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Sul sito dell’INPS è comparsa una circolare  del 5/8/11 che abolisce l’indennità di disoccupazione per il personale artistico dello spettacolo. Attenzione “artistico” e non tecnico o saltuario, “privo cioè di una cultura e competenza specifica” come le comparse o i figuranti di un film, ad esempio.

Il ragionamento dell’INPS è limpido: noi paghiamo l’indennità di disoccupazione solo ai lavoratori subordinati, quelli cioè che vengono assunti da un’impresa, compagnia o teatro. In particolare la paghiamo ai tecnici, mentre gli attori, danzatori, musicisti sono da considerare liberi professionisti e dunque niente disoccupazione.

Ma solo una parte degli “artisti” agiscono in regime di partita IVA come liberi professionisti e il più delle volte contro la loro volontà, obbligati dai teatri che non vogliono assumere a contratto. D’altra parte chi è assunto come dipendente, da anni si vede trattenere un’indennità di disoccupazione di cui potrà usufruire solo se raggiungerà le agognate 78 giornate in un anno.

E aggiungo che la maggioranza degli attori preferisce di gran lunga essere assunto a contratto anziché fatturare come libero professionista. Anche perché la condizione di dipendente è quella che descrive meglio il lavoro artistico che non è mai arbitrario, privo di regole, orari, obblighi. Chiunque conosca minimamente il lavoro teatrale sa che di aleatorio c’è ben poco e perfino un esegeta della non regola come Carmelo Bene, si arrabbiava e in modo selvaggio se i suoi attori non eseguivano con intelligenza e puntualità le complesse partiture che lui predisponeva.

Quindi perché l’INPS esclude che un attore, danzatore, ecc. (vedi elenco nel sito INPS) possa essere un dipendente?

La risposta è semplice:
l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria è disciplinata, quanto all’individuazione degli assicurati, dalle disposizioni recate dal R.D.L. 4 ottobre  1935 n. 1827, convertito, con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936, n. 1155, nonché dal Regolamento di cui al R.D. 7 dicembre 1924 n. 2270 (Approvazione del Regolamento per l’esecuzione del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3158, concernente provvedimenti per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria), da considerarsi vigente ai sensi di quanto disposto dall’art. 140 del citato R.D.L. n. 1827 del 1935.

Avete letto bene le date? 1923, 1924, 1935, 1936.
L’Italia era ancora un Regno.
Le donne non votavano.
L’analfabetismo era diffusissimo e dunque “artista” era identificato probabilmente con saltimbanco, giocoliere, ammaestratore di orsi e pulci, ipnotizzatori, e chissà che cos’altro, senza ovviamente voler sminuire il lavoro di nessuno.

E possibile che un lavoro intellettuale e di grande disciplina come quello dell’attore sia ancora regolato da leggi del 1935?

Infine : l’INPS dice che la disoccupazione per gli artisti è incostituzionale. Quale costituzione? Visto che quella vigente nella Repubblica italiana è del 1947?