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Tra i ricordi che aggallano nella mia mente rammemorante, intendo ricordi simpatici, magari strambi, ce n’è uno riferibile esclusivamente ai genitori di Elena, e ovviamente suoceri di Pietro De Meis.
Mario e Adele, questi i loro nomi propri, musicisti dilettanti, ma per nulla disprezzabili (lei suonava, forse ancora suona, il pianoforte insegnatole come se fosse stata una giovincella di fine Ottocento, lui la chitarra, strumento che divenuto nei primi anni ’50, come si sa, elettrico, direttamente dagli USA, lo conquistò che era già un bel ragazzone).
Quasi mai li ho trovati a casa De Meis, ma  una volta ci siamo riuniti io e i componenti della famiglia, compresi Mario e Adele, per il compleanno di lei, passando due o tre ore tutti in compagnia attorno al tavolo da pranzo, gustando le pietanze davvero invitanti e succolose preparate dalla figlia Elena, la mia ormai quasi antica fiamma.
Adele mi fa: “Prof, ma a lei piace la musica, nelle sue varie espressioni? Per caso suona uno strumento?”.   
Ed io “Cara Adele, strimpello chitarra e pianoforte, ma a livelli davvero  modesti, non certo alla sua altezza e a quella di suo marito Mario!”.
E Mario: “Però son sicuro che lei la musica l’ascolta, soprattutto, vero?”.
“ Si, è così, direi proprio che è mio pane quotidiano, tra Radio 3, la tv, il lettore CD, eccetera, passo ogni giorno ore intere ad ascoltare qualsiasi genere musicale…”.
E Adele: “E la pensa come noi che al di là del genere la musica o è bella o è brutta!”.
“Si, certo, son convinto di questo, comunque aggiungerei, come ci insegna Dante Alighieri in chiusura del Paradiso, che la lingua dell’ineffabile, dello Spirito, priva di semanticità irraggiungibile, è davvero solo la musica!”.
“Prof, non poteva esprimersi meglio, vero Mario?”.
“Certo, cara, e a questo punto dobbiamo dire al professore qualche nostro più o meno nascosto uso della musica!”.
Mi accorgo che Pietro sta assumendo un’aria fra il compatimento e l’ironia.
“Beh, vi ascolto volentieri, son davvero incuriosito, davvero!” gli dico.
“Però” mi fa Adele “non dica in giro quello di cui le parleremo, eh!?, me lo prometta!”.     
Entra Elena con i piatti delle tagliatelle alla bolognese dalla fragranza quasi profumata e intimandoci di non perderci in chiacchiere, e rivolta alla madre:
“Mamma, ora vi invito a gustare le mie tagliatelle, fatte in casa, alla bolognese, proprio come mi insegnasti tu a prepararle, ok?”.
“Ma certo, amore di mamma, ora applaudiamo la musica del gusto, dopo la musica della vita!”.
Osservo Pietro che scuote leggermente la testa ma non proferisce verbo, in tre minuti, oplà, tagliatelle finite, ingollate e forse digerite!
Ricomincia Adele: “ Ottime amore di mamma! Dunque, caro prof, lei deve sapere che io e mio marito Mario siamo talmente immersi nella dimensione musicale, inebriati dalle onde sonore che promanano e ci avvolgono provenienti non solo dai nostri strumenti quando li suoniamo, ma da altre fonti, a tal punto da smemorarci di tutto, dei problemi, del tempo che passa, della  vecchiaia, capisce?”.
Interviene Pietro: “Cara suocerina, mo’ non cominciare con le tue fissazioni, inventate sulla base di suggerimenti musicali , ti prego!”.
“Caro il mio genero Pietro, dovresti portare maggior attenzione a quello che io e Mario diciamo, avendo poi tu in famiglia una moglie e un figlio che si occupano di musica, eh!, per Diana!”.
“Si, ma loro lo fanno professionalmente, mentre voi, cari suoceri miei, siete dei dilettanti, seppur bravi, non lo nego, ma senza pensieri, se non quelli di strane teorie e visioni esistenziali di stampo quasi filosofico!”.
Al che intervengo io: “Scusate, ma mi piacerebbe ascoltare dalla loro viva voce di cosa si tratta, non credo che abbiano segreti criptici, idee balzane pseudo filosofiche, o strampalate nuove teorie!”.
Al che torna alla carica Adele: “Elena, tu che ne sai già qualcosa, dillo: siamo da manicomio noi? Siamo una coppia solipsistica che si diverte a inventare delle favole per bambini? Di’ se pensi che io e tuo padre siamo incartati e prigionieri in e di un mondo di sogni strambi, in una bolla di illusioni visionarie!”.
“Ma no, mamma” fa Elena “il nostro prof è sicuramente interessato alle vostre chiamiamole esperienze! Che sinceramente al più provocano una sana curiosità forse un sorrisetto ilare da parte di chi vi ascolta, e lo può testimoniare zia Elsa, che qualche volta in toni del tutto bonari e compiaciuti ha parlato dei vostri… come dire… insomma delle vostre invenzioni legate alla musica! Mamma, e papà, non ascoltate quest’orso di mio marito Pietro, e spiegate al prof le vostre idee, ma prima la torta, no?!”.
La torta appare come d’incanto portata con religiosità da Pietro, che apre così il rito degli auguri e del brindisi! Come in ogni sacra famiglia italica!
Finiti i sorseggi dello spumante, un onesto buon Ferrari, riparte Adele: “Allora, ci limiteremo a qualche esempio, però vorrei che mio marito Mario introducesse con le sue parole qualche  concreta motivazione che io chiamerei, chiamerei, si, ricerca!”.
Mario si schiarisce la voce, tossisce e poi inizia: “Carissimo prof, vede, io e mia moglie, una volta andati in pensione, giorno dopo giorno, potendoci dedicare ai nostri strumenti, io la chitarra e mia moglie il pianoforte, abbiamo entrambi e assieme capito che la musica era divenuto il nostro mondo, il nostro stile di vita, la nostra dimensione intima, in nostro daimon più profondo. E allora cominciammo a capire che non ci bastava più il linguaggio quotidiano e convenzionale, ma, non potendo sovvertire le regole delle conversazioni sociali, decidemmo di incarnare il linguaggio musicale usandolo nel nostro vivere domestico, anche se a volte, ad esempio in presenza della colf, ci sfuggivano delle brevi frasi che a lei saranno sembrate strane o addirittura criptiche. Chiaramente sotto sotto è per noi anche un divertimento, a ben vedere, ma ripeto la motivazione di fondo è convivere come se la musica, con le “sue” parole, i suoi termini, le sue nomenclature, sia entrata in noi, nelle nostre menti, nel nostro parlare.”. Interviene Adele: “Scusa se t’interrompo! Ci tengo a sottolineare che non è possibile formalizzare un METODO completo, preciso, senza smagliature, per cui dobbiamo ancora rifinire ulteriormente questa nostra ricerca, e questo nostro direi, VOCABOLARIO, questa nostra strana SINTASSI. Sia chiaro, a nostro uso personale, per così dire, e magari con la possibilità che i tentativi di formalizzazione, sia pur parziali, siano poi superati e scalzati dalle necessità della vita, e dalle imposizioni della, direbbero i linguisti, langue…”.
Interviene Elena: “Scusate, conoscendo un po’ quanto vi sta dicendo mamma, e immaginando il seguito che i miei vogliono raccontare, non breve, e dovendo io e Pietro uscire tra poco per un impegno, credo sia consigliabile rivederci di nuovo presto, direi fra due sabati, che ne dite? Naturalmente ospiti nostri, con un’altra ricetta di tagliatelle, ok?”. Interviene Pietro: “Fate pure, io avrò un impegno già prefissato” e farfugliando “per fortuna….”. Io confesso che  quei discorsi in apparenza strambi m’interessano e assicuro la mia presenza, in fin dei conti due settimane fanno presto a passare… Nell’uscire penso ancora una volta alle stranezze, magari pure a volte geniali, di quella strana famiglia, i cui adepti, è il caso di chiamarli così, si pongono, chi più chi meno, ieraticamente al servizio dell’arte, sacerdoti di culti che sembrano indicare vie e sentieri di salvezza… poi penso che siano tutte impressioni vaghe e distorte le mie… e mi immagino le tagliatelle che da lì a due sabati mi avrebbero preso per la gola, le tagliatelle della mia dolce Elena, da sempre e per sempre figura di un rimpianto e di una perdita di qualcosa di vitalistico, di un oltre, ma maledico anche le mie incapacità a scegliere, ad aprirmi agli altri, la mia forse nascosta presunzione di essere superiore a che mi sta vicino… comunque resto in attesa del sabato in cui Adele e Mario sveleranno i loro segreti musicali!