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Lo Stabile genovese, da martedì 17 a domenica 22 gennaio alla Corte, ripropone questo famossisimo lavoro di August Strindberg nella nuova e inedita veste curata, dalla versione italiana alla regia, da un bravo e maturo Valter Malosti che ne è anche uno degli interpreti nel ruolo del 'servo' Giovanni. Accanto a lui la Signorina Giulia è la giovane Valeria Solarino, ben dentro il ruolo che interpreta con accenti talora esasperati e isterici, mentre Federica Fracassi è la cameriera Cristina, anima vagante e subordinata che sembra farsi portatrice dello scandalizzato giudizio sociale. Belle, come di consueto, le scenografie di Margerita Palli che ben supportano, con le luci suggestive e cariche di simbologie di Francesco Dell'Elba, i costumi di Federica Genovesi ed il suono “techno” del G.u.p. Alcaro, l'intento interpretativo di Malosti. Commedia che “farà epoca” fu definita dal suo autore, ma respinta perchè troppo scandalosa, fu comunque, se per scandalo correttamente si intende la rottura consapevole di schemi sociali consolidati, fortunata portatrice della volontà di ribaltare anche i canoni consueti della scena che innerva la drammaturgia dello svedese. August Strindberg che peraltro, come noto, quello scandalo rappresentava non certo per sostenerne l'efficacia di rinnovamento, ma per condannarlo ed anche soggettivamente esorcizzarlo, come dimostra il phanflet anti-femminista che precedette l'uscita del dramma. Valter Malosti sembra dunque scegliere, con questa sua versione, di esplicitare, quell'intento scandaloso riscrivendolo e rinchiudendolo nella relazione, improvvida ed improvvisa, tra la padrona Giulia ed il maggiordomo Giovanni, in una notte di mezza estate, ed enfatizzando nell'eros soggettivo, che da questa relazione promana, l'insieme delle significazioni sociali, il rapporto di classe, e storiche, l'indagine sulla guerra dei sessi, che pure erano parte della riflessione strindberghiana. Una discesa agli inferi figurativamente disegnata nel reciproco trascinamento di due desideri non omogenei ed equilibrati, quello di Giulia, che nasconde un ansia di annullamento e autodistruzione, e quello del servo Giovanni, in fondo arrampicatore sociale con sfumature autobiografiche, fino alla nota tragica e inevitabile soluzione. Portare, sull'onda emotiva di quella relazione trasgressiva, alla luce della scena l'insieme, spesso complesso e anche contorto, della sperimentazione del drammaturgo svedese, talmente attuale anche se data oltre cent'anni, è stato, credo, un atto coraggioso da parte di Malosti che così sembra però accettare, insieme, il rischio della semplificazione eccessiva di certi movimenti scenici che dicono direttamente evitando suggestioni o corrispondenze allusive. La stessa prestazione recitativa richiesta ai protagonisti ne è riflesso e conseguenza nella carica esplicita del loro relazionarsi scenici, talora forzatamente trasgressivo, e nelle tonalità espressive, spesso gridate e accompagnate da una mimica violenta, richiedendo ciò un grande lavoro sulla presenza scenica, ben corrisposto peraltro. Se un appunto può essere fatto è dunque proprio che forse alla fine è mancato un po' di quel coraggio, ove la forza eversiva scatenata dalla relazione tra la Signorina Giulia e il maggiordomo Giovanni è come mantenuta ed esorcizzata all'interno di una struttura drammaturgica ed una scrittura scenica ancora piuttosto tradizionale. Nell'insieme uno spettacolo di effetto, che talora indulge eccessivamente su modalità “noir” un po' cinematografiche come nei costumi del maggiordomo, ma che evidenzia una buona capacità di padroneggiare ed organizzare un testo indubbiamente difficile, sia nella resa scenica che nella complessa significazione. Un buon lavoro dunque, nella regia e nella recitazione, che il pubblico, tra qualche iniziale perplessità, ha mostrato di apprezzare con applausi e numerose chiamate.