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Vengo convocato per la famosa cenetta dove i genitori di Elena avrebbero svelato i loro codici comunicativi in forma di simboli musicali. Arrivo con un mazzo di tulipani molto ben preparato, con nastrini iridescenti multicolori, sapendo da sempre che

sono i fiori preferiti da Elena. Entrando in casa di Elena e Pietro percepisco un silenzio inaspettato, un senso di vuoto interno alla casa, ed infatti Elena nel salutarmi abbracciandomi mi avverte che all’ultimo momento la madre non si è sentita bene, e Pietro, come spesso fa, chiedendole ipocritamente scusa, ha comunicato alla moglie di avere un irrinunciabile impegno improvviso con il suo scenografo. Guardo Elena fisso negli  occhi mentre tiene ancora tra le braccia, come un bimbo addormentato, il mazzo dei tulipani che le ho porto, percependo che il tenuissimo odore dei fiori è ben sopravanzato da un’ondata di profumo che Elena tanti anni prima era abituata ad usare. La guardo ancora, senza adombrare sentimenti di rabbia:
“Perché non mi hai avvertito, chiamandomi al cellulare?”.
“Scusami, hai ragione, certo, ma ti da molto fastidio se restiamo noi due soli qui in casa? Tutto è accaduto rapidamente, meno di un’ora fa, e secondo me sia i miei che Pietro mi hanno tirato fuori solo delle scuse!”.
Appoggiando il soprabito su una seggiolina del vano d’ingresso, prendendomi una breve pausa per essere stato preso piuttosto all’improvviso, prendo la parola.
“No, alcun fastidio, Elena; mi spiace solo perché ho rinunciato ad andare ad una prima a cui mi hanno invitato tre giorni fa!”.
“O mio caro, sono mortificata, allora si, hai ragione, avrei dovuto avvertirti”, mentre si leva il giacchino color verde tenue pastello, e mostrando la sua linea ancora molto giovanile, ancora molto armoniosa, il cui punto di richiamo è una appena pronunciata scollatura. Mi fa:
“Non dirmi che sei in imbarazzo!”
“E se lo fossi?” la rintuzzo, con un sorriso penso sull’ebete.
“Lo capirei invitandoti però, come faccio, a sbarazzarti dell’imbarazzo!” e ride, senza sguaiataggine, mostrando una dentatura perfetta, da cantante quale è.
“No, Elena, non sono imbarazzato, è… è… la nostalgia che mi sta bloccando, credimi!”.
“Come non crederti? Tu lo sai bene che sei stato il mio primo vero amore, no?”.
“Si, certo, l’ho sempre saputo, non so se Pietro ne è al corrente!”.
“Ma si, certo che lo è, ma lui dice fieramente di non essere mai stato geloso di noi due!”.
“Spero che sia vero, perché ti sarai accorta che io e tuo marito Pietro non abbiamo mai legato veramente sul piano dell’amicizia, e il nostro è rimasto  un legame piuttosto formale….”.
“Certo, me ne sono accorta, soffrendone, anche, e non poco, anche se so che Pietro non è un carattere facile, che mette gli altri a loro agi
La guardo, mentre ci sediamo in salotto, dove ci sono un paio di vassoi con antipasti e aperitivi che resteranno abbandonati.
“Dimmi la verità, ma lo ami Pietro?”.
Lei mi guarda un po’ sorpresa, un po’ imbarazzata:
“Perché me lo chiedi? Speri forse che…”, ed io:
“che non andiate molto d’accordo ed io potrei approfittarmene? È questo che vuoi sottointendere?”.
“Ma cosa pensi?  La nostra storia è chiusa da molto tempo, e riaprirla così, su basi del tutto improvvisate è impossibile che accada!”.
Elena apre un Aperol e lo versa nei bicchieri:
“La nostra è rimasta una bella amicizia, perché dar seguito alla nostalgia, farsi prendere dal, dolore del passato, che poi non può tornare più…”.
Avvicinandomi molto a lei:
“Quel passato si è fatto di nuovo presente, poco fa, quando ti sei slacciata la giacchina levandotela d’addosso!”.
“Che vuoi dire?”
“Semplicemente che proustianamente il tuo profumo mi ha investito come un turbine pazzesco, come una macchina del tempo ingovernabile, e ti ho rivista come quando  eravamo avvinghiati l’un l’altro. Te lo dico perché so che mi hai visto turbato, vero?”.
“Si, vero, certo! Ma non siamo più né ragazzi né giovani adulti, tutto è cambiato, io ho una famiglia, due figli, e tu hai la tua bellissima professione di docente universitario.”.
“Comunque ti richiedo se ancora ami Pietro, se c’è fra voi ancora un’intesa viva, forte!”.
“In questo momento le cose fra noi non vanno molto bene, ma sai, io la penso come Eduardo De Filippo, e cioè che il matrimonio si sancisce davvero quando uno dei due chiude la sua vita terrena…”.
“Potrei essere d’accordo, è che non sono nello stesso stato vostro, e quindi non sono in grado di capire fino in fondo il tipo di legami di una coppia stabile, me ne manca anche l’esperienza…”.
“Capisco benissimo, non può che essere così; comunque capisco pure che a volte le pulsioni sessuali sono potenti e hanno bisogno di una scarica che liberi delle energie compresse, vero?”.
“Si, è così, ma ora non potrei proprio più liberare nulla, se ti riferisci a noi due!”.
“In particolare mi riferisco a come voi maschietti vivete alcune situazioni; ma credo che nel tuo caso precipuo non ci sia la libidine a turbarti,  o l’illusione di recuperare un tempo ormai, passato, o magari il desiderio di rubarmi a mio marito…”
“e allora cos’è, secondo te?”.
“Senz’altro una forte nostalgia, il timore del tempo che fugge, e di certo un minimo di sentimentalismo che lo stare qui noi due soli, può ravvivarsi come un fuocherello quasi spento riattizzato da una folata di vento!”.
Ci guardiamo, in silenzio, con infinita dolcezza, con lo stupore di guardarci con purezza d’animo, con intensità di pensiero che travalica le ragioni della corporeità.
Ci prendiamo le mani sfiorando le punte delle dita, avviciniamo i nostri visi socchiudendo gli occhi, il bacio è lungo, innocente, profondamente umano, come se l’amicizia sia più forte della passione amorosa…