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MARATONA DI NEW YORK E ALTRI TESTI
di Edoardo Erba
Ubulibri, pp. 184, euro 16,50

E’ la prima raccolta antologica di testi teatrali dello scrittore lombardo. Contiene cinque lavori scritti nello spazio di un decennio, dal 1991 di Maratona di New York al 2002 di Senza Hitler e quindi si può ritenere esauriente, anche se non esaustiva poiché qualcuno, come me, potrebbe lamentare l’assenza di un testo interessante come Vizio di Famiglia. La raccolta, al di là di personali considerazioni, appare comunque sufficiente a che ogni lettore sia in grado di percepire un filo rosso unificatore nelle, o meglio al di sotto delle, scritture di Edoardo Erba e di rintracciare, quindi, una sorta di ipotesi insieme poetica e drammaturgica, se non esistenziale, intorno alla quale le singole “storie” sono costruite. Si badi bene, ogni racconto o vicenda, ogni singola drammaturgia conserva sempre una sua indubbia originalità che è il frutto di una grande facilità anzi, pur in sottotraccia, spontaneità della scrittura di Edoardo Erba. È una spontaneità che si intravede, o pervade la cura quasi maniacale per la struttura testuale, costruita spingendo all’estremo gli elementi di descrizione fin quasi ad una iper-realtà che si ribalta suo malgrado nella allusione e nella suggestione. Ciò che importa è che, al di sotto dei testi, si legge una struttura drammatica univoca, un denominatore ripetuto in cui la volontà di controllare e interpretare situazioni e vicende che si mettono in moto, sono messe in moto quasi per forza propria, viene appunto ribaltata dall’irrompere nella vicenda di un elemento di sorpresa, attorno al quale, peraltro, l’intera vicenda drammaturgica pare essere stata sin da subito costruita. Questo potrà essere la morte già avvenuta eppure ancora inconsapevole e inaspettata, o un improbabile disastro ecologico che dà sostanza ad un sogno, ovvero l’improbabile presidente che rovescia una ordinaria catena di comando, o un mostro antropofago che ridona la vita a chi vive da sempre morto, oppure un ignobile ma banale rapporto sado-maso proiettato ed esaltato sullo sfondo di dimensioni parallele. Il lettore, mi auguro con suo piacere, ritroverà e scoprirà nei singoli lavori di questo bel libro le nostre misteriose anticipazioni ma, ne sono certa, non avrò rovinato il gusto della scoperta perché, mi sembra, l’abilità dell’autore sta proprio nel far apparire queste “sorprese” come quanto di più adeguato e naturale possa accadere alle sue storie e ai suoi personaggi. È un libro che si legge con molto piacere, pur essendo una raccolta di testi teatrali, poichè l’attenzione di Edoardo Erba per la sua scrittura, per il linguaggio, che dà veste letteraria ad una koinè molto diffusa soprattutto al nord e tra le generazioni più giovani riscattandola da una stretta veste asettica e televisiva, rende la stessa lettura una sorta di anticipazione della messa in scena, quasi volesse risolvere in essa proprio la stessa messa in scena. Ma è anche una raccolta di testi di cui si intuisce la possibilità di una forte resa teatrale che ne possa completare il senso innervandola, e darle sangue proiettandola proprio nelle tre dimensioni della scena. Il libro è corredato dalla introduzione di Franco Quadri che, lo dico a titolo di ultima notazione, sente il bisogno di difendersi da accuse di tradimento per aver sostenuto un autore che rivendica primaria importanza al testo. Questo è il segno che forse anche i nuovi autori e drammaturghi come Edoardo Erba non sono così lontani dalle innovazioni delle post-avanguardie.
Maria Dolores Pesce