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Sulle note allegre del Charleston, e sulla voce inconfondibile di Piaf, scorrono i desideri di una madre e di una figlia, entrambe vittime di una società edonistica. Il bisogno d’amore nella figlia, diventa, nella madre, paura di invecchiare, ricerca del piacere e della bellezza fisica da conservare ad ogni costo. Fra corpi in decadenza, volti bianchi di cipria, di cui non si ricorda neanche il nome, corre veloce un’epoca che va verso i deliri degli imminenti totalitarismi. Il testo teatrale, in modo significativo, riesce a rappresentare  gli umori, i sogni di una classe sociale, la borghesia capitalistica, che inseguendo successo e denaro, non sa trattenere i significati, le emozioni, la bellezza di uno sguardo, di un incontro. Il monologo, che trae ispirazione dal romanzo della scrittrice Irène Nèmirovsky, Il ballo, è ambientato a Parigi alla fine degli anni venti: era di cambiamenti culturali, di crisi sociali ed economiche, ma il richiamo ai nostri tempi è evidente. Fra aristocratici veri e falsi, fra commercianti arricchiti, gigolò, ex prostitute, si perdono i desideri delle due donne. La madre, prigioniera di perle, amante dei gioielli, del lusso. La figlia, succube delle norme, delle convenzioni sociali, imposte dalla famiglia. La giovane Antoinette medita però, la vendetta più che la ribellione, e proprio questo gesto la porterà a diventare come la madre stessa, rispondendo pienamente al modello della nuova epoca che si affaccia all’orizzonte. Alla fine i due profili si sovrappongono fino ad ottenere un unico volto, un Giano bifronte che, sorridendo, ci fa l’occhiolino nella scena finale, simbolo di un movimento del tutto apparente: andare per ritornare da dove si era partiti. “Ma fin est mon commencement”, non c’è un vero cambiamento, non c’è evoluzione, il principio e la fine sono la stessa cosa, commenterebbe Eraclito. Le due donne  si sfidano. Ognuna a modo suo, cerca il consenso del pubblico, Antoinette, vuole sedurlo, affascinarlo, Fanny la madre, finge di non vederlo, ma lo desidera forse più della figlia. Per chi farete il tifo voi? Buona l’interpretazione della giovane attrice, in un doppio ruolo, non facile da gestire. La regia, attenta ad ogni minimo gesto, accompagna la recitazione con una scelta di brani musicali di classe. Da vedere e da ascoltare.

Teatro Litta, Sala La Cavallerizza, fino al 23 ottobre.  
Progetto Federica Bern e Francesco Villano con: Federica Bern - regia: Francesco Villano - luci: Fulvio Melli - fotografia: Manuela Giusto.