che ogni due giorni si reca al Kunsthistorisches Museum di Vienna per rimanere tutta la mattinata seduto nella Sala Bordone di fronte all’Uomo dalla barba bianca di Tintoretto, attira l’attenzione di Atzbacher e fra i due nasce una sorta di “amicizia” che consente al primo di rievocare l’incontro con la moglie e il dolore per la sua inaudita morte e, soprattutto, di esprimere le proprie idee sulle modalità di fruizione dell’arte – quanto mai condivisibile la tirata contro le truppe di studenti inconsapevoli ammaestrati da mediocri insegnanti – e sulla natura dell’artista. Negli “antichi maestri”, Reger dichiara di ricercare ognora «l’errore manifesto», quell’imperfezione che sottrae a un artefatto e velleitario Olimpo gli artisti stessi.  
Un atteggiamento ipercritico e a tratti quasi infantilmente polemico – l’apostrofe contro la scarsa pulizia dei bagni pubblici viennesi – che è aderente mantello difensivo, una protezione per garantirsi la sopravvivenza in una realtà che si avverte aliena e nella quale soltanto l’umanità, benché «maledetta e dannata, e spesso funesta e disgustosa», sottesa all’arte prodotta dagli Antichi maestri – Bach e Beethoven, Von Kleist e Tintoretto – offre uno specchio nel quale rinvenire conforto.
Una consolazione disperata e potente che la drammaturgia di Sinisi, pur nella doverosa necessità di ridurre e adattare il romanzo, non manca di lumeggiare, mostrando di aver perfettamente digerito e rimasticato non soltanto la prosa, ma pure l’antipatica, perché connaturatamente insofferente ai compromessi, attitudine all’esistenza di quell’”antico maestro” che fu Thomas Bernhard.    

Tratto dal romanzo Alte Meister di Thomas Bernhard. Traduzione di Anna Ruchat. Drammaturgia di Fabrizio Sinisi. Regia di Federico Tiezzi. Scene e costumi di Gregorio Zurla. Luci di Gianni Pollini. Con Sandro Lombardi, Martino D’Amico, Alessandro Burzotta. Prod.: Compagnia Lombardi-Tiezzi, Associazione Teatrale Pistoiese; in collaborazione con Napoli Teatro Festival Italia.

Visto al Teatro Gobetti di Torino il 17 novembre 2022

Foto di Luca Manfrini rinvenire