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La cartella stampa diceva : “due grandi cubi ospitano due uomini”. Bene, questo spettacolo parla dell’uomo. Anzi quasi sicuramente dell’umanità. Chissà perchè queste poche parole fanno scattare l’idea di un’analisi introspettiva dell’uomo, di quelle analisi feroci che non lasciano scampo, che fanno riflettere per giorni e giorni. La riflessione dopo lo spettacolo sembra essere ormai un dono divino. Ironia a parte, i due cubi c’erano davvero: due strutture di metallo che hanno vita propria, attraverso un gioco sapiente di luci ed effetti. E proprio quel pilastro, su un lato del palco spogliato di ogni vestizione superflua, proprio quello, diventa perno. Non appena stiamo per accomodarci, da un altro pilastro in platea sbuca fuori una biondina da un vestitino sottile con disegni a forma di cervi. Accidenti, pensi, da dove sbuca questa qui? Comincia a parlare con il pubblico a platea illuminata, indica quello e quell’altro e anche la signora che, ignara di tutto, esce dalla toilette. Poi la frase chiave rivolta ad un ragazzo dal collo largo, dice lei, un buon esempio di maschio “alfa” di un branco: “potremmo fare un figlio noi due”. Susan, questo il suo nome, ci introduce ad uno spettacolo in scena alla Galleria Toledo di Napoli, in occasione della Rassegna “Stazioni d’emergenza”. E quando sono gli “artisti emergenti” in “emergenza artistica” a salire sul palco, bisogna aspettarsi di tutto. Per fortuna... La compagnia di PICCOLI PEZZI POCO COMPLESSI, questo il titolo dello spettacolo, è Inbalìa compagnia Instabile, in residenza presso il CRT di Milano Centro di ricerca per il Teatro. E di ricerca in effetti ne troviamo abbastanza: dalla scena, al testo, alla recitazione, ai movimenti corporei. Due fratelli, due numeri del sistema binario, 0-1, stampati sulla maglietta. Due vite inglobate in due cubi: l’uno scienziato folle, ricercatore della futura vita e dell’artificialità della maternità attraverso l’uovo, l’altro, maniaco sessuale pedofilo. Due visioni che smembrano l’importanza dell’ atto sessuale, svuotandolo della sua molteplicità di elementi, oltre  quello diretto alla procreazione. Lo scienziato dal viso da uccello, accovacciato sulla sua creatura ovoidale, il maniaco che considera l’amore solo a pagamento. Si può davvero, in un futuro prossimo, o addirittura già presente, svuotare il significato della maternità e quindi di tutta la genesi umana? Si può scegliere il sesso del nascituro, le sue attitudini, i suoi colori, attraverso un catalogo o una banca del seme? Rendendo arida la maternità si svaluta il concetto di genealogia, di uomo come creatura, di creazione. Il testo, omaggio a Michel Houellebecq e a “Le Particelle Elementari”, gioca spesso sulla radice della parola generazione, saltando al concetto di geni, genetica, genialità, generare. Il γιγνομαι greco ( essere, nascere), dalla cui radice derivano le nostre parole italiane, è fortemente presente per essere distrutto in mille pezzi come l’uovo scaraventato a terra: forse noi uomini siamo davvero dei piccoli pezzi poco complessi? Immagine simbolica e terribile allo stesso tempo. Il riferimento alla storia dell’arte e all’uovo rinascimentale è  un percorso importante. Insomma, un testo coltissimo e ricco di riferimenti, metafore, giochi di parole, ovviamente non accessibile a tutti ma grazie alla messa in scena av olte fantascientifica e ai tocchi di ironia, anche un pubblico comune potrebbe coglierne il senso angoscioso e profondo. Notevole la preparazione dei tre attori, sia nella recitazione vocale che corporea: il loro amplesso sessuale mimato con la danza contemporanea è  elegante e universale. Immagini, musiche e giochi di luci si fondono in momenti emozionanti e in espedienti davvero geniali: la scena all’interno di un cubo viene proiettata sulla pancia bianchissima dell’altro attore. Si può davvero eliminare il gene della maternità da una donna? “Aspetta un attimo” risponde Susan mentre le luci si abbassano. Piccolo lumicino di speranza da colpo di scena finale.

GALLERIA TOLEDO NAPOLI
Rassegna STAZIONI D’EMERGENZA

7 – 8 – 9 ottobre 2011 - InBalìa Compagnia Instabile
PICCOLI PEZZI poco complessi
un omaggio a Michel Houellebecq e alle sue “Particelle Elementari”
drammaturgia Magdalena Barile
con Marco Cacciola, Lucia Mascino e Francesco Villano
coreografia  Lara Guidetti
scene Petra Trombini
luci Luigi Biondi
organizzazione Debora Meggiolaro
regia Marco Cacciola e Francesco Villano