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Potremmo definire Sibilla Aleramo, in una delle tante sfumature che il termine porta con sé, una 'visionaria', una sorta di utopista il cui orizzonte in continuo movimento va oltre ogni clichè, non solo quelli che la maschera borghese vorrebbe imporle, ma anche quelli di un femminismo di maniera che cerca di celarne l'esplosività nascosta. Una visionarietà che ha posto, e pone tuttora attraverso i suoi riemergenti richiami, al centro del suo orizzonte l'amore che, come sentimento ultra-psicologico ovvero come energia irriducibile, costituisce e fonda l'umanità dell'essere umano (dell'essere umani anche) e che, per questo, costruisce il segno di una sua propria incoercibile libertà. Una rivendicazione dunque che non può che partire dalla femminilità intesa come declinazione di un esserci sempre fluido e in continua modificazione, dalla donna cioè che diventa custode e stimolo della sua generazione e della sua rigenerazione, contro quel riflesso nel maschile che spesso ne irrigidisce i lineamenti in un

tentativo di contenimento razionale che può farsi coercizione, fino al suo perdersi dentro la gabbia, prima psicologica, poi esistenziale e infine sociale di un patriarcato di cui però illuminava le prime crepe.
In sorta di “Amo dunque sono” versus quel “Cogito ergo sum” cartesiano che dell'alba borghese costituisce la prima luce, Sibilla ha avuto dunque la capacità e anche la ventura di insinuarsi in quelle crepe, allargandole, forzandole con la liquidità corrosiva delle sue scritture e anche del suo esempio di vita, fino all'attesa (sperata?) alluvione liberatoria che dalla modernità porta al nostro oggi ancora così confuso.
A Marta Felicina Faccio, in arte Sibilla Aleramo (suggestivo e identitario anagramma di “amorale”) Rai Radio 3 ha dedicato la serata di teatro dell'8 marzo, festa della donna “ca va sans dire”, trasmettendo in forma di radio-dramma la drammaturgia di Alessandra Cenni, diretta da Consuelo Barilari e interpretata da Viola Graziosi (voce fuori campo di Graziano Piazza) attualmente in tournée.
Non è, né vuole essere, una scrittura biografica, bensì una ricognizione in un pensiero, anzi in un pensiero che si fa sentimento e vita, il pensiero di una donna che si trasfigura nei toni lirici di una visione che mette la relazione con l'altro, e la libertà che nasce dalla sua sincerità e insieme la illumina, al centro delle sue riflessioni.
La storia di Sibilla è nota ma ancora ricca di suggerimenti, come una ibseniana Nora che però decide di non tornare a casa (come fu scritto nella prima stesura del dramma poi modificata dall'autore), alla famiglia e ai figli, ma si assume consapevolmente il carico del dolore che l'abbandono comporta per cercare altrove ciò che quella famiglia, come ogni famiglia istituzione irrigidita, non può darle.
Lo scandalo diventa il suo stimma e la sua cifra, ma insieme la sua protezione in un tempo in cui, nelle crepe di un patriarcato così rigido da non potersi riformare ma solo spezzare, le tensioni di rivolgimento sembravano accumularsi in ogni campo, in un anche tragico esplodere di conflitti bellici e contrapposizioni politiche.
Sibilla Aleramo, all'interno di tutto questo, è anche un mondo interiore che si esplora, scoprendosi curioso di ciò che gli è sempre stato negato, nelle pieghe di una percezione di fluidità, che da sentimentale si fa anche sessuale, e che in anticipo sembra indicare i temi della più recente riflessione tra genere e trans-genere.
Ma non solo scopre e illumina, bensì anche sperimenta nel corso dei tanti e tanto intensi anni della sua vita, fino ad intercettare l'omosessualità femminile che, al contrario di quella maschile storicamente normata, si nascondeva nei recessi della mente e del cuore.
La drammaturgia ruota intorno a questo alternarsi di desideri, di illusioni e di conquiste cogliendo nella selezione degli scritti della Aleramo una continuità ed anche una capacità di autorappresentarsi che il suggestivo implicito parallelismo con Eleonora Duse conferma.
Entrambe furono successive amanti di Lina Poletti, una delle prime donne italiane a dichiarare apertamente la propria omosessualità, ed entrambe furono personalità dalla straordinaria e quasi sorprendente modernità.
Un dovuto omaggio ad un nome e ad una vita che serve soprattutto a noi e ora, e che non va seppellita nell'oblio come molte volte si fa.