Visite: 861

Sarà la confusione dei tempi, o la nebbia della ragione, oppure il fumo della perdita esistenziale e delle perdite interiori, ma, nella oscurità del campo di battaglia e del saccheggio dopo la sconfitta, il lamento dolente dei vinti si mescola e confonde con le grida dei vincitori, sovrapponendo in un universo di guerra perenne il senso dell'uno nel significato dell'altro, senza che l'uno soverchi l'altro o viceversa. Così mentre “Tutto brucia” Ecuba e le altre hanno finalmente e paradossalmente vinto, privando la guerra, che le ha sconfitte e rese schiave, del suo senso, del suo illusorio fondare un nuovo mondo  (maschile e patriarcale) sulle ceneri del vecchio. Dunque, anche se per secoli tutti abbiamo finto di non accorgercene, ora su quel campo di battaglia è forse venuta l'alba tanto attesa, il tempo cioè di giudicarne i vincitori perché nessuna vera e sincera civiltà può nascere dall'eccidio e può vivere sulla schiavitù. Ecuba e le altre hanno paradossalmente vinto in quanto sono comunque rimaste, nella scrittura che ne ha definito la parola, su quel campo di battaglia, anche se trascinate altrove dai loro nuovi padroni. E hanno ancor di più vinto proprio in quanto di quei nuovi padroni si è persa, in

quella lunga traversata nella storia che è la nostra memoria condivisa, ogni traccia di legittimazione. La drammaturgia di “Motus” che ormai da due anni percorre i palcoscenici, mutando e maturando in continuità creativa, ci porta dentro l'oscurità illuminata dalle ombre di chi fu, ma soprattutto, è tuttora, testimone, e in questo quasi trascina tutti noi nella testimonianza di un passato indelebile che si fa segno mutante e mutevole del presente in cui precipita, essendone riprodotto per essere poi infine giudicato.
Ispirata alle “Troiane” di Euripide, transitate per così dire nella rilettura che ne fa Jean Paul Sartre, ricostruisce le parole di quella narrazione in gesti, suoni e danza, nel linguaggio fantasmatico delle ombre, ombre che, non appena intercettano la parola rinata e improvvisamente ri-donata, si fanno concreta presenza davanti a noi e soprattutto dentro di noi.
È dunque uno spettacolo che è fedelissimo e, insieme, si fa fecondamente traditore per illuminare un oggi traversato da guerre che lo sguardo dell'artista sembra aver drammaturgicamente anticipato, inconsapevole forse, come l'infelice Cassandra che ci insegna che 'sapere' spesso non significa 'guarire', ma non per questo meno liberatorio.
Uno spettacolo che così attinge la radice del teatro che è sin dalla sua etimologia 'visionario' (theaomai è guardare lo sappiamo) ma di una visionarietà che illumina la realtà, liberandoci gli occhi, mentre il rimbombo dei tamburi dionisiaci che scuotono i corpi fino alla tranche ci liberano le orecchie e con esse la mente e il cuore.
Troia è perduta dunque, ma le sue donne no, esse restano e giungono fino alle spiaggie altrettanto oscure della nostra modernità. Esse possono ancora salvarla.
Essendo una messa in scena dall'indiscutibile simbologia femminile, di quella 'pesante' soma tragica da cui liberarsi, e liberarci catarticamente, si prendono il peso la bravissima Silvia Calderoni, capace come di consueto di traslitterare in metafora i tratti di una fisicità ambigua ma per questo molto più inclusiva, e l'altrettanto brava e molto figurativa Stefania Tansini, danzatrice così essenziale da liberare di ogni ornamento i suoi movimenti, fino a recuperare movenze arcaiche e dunque 'dirette'.
Ma la battaglia e la sconfitta, il massacro compiuto e da compiere, hanno anche un suono che occupa e amalgama la scena attraverso la performance musicale e canora dal vivo, di grandssima efficacia, di R.Y.F. (Francesca Morello) che crea anche i bei testi delle lyrics (sorta di didascalia sovrascritta alla scenografia e al testo stesso) insieme a Ilenia Caleo.
Daniela Nicolò e Enrico Casagrande, che sono “Motus”, lavorano una materia già formata, quasi inattaccabile nella sua completezza, eppure, senza decostruire, aggiungono suggestioni che quella materia rendono, se possibile, ancora più comprensibile ed utilizzabile, ove ben custodite dentro di noi una volta usciti dal teatro.
Al teatro Ivo Chiesa di Genova, per la stagione del Teatro Nazionale, il 3 e 4 maggio. Molti applausi e anche qualche ovazione meritata a fine messa in scena.
MOTUS, Tutto brucia, ideazione e regia Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande, con Silvia Calderoni, Stefania Tansini, canzoni e musiche live R.Y.F (Francesca Morello) testi delle lyrics Ilenia Caleo e R.Y.F. (Francesca Morello), ricerca drammaturgica Ilenia Caleo, props e sculture sceniche _vvxxii, ambienti sonori Demetrio Cecchitelli, direzione tecnica e luci Simona Gallo, cura dei testi e sottotitoli Daniela Nicolò, produzione Motus, Teatro di Roma Teatro Nazionale, Kunstencentrum Vooruit Vzw (Be).

Foto Luigi Angelucci