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Il sipario è già aperto, ma l’ipotetica quarta parete è caratterizzata da un telo trasparente su cui è proiettato un volto di uomo che dorme e sogna; pian piano si sovrappone l’immagine del  suo cervello e in sottofondo ci accompagna la musica di Nicola Piovani, firma della colonna sonora di questo spettacolo. Quando il telo trasparente si alza, lo spettatore è investito da un fortissimo odore, quello inconfondibile del mobilio di scena: un’enorme biblioteca, o scorcio di scaffali di biblioteca, riempie le quinte laterali del palcoscenico. Sapienti le luci che, nel disegno di Peppe Cino, creano una soffusa oscurità grigiastra, concentrando l’illuminazione su alcuni oggetti riposti sugli scaffali di questa antica biblioteca: una valigia, volumi, copioni, carte, un busto antico, giocattoli. L’archivio dei sogni emana un inteso odore di legno, carta, colle e pitture che investe la platea, cosicché lo spettatore si sente improvvisamente catapultato e risucchiato sul palcoscenico, cuore pulsante dell’arte, cervello sognante di ogni autore. In effetti, sul fondo della scena, si apre un grande vuoto scuro, a tratti costellato ed illuminato da lucine e stelle. Il fondo del cervello, l’esterno della mente, il profondo dell’anima: tutto è

collegato. Questo spettacolo, LA COMPAGNIA DEL SONNO, in scena, in prima nazionale, al Teatro San Ferdinando di Napoli dal 13 al 23 aprile, contiene tanto cinema, tanta filmografia, tanta narrativa e, soprattutto, tanto teatro. La compagnia “recita” i sogni nella mente dell’uomo, ma descrive, in maniera ironica e fantasiosa, situazioni lavorative precarie, mancate evoluzioni, aridità creative. La compagnia appare polverosa, all’interno di un’ambientazione volutamente retrò, sembra posta sul fondo della mente, quasi dimenticata, costretta ad una ripetizione stanca di modelli di sogno che non sembrano evolversi, che non consentono una crescita artistica dei nostri “attori onirici”. Da un lato i due membri più esperti sembrano accontentarsi della ripetizione sempre uguale dei plot e delle strutture dei sogni, mentre i due membri più giovani appaiono rivoluzionari, richiedono incessantemente di poter interpretare e ricreare sogni con un impatto forte sulla mente del sognatore, dagli incubi ai sogni erotici.
All’interno di questo spettacolo i piani di analisi sono molteplici e superano la visione psicanalitica che potrebbe sicuramente riportare al teatro e al romanzo novecenteschi, senza dimenticare alcuni riferimenti alla narrativa calviniana e a quella firmata da Buzzati, al mondo shakespeariano e a Kafka. La Compagnia si fa certamente portavoce inconsapevole di immagini pirandelliane, di riflessioni che ricordano Svevo, Freud e Jung, ma conduce lo spettatore anche su strade diverse e parallele, dalle filosofie antiche alle letterature straniere, superando il semplice riferimento pirandelliano, che potrebbe emergere immediato e con facilità nella mente dello spettatore, ricordando i “Sei personaggi in cerca di autore” e la compagnia sgangherata della Contessa ne “I giganti della montagna”. In questo spettacolo emergono riferimenti eterogenei, da “La vida es sueño” di Pedro Calderón de La Barca, sebbene con riflessioni diverse, per arrivare alla sperimentazione dei testi e delle ambientazioni di Ennio Flaiano e di Tommaso Landolfi.
Il tema del sogno sembra emergere, negli ultimi anni, costantemente all’interno dei prodotti delle arti visive e narrative: basti pensare al cinema, con il film “Inception” o “Se mi lasci ti cancello (Eternal sunshine in the spotless mind)” per citarne alcuni più recenti, al film di animazione “Inside Out”, fino al più recente spettacolo, in scena a Napoli, presso Sala Assoli, dal titolo “Il sogno di Morfeo” di Antonio Piccolo, o al film “La stranezza” di Roberto Andò.
Lo studio del mondo onirico sembra oggi superare l’indagine psicoanalitica, recuperando invece il motivo fantastico e fantasioso che conduce l’uomo a rielaborare un pensiero altro, staccato dal mondo reale.
La Compagnia del Sonno si affanna e si dispera, affinché possa recuperare la costruzione di un’azione che spinga al massimo la caratterizzazione fantastica. L’arrivo di Scalogno, interpretato da Gigio Morra, il “capo sogno” che tutti attendono e che contiene nel suo calepino, nel suo quadernetto di appunti, la rassegna dei migliori sogni, delle azioni più importanti, dei colpi di scena, sembra risollevare gli animi. La messinscena dei sogni, stimolati dalla presenza di Scalogno e dalla volontà rivoluzionari dei due giovani, accende i colori in scena, per poi spegnersi ripetutamente.
L’uomo si sveglia, la fantasia non riesce a decollare, la morte incombe; Scalogno rimane lì, pietrificato su quella sedia in proscenio, come il regista-autore che Pirandello, insieme al suggeritore, aveva collocato in una posizione esterna rispetto alle prove dei “Sei personaggi in cerca di autore”. Quando il sognatore si sveglia, la Compagnia del Sonno torna a dormire, sopita e nascosta nell’inconscio umano, fino alla prossima notte. Forse ormai l’uomo dorme poco e il sogno comincia a morire, la Compagnia non riesce a rielaborare nuovi copioni, l’uomo non riesce a fantasticare.
Gli  attori in carne ed ossa, che interpretano gli attori della Compagnia del Sonno, sostengono attivamente e positivamente il ritmo dell’intero spettacolo: dagli ottimi Gigio Morra e Nando Paone, quest’ultimo nei panni di Grifagno che rappresenta un vero e proprio capocomico, entrambi colonne portanti di questo spettacolo, alla straordinaria Stefania Blandeburgo nel ruolo di Sparagna, e i più giovani e indispensabili Angela Bertamino e Claudio Zappalà nel ruolo di Micragna e Terragno, entrambi motore pulsante della Compagnia.
Dulcis in fundo autore e regista: Roberto Alajmo e Armando Pugliese, coppia vincente che porta in scena eleganza, professionalità, cultura e poesia.
Bisogna soffermarsi, in conclusione, sulla scrittura: l’autore sceglie una lingua fortemente narrativa, a tratti permeata da sfumature di delicata poesia, in altri momenti animata da velocissimi botta e risposta, ma ciò che colpisce lo spettatore attento è sicuramente la scelta di una lingua non contemporanea, in cui l’italiano standard “degrada” volutamente verso l’italiano regionale, palesemente siciliano, riportando anche l’inserimento di parole recuperate dal dialetto vero e proprio. Giri di parole e modi di dire sono tratti interamente dalla lingua siciliana ed inseriti all’interno di un linguaggio che alterna sapientemente la dizione teatrale alla flessione regionale. I pronomi sono utilizzati secondo le strutture dialettali siciliane («che ci diciamo a loro?»), le parole utilizzate in siciliano non sono mai tradotte o epurate nella battuta successiva. Ricordiamo, inoltre, che alcuni attori sono siciliani e altri napoletani, la produzione unisce il Teatro di Napoli – Teatro Nazionale e il Teatro Biondo di Palermo, pertanto il lavoro sulla lingua, tendente alla predominante inflessione siciliana, è stato condotto con intelligenza: costringere un attore napoletano a imitare un accento a lui estraneo, produrrebbe effetti contrastanti, se posto accanto agli attori di madrelingua siciliana. Si sceglie quindi di far recitare in italiano gli attori non siciliani, trovando una giusta commistione che non produca nessuna stonatura all’ascolto. In questo modo anche gli attori partenopei pronunciano modi di dire e perifrasi siciliane, ma con una dizione in lingua italiana.
Chiudiamo questa osservazione tornando alla prima scena: ricordando l’antico Icaro e il più recente “E.T.”, nel celebre film di Spielberg, il nostro giovane Terragno vuole volare e desidera ardentemente trasmettere all’uomo sognatore il senso di libertà dato dal volo fantastico. Apre lo spettacolo seduto su un marchingegno di legno, oscillando in alto su una bicicletta appesa, sperando che l’uomo possa continuare ad andare oltre, attraverso la fantasia del teatro. Come non citare, quindi, “L’uomo dei sogni” nella costruzione cinematografica di Giuseppe Tornatore, chiudendo con il ricordo di Federico Fellini e il suo “8 1/2”.

LA COMPAGNIA DEL SONNO
NAPOLI TEATRO SAN FERDINANDO 12-23 APRILE 2023
di Roberto Alajmo
regia Armando Pugliese
con Nando Paone, Gigio Morra, Stefania Blandeburgo, Claudio Zappalà, Angela Bertamino
musiche Nicola Piovani (Ed. Alba s.r.l.)
scene Andrea Taddei
costumi Dora Argento
disegno luci Peppe Cino
aiuto regia Giacomo De Cataldo
assistente alle scene Rosita Vallefuoco
direttore di scena Alessandro Amatucci
macchinista Fabio Barra
datore luci Giuseppe Di Lorenzo
tecnico video e fonico Alessandro Innaro
sarta Daniela Guida
foto di scena Ivan Nocera
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Biondo di Palermo