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Quo è il nome dell’unico nipotino di Paperone che non si chiama come un avverbio di luogo. Questo termine – che evoca l’espressione latina indicante lo stato delle cose – compare come una delle risposte che, nella parte conclusiva dello spettacolo, vengono date dagli attori alle domande che essi stessi avevano posto precedentemente al pubblico. Composto parzialmente secondo la tecnica del cut up, il testo giustappone infatti una serie di test della personalità, di autovalutazione dell’umore e di cultura generale, al dialogo tra una madre e una figlia estrapolato letteralmente – parola per parola, con tanto di sgrammaticature – da un noto programma televisivo giuridico. Programma che utilizza la formula dell’arbitrariato per risolvere piccole controversie in materia di questioni condominiali e problematiche familiari.
La televisione dunque è l’oggetto di questo lavoro. La tv come luogo per celebrare lo spettacolo della Legge e giustificare la messa in scena di un interno familiare repressivo e vagamente perverso. La tv come miraggio di facili guadagni attraverso i programmi a quiz, veri test di conformità a un paesaggio culturale in cui tutto, da Paperino fino a Churchill, appare sullo stesso piano.
“Il ciclo del senso è abbreviato nella domanda-risposta”, scrive Jean Baudrillard ne Lo scambio simbolico e la morte, aggiungendo che “il test” è divenuto una fondamentale forma sociale di controllo, uno strumento per dissolvere la contemplazione del mondo: in quanto il ruolo dei messaggi non è più informativo, ma le risposte sono già inscritte sul registro anticipato dal codice.
“Che cos’è una buona domanda?” ci chiedeva Julian Beck nel 1963; e ancora: “Vai a teatro per avere delle risposte?” (cfr. il suo libro La Vita del Teatro).
Questo testo, che si offre come un dispositivo per la scomparsa dei personaggi e l’apparizione degli attori, identifica la sua risposta creativa non tanto nelle parole che lo compongono, bensì nel dissolvimento della rappresentazione come orizzonte di un’autentica possibilità teatrale nel presente dell’accadere scenico.

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Laureato all’Università di Parma con una tesi sul Teatro-Danza contemporaneo, Toni Garbini è drammaturgo e regista. Tra i suoi testi si segnala “Il sogno nel cassetto” che riceve la menzione speciale del premio di drammaturgia Oddone Cappellino al Festival delle Colline Torinesi 2004; mentre realizza numerosi spettacoli che partecipano a rassegne quali Zona Franca, Armunia, Officina Giovani, Lunatica e il Festival della Mente. Tra questi si ricorda l’allestimento de “Il soccombente”, tratto dall’omonimo romanzo di Thomas Bernhard, segnalato sul “Patalogo 31 – Annuario del Teatro 2008” edito da Ubulibri. Come autore video partecipa a festival italiani e internazionali quali il Genova Film Festival 2009 (ottenendo una menzione speciale della Giuria), Lo spiraglio - festival cinematografico dedicato alla salute mentale (Casa del Cinema di Roma, 2011), Vidéoformes di Montbeliard (Francia 1997), Moi de la photo-off - Paris (2008) e, più recentemente, alla collettiva “Body - no body” presso la galleria Bertrand Grimont di Parigi (2011). In qualità di responsabile dell’associazione culturale Teatro Ocra \ dominavideo, dirige oggi la propria ricerca nella direzione del rapporto tra video-documentazione, teatro e cinema digitale.

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