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Sono passati quattro anni dal primo debutto, eppure la Sala Assoli del «Teatro Nuovo» di Napoli registra ancora il tutto esaurito. Questa volta, però, tra gli spettatori in platea dominano gli “irriducibili”, gli ostinati, quelli che – come la sottoscritta – vantano almeno due o tre presenze pregresse, segno che lo stuolo di premi accumulati (Spettacolo rivelazione 2008; Premio Olimpici Teatro 2009; Premio UBU e Premio Eleonora Duse a Chiara Baffi 2009) è in sintonia con il continuo riconoscimento da parte del pubblico per uno spettacolo che, come pochi, ha veramente “fatto centro”.  Chiòve fotografa le miserabili vite di una prostituta (Lali), del suo protettore (Carlo) e di un cliente (Davide). Lali è una Pretty Woman in perfetto stile napoletano: una bellezza vacua dall’inconsueta sensibilità poetica, che colleziona le frasi nascoste dei cioccolatini e procaccia i suoi clienti tra Università e Musei. La sua vita ruota intorno a Carlo, suo compagno e protettore, che amministra le “entrate” della donna per provvedere alle piccole necessità di casa: affitto, unto cibo da fast-food, alcolici e droga. Il triangolo si completa con l’entrata in scena di un cliente un po’ speciale, Davide, classico borghese colto, che non chiede sesso ma vuole solo guardare e impartire qualche lezione alla sua musa insipiente come fosse la sua “cosa” di carne; Lali, d’altra parte, si sente lusingata della sua compagnia perché solo nei momenti trascorsi con Davide riesce a sentirsi finalmente normale: “Questo bisogno di sentirsi normali, integrati – sottolinea il regista Francesco Saponaro -  di avere delle garanzie minime di sopravvivenza al di là delle fratture classiste e dei privilegi. La parola normalità in Italia (e a Napoli) fa sempre molta paura. Come se mancasse l’ambizione e il coraggio di essere normali e costruire un livello di civiltà quotidiana”. I protagonisti di questo triangolo, del resto, pur provenendo da situazioni differenti, condividono tutti la stessa miseria,  lo stesso degrado,  la stessa sensazione di disfacimento. Allora, in una torrida e umida estate napoletana, neanche la pioggia riesce a ripulire di speranza il marciume di una umanità così rancida di sentimenti.  Fortunata e brillante, quindi, l’intuizione di mettere in scena il testo di Pau Mirò (Plou a Barcelona 2003) pregnante e ricco di interrogativi nella sua essenzialità: il cambiamento d’ambientazione, in questo caso, è solo nominale, dal momento che nel “vascio” dei Quartieri Spagnoli riallestito dal regista napoletano, ritroviamo la stessa umana e pietosa commistione di degrado e marginalità del Raval barceloneta. Grande merito va, inoltre, a Enrico Ianniello (nella messinscena nel ruolo di Davide) autore della traduzione in napoletano del testo: una riscrittura asciutta e precisa, che ricrea con vivida autenticità il colore gergale del linguaggio dei protagonisti. Pieno plauso, infine, agli attori: Chiara Baffi (Lali), Giovanni Ludeno (Carlo) e Enrico Ianniello (Davide) sono attori di esperienza e sempre “in parte”; insieme, e sotto la direzione raffinata e precisa di Saponaro, formano un trio eccezionalmente affiatato che non sembra aver ceduto all’usura delle numerose repliche.

Foto di Fabio Esposito

Da martedì 27 dicembre 2011, Sala Assoli - Teatro Nuovo di Napoli
Chiòve
di Pau Mirò, traduzione di Enrico Ianniello
spazio e regia Francesco Saponaro
Con
Chiara Baffi, Lali
Enrico Ianniello, Davide
Giovanni Ludeno, Carlo
Scene Roberto Crea, costumi Roberta Nicodemo
Luci  Lucio Sabatino, suoni Daghi Rondanini, foto di scena Fabio Esposito