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Un messaggio di pace e tolleranza nella tragedia euripidea, messa in scena da Luca De Fusco, per il XLVII ciclo di Rappresentazioni classiche al teatro greco di Siracusa “Due donne nello stesso letto sono solo dispiaceri e liti a non finire,
un uomo deve accontentarsi di una sola donna;
e in città è lo stesso: due che comandano è peggio di uno”

L'oscenità del potere e della guerra, il matrimonio come merce di scambio, il familismo cruento, la cupidigia di denaro e la distruzione della dimensione politica. Questi i temi centrali di Andromaca, la tragedia di Euripide , in scena al teatro greco di Siracusa  per il XLVII Ciclo di Spettacoli Classici, dall'11 maggio al 26 giugno.
Due prue di Navi, due relitti in mezzo ad un lago ghiacciato, formato da uno specchio, davanti al tempio di Teti, dea del mare, e presso la reggia di Neottolemo, in Tessaglia. È questo lo sfondo entro cui si svolge la vicenda di  Andromaca, un tempo regina , sposa del valoroso Ettore, dopo la caduta di Troia,  schiava di guerra di Neottolemo, figlio di Achille,  che le ha ucciso il marito in guerra e dal quale ha avuto un figlio Molosso. Andromaca deve fronteggiare la rabbia di Ermione, figlia di Menelao ed Elena, e  sposa legittima di Neottolemo, che l'accusa di renderla sterile, praticando le arti magiche, per rubarle il marito.  Rosa dalla gelosia, Ermione trama, con l'aiuto del padre Menelao, l'uccisione della rivale e del figlio di lei. L’arrivo di Peleo, padre di Achille, riesce a sventare il pericolo e fermare Menelao, che con un pretesto rientra a Sparta, abbandonando  la figlia alla  vendetta di Neottolemo. Ermione, allora, tenta di suicidarsi, ed è a stento trattenuta dalla Nutrice. L'arrivo di Oreste, che rivela ad Ermione di aver già messo in atto un piano contro Neottolemo, con cui era entrato in conflitto proprio per la mano della ragazza, inizialmente promessa ad Oreste, dissuade la donna dagli intendi suicidi, spingendola tra le braccia dell'assassino del proprio sposo . Oreste, infatti,  per vendicarsi, ha istigato gli abitanti di Delfi contro Neottolemo, instillando il sospetto che egli volesse depredare il santuario dei tesori offerti dai devoti. Credendo alla calunnia, i Delfici gli tendono un agguato e fanno scempio del suo corpo. Il cadavere di Neottolemo è condotto a sepoltura da Peleo, confortato dalla sua sposa divina, Teti. La dea ordina che Andromaca si trasferisca nella terra dei Molossi, dove sposerà Eleno. Da Molosso nascerà una dinastia che governerà quella terra. Teti libererà Peleo “dai mali degli uomini” e lo renderà suo sposo immortale.

Una messa in scena che predilige un linguaggio crudo, violento e immediatamente fruibile,  adottato dal traduttore Davide Susanetti. Memorabili il dialogo iniziale tra Andromaca, interpretata da una convincente Laura Marinoni ed Ermione, alias Roberta Caronia, due rivali, una schiava di guerra, l'altra sposa legittima; il dialogo tra Peleo, espressione della saggezza del mondo antico e Menelao, emblema della cupidigia e della mancanza di valori; ed ancora lo scontro verbale tra Peleo ed Oreste, due personaggi antitetici, simbolo di un passato mitico ed eroico il primo, espressione di un mondo senza speranza il secondo.  Suggestiva la presenza di Teti, la dea del mare, che incornicia l'azione drammatica, comparendo all'inizio ed alla fine del dramma, come deus ex-machina. Pacificatore l'atteggiamento del coro, volto a sanare i contrasti ed a costruire il lieto fine. La regia è di Luca De fusco, le scene ed i costumi di Maurizio Balò, le musiche di Antonio di Pofi.