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A partire dai quattro libri della serie romanzesca iniziata con il clamoroso successo di L’amica geniale, Chiara Lagani costruisce un copione che, suddiviso in tre parti, non vuole essere tanto una sintesi/bignami della tetralogia di Elena Ferrante, bensì un personalissimo eppure fedele approfondimento di quei momenti ovvero episodi giudicati particolarmente significativi e densi di risonanze individuali e collettive. Il prologo dello spettacolo – messo in scena con Luigi De Angelis e con Fiorenza Menni, quest’ultima coprotagonista sul palcoscenico – è il medesimo del primo romanzo e, come in quel caso, consente di avviare una narrazione che, da qui, procede quale lungo flashback, punteggiato da ellissi che, tuttavia, non compromettono coerenza e comprensibilità del racconto. La prima parte è incentrata sull’infanzia delle protagoniste – Lenù (Lagani) e Lila (Menni) – e, in particolare sull’episodio delle bambole – doppi inanimati e perturbanti delle due amiche – che è prescelto quale motivo unificante e ricorrente dello spettacolo stesso che, nella seconda parte, acquista anche maggiore estensione scenica. Ci spieghiamo: mentre l’esordio è agito quasi in proscenio, le attrici bianco-vestite di fronte al pubblico e immerse in una sorta di camera oscura, nella seconda parte il palcoscenico si apre a rivelare sul fondo un telo su cui sono proiettate immagini d’epoca – materiali provenienti

dall’Associazione Home Movies-Archivio nazionale del film di famiglia.
La narrazione stessa pare acquisire così maggiore distensione e, dalla claustrofobia dello scantinato in cui sono state gettate le bambole e, più in generale, di un’infanzia trascorsa nella soffocante atmosfera dei bassi napoletani, si trascorre all’adolescenza e all’esplorazione dell’esistenza esterna al grembo materno. Il matrimonio di una giovanissima Lila mentre Lenù inizia il ginnasio e, ancora, una fotografia della prima esposta in un negozio di scarpe del centro, ma solo a una particolarissima condizione…
La terza parte segna poi un ulteriore, netto, salto temporale: le due amiche sono oramai donne, hanno cambiato compagni di vita, sono diventate più volte madri e ora stanno entrambe affrontando una gravidanza – le due interpreti appaiono in scena con voluminose pance posticce. Tutte e due mettono al mondo una bambina ma il destino delle piccole sarà molto diverso, allontanandole certo ma non spezzando quel legame che le aveva fatalmente unite durante l’infanzia.
I tre capitoli/atti dello spettacolo segnano dunque altrettante tappe nell’esistenza delle protagoniste, di cui è delineata la formazione di una personalità magari contradditoria eppure salda e peculiare. Ritratto realizzato in scena non tradendo la natura narrativa del testo di partenza e, nondimeno, traducendo la parola scritta in materica espressione teatrale, modulando in una sinfonia coesa dialoghi e descrizioni, monologhi e raccordi espositivi e accompagnando l’espressione verbale a una minuziosa drammaturgia gestuale. Ciò che va in scena, così, non è una semplice “trasposizione” della tetralogia scritta dalla misteriosa Elena Ferrante – com’è avvenuto, invece, nel caso della serie televisiva – bensì un’originale e autonoma variazione teatrale di spunti narrativi e tematici – in primo luogo la lotta per affermare l’esclusivo controllo sulla propria vita – tratti da romanzi certamente amati e approfonditamente letti e compulsati e quindi utilizzati quale fertile e manipolabile materia di ispirazione e creazione originale.  
 
Spettacolo di Fanny & Alexander. Drammaturgia di Chiara Lagani. Regia, light design, spazio scenico, progetto sonoro di Luigi De Angelis. Sound design di Tempo Reale/Damiano Meacci. Video di Sara Fgaier. Ricerca e allenamento coreografico di Fiorenza Menni. Con Chiara Lagani, Fiorenza Menni. Prod.: Napoli Teatro Festival, Ravenna Festival, E-Production; in collaborazione con Ateliersi.

Visto al Teatro Astra di Torino il 27 gennaio 2023

Foto di Enrico Fedrigoli - Maria Donnoli