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Quante volte abbiamo incontrato Jennifer. Quante volte abbiamo aspettato con lei la telefonata di Franco. Dalle pagine di Annibale Ruccello, tantissime volte è stata “richiamata” su vari palcoscenici. Quest’anno, in occasione del venticinquesimo anniversario della morte del suo creatore, Jennifer ritorna, dal 28 febbraio al 4 marzo, sul palcoscenico del teatro solcato dai De Filippo, il San Ferdinando di Napoli. Il regista Piepaolo Sepe mette in scena uno spettacolo atteso da mesi. L’attesa ha riempito la platea, in cui riconosciamo facce note non solo del teatro napoletano, ma anche del giornalismo. C’erano tutti. Tutti aspettavano Jennifer. Per chi non conoscesse il testo ruccelliano, Jennifer è il suo personaggio simbolo: un travestito che vive in  un quartiere ghetto, ucciso dalla società omologatrice rappresentata da un invisibile assasino di travestiti. Ambienti serrati, come nello stile di Ruccello, telefono e televisione in primo piano, elementi della modernità che permettono al mondo esterno di entrare ferocemente nell’intimità delle vite dei suoi personaggi.  Anche Jennifer si innamora e aspetta la telefonata di un Franco che le ha promesso un inesistente e utopico matrimonio. I travestiti, personaggi importanti della cultura campana, vengono relegati ai confini della società. Si travestono per essere veri, modificando violentemente il concetto di maschera teatrale e di travestimento sociale. L’attesa di Jennifer si trasforma stavolta in vero e proprio spettacolo. Gli ambienti serrati sembrano scomparire tra pareti bianche, asettiche. Nessuno oggetto, nessun arredamento. Le lunghe didascalie descrittive del testo di Ruccello vengono tralasciate. I complessi travestimenti di Jennifer vengono eliminati. Sembra quasi che Sepe  voglia dare una luce nuova al testo ruccelliano, poiché la protagonista, insieme alla vicina di casa, Anna, sono in realtà due anziani uomini travestiti. Jennifer nei panni di Benedetto Casillo, Anna in quelli di un insolito Franco Javarone, non sono più i giovani travestiti che aveva immaginato Ruccello, ma due anziani dai capelli bianchi. Nulla dei colori e dei kitsch ruccelliano sembra apparire in scena. Seguendo lo stile della messa in scena di ANNA CAPPELLI, altro testo ruccelliano che Sepe ha allestito qualche mese prima, il regista ambienta il tutto come se ci si trovasse sul palco di uno spettacolo televisivo degli anni ’60. Se negli anni ’80 Ruccello chiudeva i suoi personaggi nelle loro case e li bombardava con la televisione, qui Sepe mette Jennifer dentro la televisione, quella in bianco e nero, colori predominanti in tutto lo spettacolo. Il concetto di mass media viene riportato indirettamente. La vita di Jennifer scorre attraverso i meccanismi scenici, come se fosse nata negli anni ’60, fosse stata giovane negli anni ’80 e adesso, nel 2012 fosse anziana e ancora inevitabilmente chiusa tra le quattro pareti, dolorosamente innamorata. La sua evoluzione stavolta non è data dal travestimento ma al contrario, dalla svestizione, fino a quando l’attore toglie la parrucca e rimane un uomo anziano in canottiera. Se nel testo di Ruccello il ricordo è vivido, qui si mescola ad una vita ormai trascorsa da tempo. Jennifer è forse arrivata alla fine di una vita in cui il travestimento l’ha mantenuta in vita? Si sceglie di eliminare l’oggettistica di scena, ricca nel testo ruccelliano, costringendo gli attori, e soprattutto Casillo, alla mimica corporea oltre che canora. Impacciato all’inizio dello spettacolo, comincia a sciogliersi successivamente, interpretando varie canzoni in playback, spaziando tra Mina e Patty Pravo, secondo i gusti del giovane Ruccello. Javarone invece non riesce a colpire il pubblico che vede in lui, fino alla conclusione, un  travestimento di un travestito. La scena viene riempita da due gigantografie dei nomi Jennifer e Anna, che scendono dall’alto, diventando pedana, tavolo, sedia. Il ricordo corre subito alla prima televisione italiana, ma anche a “FANTASTICO”, trasmissione cult degli anni ’80. Atteso e poi fortemente criticato, questo spettacolo ha diviso il pubblico tra seguaci conservatori del testo di Ruccello e  gli innovatori che gradiscono le scelte sceniche del regista. Tra pro e contro, possiamo affermare che alcune scelte che evadono dal testo originale fanno storcere il naso, ma dobbiamo anche considerare la possibilità di un Ruccello “rinnovato” che non perda, però, i suoi elementi fondamentali.

LE CINQUE ROSE DI JENNIFER.
Teatro San Ferdinando Napoli
28 febbraio-4 marzo.
Le cinque rose di Jennifer
di Annibale Ruccello
con Benedetto Casillo, Franco Javarone
scene Francesco Ghisu
costumi Marcella Mosca
disegno luci Carmine Pierri
trucco Vincenzo Cucchiara
macchinisti Flaviano Barbarisi, Mario Febbraio
fonico Eduardo di Pietro
assistente alla regia Rosanna Grammatico
regia Pierpaolo Sepe
produzione Teatro Stabile di Innovazione fsc