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Teatro Giapponese contemporaneo
AA.VV.
Editoria & Spettacolo 2009
pagg. 234 € 15,00
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Dal Giappone sono arrivati nei decenni postbellici vari segnali che hanno interagito con il mondo dello spettacolo occidentale. Se molti sono stati quelli che hanno sentito il fascino delle codificazione del No e del Kabuki, nelle loro strutture altamente formalizzate, altrettanto importante è stato l’impatto che il Butoh ha avuto sull’immaginario euro-americano, con infiniti (e spesso assai noiosi) imitatori. Poco o niente fino ad ora si sapeva invece del repertorio di drammaturgia del paese, ricco, variato e per molti aspetti sorprendente [...] e oggi, dopo tanto cinema, tanta narrativa in forma di libro e di manga, è il momento di osservare quello che è il filo di maggiore interesse nei teatri di Tokyo, spesso definiti come palcoscenici-studio, nella tradizione del celeberrimo Bungakuza. Tre sono quindi gli autori proposti per la prima volta al pubblico italiano: Hirata Oriza che, ne La conferenza di Yalta, propone con i toni della commedia la rilettura di una pagina importante della storia più recente, mettendo sotto i riflettori l’astuto cinismo dei potenti; Sakate Yoji che tratteggia ne La mansarda un fenomeno squisitamente giapponese, l’hikikomori: l’attrazione al segregarsi, al nascondersi dal mondo, al chiudersi in stanze segrete lontane dagli occhi di tutti; Okada Toshiki che in Cinque giorni di marzo, sullo sfondo dell’inizio della Guerra in Iraq, compone il ritratto di un paese in piena crisi di identità e che rivede davanti a sé il temuto spettro della guerra.