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Teatro medievale e drammaturgie contemporanee
a cura di Sonia Maura Barillari
Edizioni Dell'Orso Alessandria 2009
pagg. 240 € 17,00
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Nel presente volume si raccolgono i contributi proposti al XIII convegno internazionale di Rocca Grimalda, «Teatro medievale e drammaturgie contemporanee» (20-21 settembre 2008). Tale iniziativa si inserisce in una linea di continuità rispetto a due precedenti congressi tenutisi anch’essi a Rocca Grimalda e dedicati al teatro, soggetto allargato a comprendere anche pratiche performative ‘parateatrali’ o espressamente rituali: «La piazza del popolo. La rappresentazione del conflitto sociale nella cultura di base del secondo dopoguerra» (30 aprile-1° maggio 1998) e «L’attore e la memoria» (Rocca Grimalda - Ovada, 28-29 giugno 2003). Proprio il nesso istituito con il rito, unitamente a un’ottica settata sul registro dell’antropologia culturale, ha offerto il primo spunto per rivolgere lo sguardo all’indietro, alle scaturigini del teatro europeo, sbocciato dal florido tronco della liturgia e lentamente – ma decisamente – emancipatosi da questa fino a trovare una compiuta autonomia. Parallelamente, ha giocato un ruolo importante anche un’altra riflessione, rivolta a scandagliare i motivi per cui abbia oggi tanto successo il cosiddetto teatro ‘di narrazione’, o ‘di parola’: pièces che, entro una scenografia minimale, talvolta quasi completamente assente, spesso vedono un solo attore in scena, capace però di evocare con la propria affabulazione nella mente dello spettatore scenari complessi e suggestivi, introducendolo in una dimensione spazio-temporale in cui le connotazioni concettuali hanno sempre la meglio su quelle prettamente realistiche. Penso ad autori come Fo, Celestini, Paolini, Baliani, i quali – con gradi diversi consapevolezza – magistralmente padroneggiano quelle stesse tecniche utilizzate in tempi remoti dagli antichi cantori che nelle piazze, sui sagrati delle chiese, presso le corti, facevano rivivere al loro uditorio le gesta degli eroi epici o le vite dei santi, coinvolgendo i cuori e le menti degli astanti in un processo di identificazione mirante a rinsaldare in ciascuno il sentimento di coesione della comunità a cui apparteneva. Di un analogo favore di pubblico gode anche quella che Luigi Allegri, riferendosi al medioevo, ha con scelta felice definito ‘teatralità diffusa’, estesa a comprendere tanto l’operato di cantastorie e burattinai quanto le azioni più o meno estemporanee di giocolieri, prestigiatori, danzatori e musici. E di sempre crescente fascino paiono essere investite le sacre rappresentazioni e altre forme drammatiche ispirate o associate alle tradizionali feste calendariali. Tali modelli di espressione drammaturgica affondano le loro radici nel teatro medievale, sviluppatosi in maniera del tutto autonoma rispetto ai prestigiosi canoni del teatro classico, progressivamente caduto in declino di pari passo al disgregarsi dell’impero romano: venute meno l’organizzazione statuale e l’amministrazione centralizzate, abbandonati e andati in rovina gli edifici adibiti agli intrattenimenti pubblici, intervenuto l’ostracismo della Chiesa nei confronti degli spettacoli, si sperimentano nuove modalità di messinscena a partire dal dramma liturgico e paraliturgico fino ad arrivare alle professionalità di menestrelli e giullari esercitate lungo le vie dei pellegrinaggi, alle grandi fiere annuali, in occasione di festeggiamenti quali matrimoni, incoronazioni, celebrazioni e solennità di vario tipo. Un confronto, quello fra teatro medievale e drammaturgie contemporanee, che è stato esperito dai relatori chiamati ad affrontare tale problematica percorrendo tre direttrici principali, talora convergenti, talora divergenti, spesso intersecantesi: l’odierna messa in scena di opere medievali, gli elementi di modernità che possono rinvenirsi in esse, sia a livello teorico sia sul piano attuativo, infine l’appropriazione e la rifunzionalizzazione da parte dei drammaturghi delle soluzioni ‘registiche’ e delle competenze attoriali proprie dell’età di mezzo. Quali denominatori comuni fra le espressioni artistiche di quest’ultima e quelle caratteristiche della nostra contemporaneità ben si prestano l’analoga propensione all’astrazione e alla stilizzazione formale, la predilezione per sistemi iconici e segnici puramente convenzionali, la tendenza a privilegiare il registro simbolico assai più che quello realistico.