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E' del 4 novembre il nuovo appello dell'Agis contro la revoca dell'indennità di disoccupazione per i lavoratori dello spettacolo, ma sembra essere solo un altro tassello di reclami inascoltati che si è aggiunto al mucchio. E' bene però procedere con ordine. Il 5 agosto 2011 con la circolare 105, in riferimento ad una legge del 1935, l'Inps ha sottrato agli artisti, in quanto non classificabili come lavoratori, la possibilità di ricevere il contributo di disoccupazione. La reazione delle regioni è stata varia, da quelle che hanno riconosciuto l'indennità con il conseguente versamente del contributo da parte dei datori di lavoro, nonostante la circolare, a quelle in cui le rispettive sedi Inps, sebbene i datori di lavoro fossero ben disposti a farsi carico del contributo, hanno negato la restribuzione, mentre l'Agis avanza una timida proposta: ci si trova di fronte alla necessità di una nuova disciplina legislativa che regoli l'estensione al personale artistico dell'indennità, il loro rientro nella tassa di disocuppazione e annulli il precedente decreto del 1935, ormai non più adeguato alla realtà contemporanea. Nulla sembra essersi mosso fino alla metà di ottobre, mese in cui i sindacati (Slc Cgil, Uilcom Uil, Fistel Cisl e Agis) hanno sottoscritto un ulteriore tenativo di appello che ha visto come destinatari tutte le rappresentanze parlamentari oltre ad Inps ed Enpals. L'appello aveva lo scopo di evidenziare «l'urgenza di norme di legge che parifichino lo spettacolo agli altri settori produttivi e che riconoscano dignità di lavoratori agli artisti» e delineava quattro punti fondamentali su cui basare una tempestiva riforma del settore: «che l'Inps riveda la circolare 105; che l'Enpals attivi un tavolo con le parti sociali per la ridefinizione dei codici di riferimento professionali in coerenza con quanto definito dai CCNL; che le forze parlamentari di maggioranza e opposizione abroghino il punto 5 comma 1 art. 40 del R.D.L. 1827/1935 e l'art. 7 del regolamento di cui R.D. Del 7 dicembre 1924 n. 2270; che le stesse forze parlamentari si impegnino in stretto contatto con le rappresentanze di settore alla costruzione di un sistema di welfare specifico per tutte le figure professionali che operano in questo delicato settore. Ciò che si richiede è quindi un pò di stabilità per un settore che risulta precario per natura e che aspetta una definitiva legge sullo spettacolo dal 1985, anno di istituzione del Fus. Nonostante gli accorati appelli nessuna risposta è giunta ed è così che in data 4 novembre 2011 l'Agis, armandosi di perseveranza, ha inviato una lettera diretta al ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi. Come a dire "se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto". Ad ogni modo, l'ennesimo tentativo di farsi ascoltare riprende i punti salienti del precedente appello, avanzando però anche nuove proposte: «utilizzando le risorse Enpals la richiesta avrebbe un costo zero per la finanza pubblica, come molte altre proposte Agis per lo sviluppo dell'imprenditoria culturale trasmesse al Governo e al Parlamento». In questo modo l'Enpals verrebbe ad assumere una funzione di sostegno non solo previdenziale ma anche di tutela lavorativa. Si vanno così delineando nuovi punti e nuovi obiettivi da raggiungere come sostiene in un'intervista Titti di Salvo, Presidente del Consiglio Indirizzo e Vigilanza dell'Enpals: «finanziare una rete di ammortizzatori sociali, oggi pressoché inesistente nel settore; introdurre forme di intervento volte a salvaguardare i livelli occupazionali e ridurre gli oneri sociali delle imprese in stato di crisi; introdurre agevolazioni contributive per favorire la stabilizzazione dei rapporti di lavoro. Si tratta di favorire cioè la trasformazione dell’ENPALS da Ente di previdenza a polo del welfare del settore dello spettacolo». Le idee dunque ci sono e le richieste risultano chiare, ora è necessario trovare qualcuno che ascolti queste proposte e se ne faccia carico, ma forse «l'affermazione che gli artisti – per dirla con le parole di uno dei sostenitori di questa battaglia, l'assessore alla cultura dell'Emilia-Romagna, Mezzetti – vanno difesi in quanto lavoratori e in quanto soggetti essenziali della crescita civile, culturale ed economica di un Paese» non è una priorità per il governo dell'Italia di oggi.