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Belongings di Morgan Lloyd Malcolm.  Guerra. Conflitto. Squallore. Violenza. Istinto animale. Vita. Identità sessuale. Pregiudizi. Paradossi. Noia. Ricerca d’affetto. Deb (Joanna Horton) ritorna a casa dopo un anno e mezzo di servizio in Afghanistan, solo per ritrovare le ragioni della sua fuga. Qui c’è una realtà che non le appartiene più e le persone non sembrano neppur aver avvertito

la sua assenza e il suo ritorno. In scena, l’efficace sovrapposizione spaziotemporale degli ambienti che si fronteggiano: ai due estremi della stessa diagonale, la sala da pranzo e la cucina di casa; mentre sull’altra, il letto a castello di una cella militare e gli attrezzi della palestra da campo. Ci spostiamo da uno spazio all’altro e da un tempo all’altro grazie all’alternarsi dei diversi personaggi legati alla protagonista, che appartengono alle due dimensioni della vicenda. Deb è partita per l’Afghanistan per sostenere la sua patria nel conflitto e stabilire la propria identità omosessuale contro i pregiudizi della società. Ora, finalmente in casa propria a notte fonda, Deb incontra e si scontra con il padre Jim (Ian Bailey) che entra in scena completamente nudo per rovistare nella dispensa in cerca di sigarette e quasi non nota la figlia appena tornata. Quest’uomo, che non ha alcuno scopo nella vita, se non quello di arricchirsi a discapito della morale, agevolando traffici online di materiale pornografico, le oppone una mentalità alquanto diffusa: la vocazione per l’esercito non esiste; è un istinto alla violenza e all’omicidio. L’incomprensione tra padre e figlia è palpabile. Con chiunque si decida di schierarsi, è impossibile comunicare: si parlano due lingue diverse. Con collegamenti tematici, ci si sposta quindi dal presente al passato della cella militare, dove conosciamo il compagno di stanza Sarko (Calum Callaghan) con cui Deb sfoga le proprie ansie e angosce e, sebbene rimanga sempre riservata e imperscrutabile, si concede il lusso di questa amicizia di lavoro. La sessualità è un altro dei temi affrontati. L’autrice al suo primo lungo, sembra suggerire che il rapporto distorto e quasi assente con la madre abbia determinato la sessualità di Deb, che si sente la sola causa dell’abbandono di sua madre, dei suoi disturbi mentali e conseguente scomparsa ed è alla costante ricerca di una figura femminile astratta con cui ristabilire questo mancato rapporto. D’altro canto, l’indifferenza totale da parte del padre, la cui attuale compagna Jo (Kirsty Bushell) ha l’età di sua figlia, non migliora la considerazione del genere maschile.  Jo, per cui Deb sembra avere particolari attenzioni, non sa bene perché sia finita con un uomo molto più grande di lei, ma non sembra curarsene e, per quanto Deb cerchi di svegliarla da questo stato vegetativo, lei anzi lo accetta e ne ricava quasi piacere. Il mondo che Jim e Jo rappresentano ha troppa vita e non sa che farsene; ne è quasi annoiato e non si industria mai per migliorarsi; anzi, cade nello squallore come unica fonte di distrazione e giovamento. Mentre nella situazione di guerra che Deb ha lasciato la vita è un bonus e paradossalmente, la sua casa diventa un campo militare dove i sentimenti sono dimenticati e tutto è diventato animale e meccanico. Ed ecco che ci si risposta nella cella dove si scopre che, sfortunatamente, la ragione per cui Deb sia ritornata così tempestivamente non è affatto legata alle sue convinzioni patriottiche. Sarko, dopo mesi di astinenza ha pensato bene di violentarla per affermare la propria sessualità – questione di punti di vista. Da questo punto in poi, lo spettacolo subisce una ripida discesa. La scena di sesso esplicita, tipica di questa corrente contemporanea, non colpisce come elemento necessario ai fini dell’azione drammatica, pur ricalcandone l’intenzione tematica. Inoltre, ora i mondi si fondono e tutti i personaggi sono in scena a testimoniare lo stato di confusione della protagonista. Sfortunatamente, la confusione disturba il pubblico che riceve troppe informazioni contemporaneamente.  Ciononostante, l’ambiente raccolto di questo nuovo spazio al piano inferiore dell’Hampstead Theatre si presenta intimo e riservato, proprio come la vicenda di Deb: il pubblico si avvia ai suoi posti camminando sulla sabbia che rievoca il deserto dell’Afghanistan e quasi sembra di invadere la privacy e la delicata situazione di questa ragazza, in cerca di un affetto autentico. Inoltre, a fine spettacolo il pubblico è incoraggiandolo a lasciare commenti su carta preparata oppure online sui siti di social network, per promuovere un passaparola che scaturisca dagli spettatori invece che dai critici.

19 Maggio – 11 Giugno Hampstead Theatre Downstairs