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Dopo il debutto de LA MACCHIA durante l’estate 2022, in occasione del Campania Teatro Festival, Fabio Pisano torna in scena durante la stagione teatrale invernale, accolto da una platea numerosa che ha riempito la sala del Piccolo Bellini di Napoli dal 10 al 15 gennaio. Dopo la visione di CELESTE nel gennaio 2018 in scena presso il Teatro Tram di Napoli, e dell’acclamato HOSPES, -ĬTIS ad ottobre 2021 in scena presso il Teatro San Ferdinando di Napoli, testo che ha ricevuto il premio Hystrio 2019, e dopo una lettura approfondita del volume pubblicato nel 2021 da Editoria&Spettacolo, dal titolo PROSSIMITÀ, che raccoglie i testi del drammaturgo napoletano, assistiamo anche alla consegna del Premio della Critica ANCT 2022 a Fabio Pisano. Classe 1986, l’autore napoletano continua ad affermarsi nel panorama drammaturgico contemporaneo, presentando testi apparentemente molto diversi tra loro, accomunati da un elemento che, nascosto o palese, sembra emergere costantemente.

La morte, dunque, intesa in senso fisico, metaforico, filosofico, sembra affiorare continuamente tra le righe di questi testi, diventa essa stessa personaggio, a volte non è mai nominata, ma è sempre allontanata dai personaggi, rifiutata, dimenticata, sebbene fortemente incombente.
L’ironia della scrittura di Pisano è marchiata da una malinconica amarezza che ricopre come una coltre polverosa i suoi personaggi. Li pietrifica, rallenta i loro movimenti e la loro comunicazione. È il caso anche dei personaggi da LA MACCHIA, che sono collocati in un ambiente serrato, immaginario, ombroso, ma comunicano attraverso un dialogo meccanico e ritmico, mai solido. Nella prefazione al volume lo stesso Pisano parla delle nascita di questo testo, in occasione di incontri e di residenza presso il centro IDRA di Brescia. L’autore descrive una certa difficoltà nello sviluppare il dialogo iniziale e così, in effetti, appare l’intero spettacolo: un groviglio che sembra annodarsi, allentarsi e poi stringersi ancora di più, soffocando la pazienza degli spettatori che vorrebbero che si sciogliesse,  che la vicenda avesse un finale chiaro e definito.
La storia si concentra su un triangolo, una coppia e un vicino di casa, definito “straniero” nel senso di estraneo al nucleo familiare: ogni personaggio è ossessionato da qualcosa. Il marito segue la tappa in salita del Giro d’Italia, come unico obiettivo di vita, la moglie deve recupere un’immaginaria rucola richiesta come pietanza dal marito, il vicino di casa cerca di convincere i due che “la macchia” apparsa sul soffitto del suo bagno, nell’appartamento al piano inferiore, sia dovuta ad una infiltrazione proveniente dall’abitazione della coppia. I due coniugi, inoltre, devono smaltire da tempo un vecchio asse da stiro e ne hanno richiesto il ritiro alla Società Rifiuti, mai presentatasi.
Il groviglio dialogico sembra accelerare e rallentare continuamente, il vicino di casa non è riconosciuto nel suo ruolo scenico, né compreso, i coniugi sembrano ossessionati da altro e fanno finta – forse! – o evitano di ascoltare le richieste dell’estraneo.
Il testo appare come un grande contenitore di citazioni e di riferimenti, ma l’impressione è che l’autore, non appena la presenza di un ricordo drammaturgico appaia palesemente o si evolva in citazione eccessivamente didascalica, faccia un passo indietro. I riferimenti al Teatro dell’Assurdo, a Campanile nella sua veste di drammaturgo, alla scrittura europea sono persistenti, non solo in questo testo, ma in tutta la produzione scrittoria firmata da Pisano.
La prima impressione, soprattutto se confrontiamo questo spettacolo con i precedenti, è che questo testo sia databile ad un periodo ancora poco maturo, ma in realtà il testo è nato nel 2020, è sintetizzato in scena, alcuni elementi sono stati eliminati, ed è caratterizzato da  didascalie proiettate che diventano elemento caratterizzante dell’intero spettacolo. Esse presentano uno stile completamente diverso rispetto alle battute dei personaggi che, invece, utilizzano un linguaggio arido, sintetico, ripetitivo, ossessivo. Le didascalie dilatano il tempo, sono proiettate in fondo alla scena, danno respiro al dialogo serrato, sono caratterizzate da uno stile poetico e consentono all’autore e al pubblico di riflettere, di rallentare l’osservazione e di allontanarsi, per un istante, dal groviglio di parole entro cui gli spettatori sono stati catapultati, rimanendone invischiati e soffocati.
La macchia si allarga, il problema non si risolve, il groviglio si ingarbuglia sempre di più: questa macchia metaforica colpisce tutti. La coppia accenna a delle mancanze, ad un figlio voluto, mancato o sparito, a qualcosa che non è possibile definire, a quell’acqua che scorre e che macchia, che dovrebbe purificare, ma non pulisce.
L’attesa è un altro degli elementi che deriva dalla drammaturgia europea del Novecento, così come la didascalia recitata e il riferimento alle battute pronunciate inseriscono una scintilla di meta teatralità secondo i canoni dell’evoluzione contemporanea, il mancato ascolto, inoltre, o la difficoltà di comunicazione, si collega alla drammaturgia di Tino Caspanello il quale, però, risolve attraverso i suoi silenzi poetici.
È evidente, dunque, che Pisano procede per fasi di studio, di documentazione e di rielaborazione degli elementi formativi e in alcuni spettacoli questo processo è ancora in atto, in altri è giunto ad un approdo solido.
L’apporto dei tre ottimi attori di esperienza, sicuramente adatti nell’incarnare la complessità della vicenda e del paradosso di alcuni momenti, Francesca Borriero, Michelangelo Dalisi, Emanuele Valenti, è fondamentale e fornisce solidità ad alcuni momenti che appaiono forse ancora deboli.
Lo spettacolo ha riportato il tutto esaurito durante tutte le repliche ed è pronto a spostarsi a Milano, in previsione di una lunga e fortunata tournée.

LA MACCHIA
Piccolo Bellini Napoli
10-15 gennaio 2023
di Fabio Pisano
luci Paco Summonte
costumi Rosario Martone
ideazione scenica  Luigi Ferrigno
assistente alla regia Francesco Luongo
con Michelangelo Dalisi, Emanuele Valenti, Francesca Borriero
un progetto di Liberaimago
produzione Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini