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Qualunque sia la vostra età, questo spettacolo potrebbe avere effetti differenti sulla vostra psiche, sulla vostra fantasia, sui vostri ricordi. E se proprio volete saperlo, le briciole sulla tavola ci sono davvero. In occasione del NTFI 2011, anche il Fringe Festival, il famoso E45 parallelo al Festival, propone il suo particolare programma. Piccole compagnie, giovani attori, ma soprattutto sperimentazione, nuove forme di arte, studi sul corpo e sul movimento, tutto questo, e non solo, converge nel festival parallelo ma non meno importante.
Il Teatro dei Sensi Rosa Pristina di Napoli approda al Ridotto del Mercadante l’8 e il 9 luglio. Le repliche prevedono pochissimi spettatori per volta e in effetti si comprende subito il perché. Prima di entrare ci si sottopone ad un’iniziazione: bisogna lasciare gli effetti personali. Le mani devono essere assolutamente libere. Bisogna lasciare fuori il mondo reale e il proprio “oggi”. Una scala, una poltrona: come ti chiami? Quanti anni hai? Siamo piuttosto abituati a domande simili nei colloqui di lavoro, nei provini, ma quando ti chiedono “qual è la tua zia preferita? Malattie esantematiche?”, capisci che il quadro da osservare qui è completamente diverso. Il percorso che si affronta in questo lavoro è fortemente personale, scriverne una recensione forse è riduttivo perché ogni spettatore ne ha una visione particolare e completamente intima. E lasciate da parte palco, recitazione, dizione  e tutti gli orpelli tecnici teatrali, qui si entra nella vostra mente e si è soli con se stessi. Dopo una rampa di scale, una porta, poi il buio. Ci accolgono piccole luci sapientemente collocate ad illuminare parti di volti, foto, immagini. È inutile sforzarsi. Non ci si aggancia alla realtà, ci si perde e ci si ritrova. Non ascoltiamo voci, ma sussurri, mentre si passa da una stanza all’altra scorrono giochi,  suoni, rumori,  sapori. Dopo le prime immagini si viene bendati: lo stordimento è in atto. Ma è costruttivo, i sensi si attivano profondamente, dall’udito al tatto. Tutto viene stimolato con oggetti, improvvisamente i tavoli diventano giganti, le mani non arrivano al piatto, le briciole…sì, proprio quelle sulla tovaglia quando si giocava da piccoli a pranzo, sono ancora lì. Briciole di vita sicuramente. Dopo il primo impatto angosciante e claustrofobico, ci si abbandona. Bisogna abbandonarsi, perché si è bendati. Attori ed attrici ci conducono per mano in ogni fase della ricostruzione, in ogni stanza della mente e dei nostri ricordi. Bisogna fidarsi e non è facile se si è fortemente diffidenti. L’udito si attiva improvvisamente, captando i bisbigli, piccole frasi sussurrate da non si sa chi alle tue spalle, ma nello stesso tempo la sensazione è quella di un luogo ovattato, astratto, irreale. La sorprendente idea di questo lavoro mescola teatro, mimica, immagini cinematografiche, psicologia, fasi oniriche e stimolazioni tattili. Un lungo studio preparatorio ha costruito gli artisti e l’idea. Ma parlare del valore artistico di questo lavoro è limitante, poiché comprende un mondo infinito, difficile da descrivere se non lo si vive.  Quando si esce da una porta secondaria, la luce e il frastuono della città ci investono fortemente, accecandoci. Se prima il desiderio era quello di fuggire da qualcosa che invece ci attraeva fortemente, poi ci si rende conto che è durato troppo poco. L’infanzia, i ricordi, ma anche i desideri, la vita reale, le fobie, ognuno metta quello che vuole in questa visione. Ci si chiede se provare una seconda volta lo stesso percorso abbia lo stesso effetto. Probabilmente no. Ma provare un percorso differente forse potrebbe essere ancora più interessante. Impossibile non menzionare la regista Susanna Poole e tutti coloro che hanno partecipato alla drammaturgia: Rosaria Bisceglia, Roberta di Domenico De Caro, Fabiana Esca, Marzia Macedonio, Diana Magri, Carlo Melito e Susanna Pole. E ovviamente tutti gli artisti che ci hanno guidato all’interno delle nostre personali stanze di vita. Grazie a tutti per questa sorprendente esperienza.