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Spettacolo di denuncia sociale e storicamente interessante, realizzato dal regista Giuseppe Marini sul testo creato da Massimiliano Palmese, in scena dal 20 al 25 marzo al Nuovo Teatro Nuovo di Napoli. IL CASO BRAIBANTI, tratto da una storia vera, è collocato nello spazio temporale del 1964-68, in un’Italia reduce dalla distruzione sociale e umana delle guerre mondiali e intenta a rinnovarsi in maniera violenta, anche e soprattutto nell’ambito artistico. Palmese parla di un’Italia dalle fondamenta fortemente “medioevali”, in cui la storia di Aldo Braibanti fa discutere, ma soprattutto fa parlare e testimoniare tantissimi intellettuali, da Pasolini ad Elsa Morante, a Eco, Dacia Maraini, Alberto Moravia, Pannella, Cesare Musatti. Dalla ricerca di lettere private, documenti giudiziari, cartelle cliniche, all’analisi del saggio di Gabriele Ferluga, Palmese riesce a ricostruire la mentalità di un Paese che considerava, e ha considerato a lungo, gli omosessuali soggetti a particolari malattie. Il regista sottolinea la sua scelta, cioè non inventare nulla, al di là della costruzione scenica, per rendere giustizia ad un caso eclatante che diventa insegnamento ai posteri. Aldo Braibanti era una ex-partigiano, comunista e omosessuale: descrizione perfetta di colui che,  per queste caratteristiche, sarebbe stato comunque tacciato di qualche delitto o  di qualche comportamento scorretto Giovanni Sanfratello, 21 anni, fugge da una famiglia bigotta, sceglie di seguire lo scrittore, sceneggiatore e drammaturgo Braibanti, vivendo con lui a Roma. Reazione immediata della famiglia del giovane che decide di sottoporlo  a cure psichiatriche, ancora previste negli anni ‘60 per guarire i giovani dall’ omosessualità, secondo una vecchia legge  fascista. Lo spettacolo sottolinea  l’intimità delicata, attraverso le lettere, le parole reali dei due protagonisti, i colloqui tra Braibanti e la madre. Un collage che cerca di rendere la delicatezza privata della vicenda, nella realtà data in pasto a giornali, medici, giudici e avvocati. La luce fioca e fredda inquadra i volti dei due personaggi, collocandoli in uno spazio a- temporale dove nessuno può comprendere eccetto i due protagonisti. Le parole non vengono urlate ma bisbigliate, dette e non dette, sofferte, sospirate. Dolore profondo che pervade le vite delle due figure che appaiono quasi impalpabili, evanescenti, due sagome svuotate. Proprio questa intimità soffocata e ovattata viene scalfita spesso dall’ inserimento delle musiche eseguite dal vivo dal sassofonista Stefano Russo. Probabilmente scelta che scandisce i legami tra le varie parti del testo e il percorso temporale ma spesso sembra che la musica si insinui violenta tra le delicate connessioni del racconto. Si spezza cosi l’atmosfera creatasi, come se i suoni musicali fossero superflui, come se rappresentassero la società esterna che percuote, violenta e distrugge questo legame sottile, infastidendo  il pubblico. La conclusione dello spettacolo viene affidata ad una poesia personale di Braibanti ma è inevitabile pensare e commentare attraverso la mentalità del nostro tempo, soggetta, purtroppo, alla consapevolezza che la delicatezza di un amore del genere non sia sempre cosi sincero. Braibanti viene accusato di plagio nei confronti di un giovane. Era il 1968. Oggi di che cosa e come avremmo accusato l’ uomo adulto che ama un giovane? Forse dopo 40 anni storceremmo ancora il naso, poiché parecchie storie odierne ci raccontano vicende molto più raccapriccianti, confondendoci.

IL CASO BRAIBANTI
Nuovo Teatro Nuovo Sala Assoli Napoli
20 - 25 marzo 2012
Fondazione Salerno Contemporanea
Teatro Stabile di Innovazione
In collaborazione con napoligaypress.it
Testo di Massimiliano Palmese
Regia Giuseppe Marini
Con Fabio Bussotti e Mauro Conte
Musiche composte da Mauro Verrone
Eseguite live da Stefano Russo