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Quelle grandi campiture di colore rosso su tela campeggiano nel suo studio. Mark Rothko, celebrato espressionista astratto, assume il giovane Ken per far fronte a una grandiosa commessa da parte del ristorante del Four Season di New York, una serie di dipinti per decorarne i modernissimi spazi. Torna “Rosso”, la pluripremiata pièce di John Logan, da un quindicennio in giro per le scene mondiali. La sua capacità narrativa, che proprio al cinema gli ha conquistato il favore del pubblico (“The aviator” oppure “Skyfall”, con registi come Scorsese, Burton o Mendes) si arricchisce di introspezione grazie al taglio registico di Francesco Frongia, al Teatro Elfo Puccini di Milano (corso Buenos Aires, 33) fino al 12 marzo 2023.. Ferdinando Bruni alias Rothko è spigoloso e aggressivo, con una ferita interiore che merita di essere lenita solo dal colore sulla tela. Anche l’assistente Ken porta il suo male di vivere ben riposto nel cuore, alla ricerca di un padre che mai gli potrà essere restituito. Due mondi a confronto,

due pianeti in attrito. Rothko, lasciata la Lettonia da bambino, si è costruito una notorietà negli Stati Uniti superando per potenza espressiva la generazione precedente di artisti. Dalla realtà all’astratto per tornare di nuovo alla realtà, come ama sintetizzare la sua poetica davanti al suo giovane allievo stupefatto.
Ma il tormento interiore si fa lacerante, quell’insoddisfazione di fronte al risultato sempre al di sotto dell’idea. E poi c’è l’amarezza di fronte ad una nuova generazione di artisti che da Warhol a Pollock contende la scena e gli saranno fatali.
 Ken ha la morte dei suoi cari negli occhi e una vita da artista davanti a sé, attratto dal carisma del maestro ma ben determinato a ucciderlo edipicamente per tracciare la propria strada. Sullo sfondo il colore, il Rosso. Mimesi della passione, lapillo di vulcanica istintività senza mediazione della forma, immersione nell’inconscio dove non c’è narrazione, storia né ragione. Il gesto artistico è lento, doloroso, anche l’osservatore più sprovveduto è attratto da una misteriosa potenza che emana da quelle tele, soprattutto quando il gesto pittorico è inscenato come slancio puro lì davanti ai tuoi occhi.
Grande pregio della pièce è la capacità di rendere il giusto tributo nei confronti di un momento artistico tanto celebrato allora quanto frainteso ora. Da ineguagliabile momento di apertura dell’animo dell’artista al mondo delle passioni ingovernabili dell’animo umano, si è presto trasformato in un prodotto d’asta da capogiro, buon investimento che si ripaga col tempo. Anche questo ha ucciso Rothko, quella sua arte ctonia mal si confà con il tintinnio delle stoviglie di gran classe del gourmet newyorkese, e proprio il giovane Ken riesce a farglielo comprendere nel culmine di uno scontro furibondo. La nuova consapevolezza libererà entrambi di fronte al proprio destino, l’uno di celebrare la propria arte altrove, l’altro di spiccare il volo. Bello, intenso, catartico.

Foto Luca Piva